La collaborazione fra imprese, Università e
laboratori di ricerca è uno dei punti di forza del distretto del
caffè del Friuli Venezia Giulia. È quanto emerso nella sessione
che ha chiuso la prima giornata del convegno Food East-Research
and Innovation Forum, promosso dalla Regione come contributo a
Expo 2015, dedicata proprio al tema “Il caffè e il suo gusto:
l’industria, l’innovazione e le prospettive di ricerca”, in un
settore che costituisce una delle eccellenze regionali.
Come ha ricordato Furio Suggi Liverani, presidente del Trieste
Coffee Cluster, del “sistema caffè” del Friuli Venezia Giulia
fanno parte 45 unità locali con un migliaio di occupati più
alcuni laboratori di ricerca, sia privati che universitari, che
operano in stretto collegamento fra di loro. Il porto di Trieste
si conferma come una delle principali “porte” per il caffè in
Italia, tenuto conto che manipola il 26 per cento del prodotto
importato.
Il “sistema caffè” triestino può contare su un consolidato
know-how, su una tradizione di prestigio, sulla presenza di
alcune imprese leader, sulla favorevole posizione geografica per
i mercati dell’Est. Restano tuttavia alcuni punti di debolezza, e
in particolare l’eccessiva frammentazione del settore, che
risulta così esposto alla minaccia rappresentata dai processi di
concentrazione perseguiti dagli operatori globali.
Ecco perché, come ha sottolineato Suggi Liverani, risulta
fondamentale la leva dell’innovazione e della ricerca, in un
settore dove sono in notevolissima crescita i brevetti. Occorre
in particolare mettere in collegamento il comparto del caffè, ha
rilevato il presidente di Trieste Coffee Cluster, con filiere
apparentemente lontane, dalla cosmetica alla chimica, dai servizi
per l’ambiente e l’energia alla plastica.
Di particolare importanza, in questo senso, è proprio il ruolo
dell’Università di Trieste e del dipartimento Scienze della vita,
dove è stata creata – come ha ricordato nel suo intervento
Alberto Pallavicini – una serra di piante di caffè e dove è stato
brevettato un sistema di analisi genetica per distinguere le
varie specie di pianta. Dunque, come è stato rilevato, anche un
Paese non produttore come l’Italia può fornire un contributo alla
conoscenza in questo campo.
L’Università di Trieste sta anche studiando metodi per la
valorizzazione degli scarti del caffè in modo da produrre
biodiesel e altri materiali, hanno spiegato nelle loro relazioni
Lucia Gardossi e Paolo Bevilacqua. Importante anche il contributo
della psicologia. Walter Gerbino, dell’ateneo giuliano, Trieste,
ha messo in luce come la degustazione del caffè sia un’esperienza
“multisensoriale e multimodale”, sulla base di numerosi
esperimenti di tipo psicologico condotti nel laboratorio sulla
percezione allestito in ambito universitario.