Dal 18 al 20 marzo produttori di tutto il mondo enologico (ma anche dellde delle bevande alcoliche) si sono incontrati al ProWein di Düsseldorf.
6.870 espositori da 64 paesi (rispetto ai 6.500 espositori da 60 nazioni dell’anno precedente) hanno presentato un’offerta unica a circa 60.000 visitatori specializzati (1.500 in più del 2017) che hanno potuto ottenere informazioni e magari effettuare qualche ordine.
Il ProWein mi ha convinto per internazionalità, qualità, razionalità della logistica e della disposizione; internazionale per esposizione e visite, dato che oltre il 50% dei visitatori erano stranieri ed il 70% di essi apparteneva ad una fascia decisionale e dirigenziale medio-alta.
Come sempre, l’Italia fa la parte del leone alle manifestazioni: più di 1700 le cantine tricolori rappresentate, rispetto alle 1.550 della Francia ed alle mille tedesche. 700 poi venivano da oltreoceano(Stati Uniti, Sudafrica, Argentina, Cile, Australia…)
Il Friuli? Sempre in prima fila. Dalle cantine più grandi a piccole realtà biodinamiche, dall’onnipresente Prosecco alla new entry regionale, la Ribolla Gialla DOC Friuli i vini della Piccola Patria si sono sicuramente fatti onore, confermando la storia locale fatta di qualità e tradizione, abbinate finalmente però ad alcuni packaging più innovativi ed accattivanti, sicuramente meglio percepiti e più apprezzati dalla clientela internazionale.
Nell’ambito delle novità-non-novità, sicuramente importante l’incremento dell’interesse a proposito di prodotti speciali sì, ma che riportino alla tradizione enologica più virginale: è il caso degli orange wines, presentati in alcuni casi sia in forma di vino fermo che di spumante e particolarmente apprezzati dai palati anglosassoni, giapponesi ed europei dell’est. Per la regione Friuli-Venezia Giulia questo potrebbe diventare un ottimo argomento di discussione. Anfore e bottiglie pesanti, prodotti iperossidati e storia: data per scontata la qualità del prodotto, diversi sono i piani di lettura che possono affascinare i clienti per ore ed ore.
Seconda ormai per popolarità dopo il Vinitaly (ha sorpassato il bordolese Vinexpo) e incrementata nei numeri, la kermesse in riva al Reno è nata dopo, ma può insegnare a tutti come si possa rendere facilmente accessibile una fiera enologica così grande. Mi piacerebbe che anche l’evento veronese potesse farci accedere e defluire dai padiglioni alle auto, e da queste alle arterie autostradali in meno di dieci minuti; comprendo, però, che il fascino della fiera in città e la scarsità degli spazi attorno ai padiglioni rende tutto questo un’utopia.
Ma come faremmo a rimaner lontani dal Vinitaly? Tanti amici, tanti vini quasi tutti nazionali, troppe bottiglie da assaggiare, storie da raccontare, anime da rallegrare: ecco, l’unico difetto (comprensibile) che rivolgo al Prowein è la freddezza teutonicamente professionale dell’insieme, dall’accoglienza al commiato.
Arrivederci al prossimo anno: quando, come quest’anno, alla fiera della città nella Ruhr festeggerò un altro compleanno. Avendo l’imbarazzo nella scelta del calice con cui brindare. Calice: perché già due potrebbero disturbare i severi controlli delle autorità una volta ripresa in mano l’auto. Ed ecco l’ultimo avviso ai naviganti: meglio muoversi coi mezzi!