Non c’è una sede da arredare, non ci sono
costi di gestione, non c’è nemmeno un fogolâr di cemento e
mattoni. Ed è noto quanto costi a un friulano rinunciare al
mattone.
Ma il nuovo “Friuli Big Apple” è un Fogolâr furlan 2.0 con tutti
i crismi: nasce sulla rete, è composto da giovani – il presidente
è Marc Lupinacci, classe ’78 e nonni materni originari di
Tramonti di Sopra – e giovanissimi emigrati di terza generazione
che comunicano via pagina Facebook o mail e che – in tempi di
sharing economy – si ritrovano per le riunioni in locali messi a
diposizione da associati ristoratori.
Per la sua costituzione questo nuovo Fogolâr, che risponde a
pieno alle finalità degli Stati generali dei corregionali
all’estero organizzati dalla Regione nell’autunno scorso, che ha
puntato ad intercettare i bisogni delle nuove generazioni di
corregionali e sui nuovi strumenti di comunicazione per favorire
la loro aggregazione e il mantenimento di rapporti, ha scelto
proprio il 6 maggio scorso, giorno dell’anniversario del
terremoto in Friuli.
Ai componenti – tre di loro il tesoriere Giuseppe Clemente, il
consigliere Antonio Volpe Pasini e il socio Steve Paveglio si
sono incontrati con la presidente della Regione proprio ieri a
Ellis Island, nel corso della visita della delegazione di tutti i
rappresentanti dei corregionali e hanno avuto modo di presentarle
il nuovo sodalizio – non sfugge l’importanza del “capitale
dell’identità”.
“Nel giorno della fondazione – il 6 maggio scorso – abbiamo
ricordato il terremoto del ’76 e lo slancio di solidarietà del
Governo Usa che su proposta del presidente Ford e dopo il viaggio
del vicepresidente Rockefeller in Friuli, stanziò attraverso
l’Agency for international development 40 milioni di dollari per
la ricostruzione, quale atto di gratitudine per il contributo
dato dai numerosissimi emigrati friulani al progresso sociale e
civile degli USA”, ha ricordato alla presidente Serracchiani
Volpe Pasini, che a New York è vicedirettore del quotidiano
italiano “America Oggi”.
A sottolineare quanto fu fondamentale l’autorevolezza dell’azione
di lobby e coordinamento dell’Ente friuli nel mondo con la Famee
furlane di New York per ottenere anche dal governo il permesso
ufficiale di raccogliere fondi esentasse e distribuirli
attraverso il “Friuli Earthquake Relief Found Inc”, è stato
Eliseo De Marco, che invece rappresenta il direttivo della Famee
Furlane, presieduta dal 1999 da Marcello Filippi.
Un filo – quello della “ricostruzione” – che corre fino a tempi
recenti: è di un friulano di Muris di Ragogna, Mario Collavino,
l’edificazione della Freedom Tower; fu la maestria artigiana di
Luigi Del Bianco, carpentiere di Meduno, a scolpire i celeberrimi
profili dei presidenti americani nel monumento del Monte Rushmore
nel Dakota; e ancora, in tempi più recenti, va ricordato il
carnico Arturo Cirillo Pavoni che realizzò su commissione di
Kennedy lo splendido caminetto nella Sala Ovale della Casa
Bianca, fino alla genialità nel design e nell’arte di Harry
Bertoia da Valvasone.
Se oggi poi la comunità di friulani negli States può vantare
anche l’ambasciatore USA in Italia John R. Phillips, che proprio
due anni fece visita a Poffabro – paese da cui partì il bisnonno
Luigi Colussi – esordendo con un “mandi a ducj”, occorre non
dimenticare l’apporto che proprio la Famee furlane, prima
associazione di corregionali di New York, diede agli immigrati
attanagliati dalla grande Depressione.
“La Famee Furlane fu fondata nel 1929 da un gruppo di friulani
che risiedeva nell’East Side di Manhattan. L’area tra la 37ma e
la 23ma strada e tra la Prima e la Terza Avenue era conosciuta
proprio come ‘Little Friuli’ prima che negli anni ’50 la
comunità, che fino ad allora era compatta, fosse costretta dalla
‘gentrificazione’ a occupare zone più periferiche di Queens, Long
Island, Westchester dispersendosi”, ha raccontati De Marco alla
presidente.
I componenti della Famee, dunque, rappresentano la generazione
dei “pionieri”, che si confronta oggi con quella dei nuovi
“expats”: per esempio, quella di Gina Paveglio – padre di
Navarons e mamma di Fanna di Pordenone – che fino a un anno fa
girava per New York con una Fiat 500 con targa dell’Empire State
siglata “FRIULANA” (una copia fu donata alla presidente
Serracchiani proprio in occasione della sua scorsa visita negli
Stati Uniti). Oggi vive in Oklahoma, ha fondato il Fogolâr del
Southwest, che comprende oltre al suo stato anche Texas,
Arkansas, Louisiana e New Mexico. Ma, magie della rete, resta
anche segretaria nel nuovo Fogolâr Big Apple.
Due “anime”, queste delle associazioni dei corregionali di
origine friulana, molto diverse ma che si sono date la mano ieri
proprio sotto il “The Kissing Spot”, la targa che ricorda il
luogo dei baci e degli abbracci tra le famiglie divise, che si
ricongiungevano dopo la traversata atlantica.
Guardando quelle stanze, quelle foto, le valige, i registri, i
timbri, le stanze dei controlli medici, si può immaginare quali
fossero le condizioni di chi emigrava tra la fine dell’800 e i
primi del ‘900: impossibile non pensare alla situazione attuale
dei flussi migratori.
“Questo posto, in chi è figlio, nipote, bisnipote di qualcuno
che ci è passato anni fa, suscita emozioni ancora più forti. Ma
tutti noi credo venendo qui pensiamo a chi ancora oggi si trova
nel dramma della fuga dal proprio Paese e vive sulla propria
pelle gli aspetti più crudeli dell’emigrazione”, ha commentato De
Marco.