Milano, 21 mag – L’obiettivo della Regione Friuli Venezia
Giulia resta quello di rendere completamente libero da
coltivazioni Ogm tutto il territorio regionale, nel rispetto però
della normativa comunitaria in materia, ha sottolineato oggi a
Milano la presidente Debora Serracchiani intervenendo al “mega”
convegno della Coldiretti nazionale che ha riunito nel capoluogo
lombardo oltre diecimila iscritti, tra cui quasi un migliaio
provenienti da Gorizia, Pordenone, Trieste ed Udine, guidati dal
presidente FVG Dario Ermacora.
In questi giorni, però, ha ricordato la presidente del Friuli
Venezia Giulia, nonostante i divieti nazionale e regionale,
all’Amministrazione regionale sono state notificate la semina di
mais Ogm in due campi. Gli uffici della Regione stanno ora
lavorando di concerto con quelli statali, in particolare con il
Corpo forestale dello Stato, in costante contatto e coordinamento
per attivare tutti gli strumenti possibili nei confronti di chi
ha trasgredito.
Allo Stato dunque viene chiesto un supporto, anche perché – è
stato detto – è necessario che la normativa statale contenga
precise indicazioni circa le sanzioni da applicare a chi decide
di seminare Ogm. E in tal senso oggi a Milano, all’incontro
dedicato a “L’Agricoltura di chi ama l’Italia”, la presidente del
Friuli Venezia Giulia ha chiesto a Coldiretti di sostenere questa
richiesta FVG – cioè sanzioni capaci di impedire le coltivazioni
Ogm – di una rivisitazione del testo del decreto del 2013.
Una sintetica rassegna allestita sempre da Coldiretti oggi ha
illustrato i mille volti degli “imbrogli” alimentari ai danni dei
prodotti made in Italy: dai “wine-kit” (si stima che in Europa
vengano consumate ogni anno 20 milioni di bottiglie, con
etichette di vino italiano, realizzate con queste polveri “di
vino”), ai formaggi con polvere di caseina, ai 29 milioni di
chilogrammi di concentrato di pomodoro proveniente dalla Cina,
affari spesso gestiti dalle cosiddette agromafie che fatturano
annualmente 14 miliardi di euro. Di fronte a tutto ciò, campeggia
il grande problema della salvaguardia dei “giacimenti
enogastronomici” che fanno grande l’Italia nel mondo.
Occorrono, come ha ricordato tra gli altri anche Paolo Barilla,
vicepresidente di Barilla Alimentare spa, garanzie di sicurezza,
che poi sono il presupposto del gusto, è necessario ad esempio
promuovere in accordo con le Regioni, ha proposto il ministro
delle Politiche agricole Maurizio Martina, “filiere corte”,
appare indispensabile attivare un percorso di protezione che deve
essere fatto dentro e con l’Europa, ha indicato la presidente del
Friuli Venezia Giulia.
E’ questo un “interesse” soprattutto dei Paesi produttori, quali
l’Italia, rispetto ad altre realtà, del Nord Europa, che sono per
lo più consumatori e dunque meno “interessati” al problema, è
stato rimarcato, anche se alcuni “passaggi” appaiono importanti.
Il Parlamento Ue, oggi in scadenza, ha comunque infatti già
avviato il percorso per la stesura di un Regolamento per il “made
in”, mentre nel frattempo sono stati stipulati specifici accordi
commerciali Ue-Paesi terzi per la tutela delle produzioni “doc”,
tra cui – molto importante anche per il Friuli Venezia Giulia –
con il Canada.
Accordi che, tra l’altro, hanno portato alla recente eliminazione
da una grande catena distributiva della Gran Bretagna del
“Daniele ham”, che evidentemente intendeva cannibalizzare il
prosciutto di San Daniele.