Per Michael Mann è «un capolavoro inquietante e assoluto». Per gli spettatori del Far East Film Festival di Udine, che lo hanno premiato con il Black Dragon Audience Award 2011, è un vero e proprio cult. Per chiunque lo abbia visto, e non importa se poi lo abbia anche amato, è uno di quei rari film che non scivolano via. Uno di quei rari film che sanno riempirti gli occhi di cinema e il cuore di sensazioni.
Fedele all’omonimo romanzo di Minato Kanae, e magnificamente tradotto in immagini dal regista nipponico Nakashima Tetsuya (padre talentuoso di Kamikaze Girls e Memories of Matsuko), il nerissimo Confessions approda finalmente nelle sale italiane dal prossimo 9 maggio grazie alla Tucker Film.
Thriller? Revenge movie? Dramma psicologico? Le catalogazioni sono tutte valide e, al tempo stesso, tutte superflue, perché Confessions travalica i generi facendosi pura narrazione: il racconto, struggente e glaciale, di un omicidio e di una vendetta che diventa il racconto, feroce e spiazzante, di troppe vite bruciate.
Bruciano, sì, i teenager di Nakashima, bruciano di follia e di espiazione, bruciano tiranneggiando i più deboli o nascondendo le proprie fragilità, e bruciano anche gli adulti, bruciano di dolore e di rabbia, muovendosi dentro un mondo che non capiscono e che li schiaccia contro il muro…
Scandito da una colonna sonora che spazia da Bach ai Radiohead (una Last Flowers da brividi!), e impaginato con autentica potenza visiva, tra eccessi e sottrazioni, tra freddezze minimal e deflagrazioni barocche, Confessions parla dell’adolescenza e della maturità come poche altre opere hanno saputo fare.
Una partitura tanto affascinante quanto spaventosa (nel 2011 ha anche sfiorato la candidatura agli Oscar) dove trovano spazio le falle della società contemporanea e del sistema educativo, in un gioco di specchi e di metafore che grava sullo spettatore come un’imminente e implacabile apocalisse.