“Una continua lotta quasi fisica tra l’uomo e
Dio, ….un’opera complessa e terribile, soprattutto per i
cantanti ai quali il compositore chiede da un lato una vocalità
melodrammatica, dall’altro una attenzione liturgica alla parola e
ai suoi significati”. Così Riccardo Muti, in una intervista per
il “suo”Ravenna Festival, parlava della Messa di Requiem di Verdi
che il maestro ha scelto per il concerto del 6 luglio a
Redipuglia, voluto e sostenuto dalla Regione Friuli Venezia
Giulia, a celebrare – a cent’anni di distanza – il ricordo
dolente della Grande Guerra.
Un video, online da oggi sulla web TV della Regione
(www.regione.fvg.it – FVG.tv), attraverso le parole di Vincenzo
Ninci, maestro di coro, organista e docente al Conservatorio di
Ferrara, offre alcune chiavi di lettura del concerto.
Direttore verdiano di lunga frequentazione, per Riccardo Muti
quella di Verdi è una musica consolatoria e travolgente, àncora
di salvezza e strumento di dialogo .
E il Requiem, dice ancora Muti, diventa memoria e ricordo dei
Caduti sepolti a Redipuglia e – insieme – messaggio di coesione e
conciliazione tra popoli con religioni, culture ed ideologie
diverse. Perché è proprio la musica che crea la possibilità di
mettere insieme le persone con un “ponte di amicizia” che nasce
sull’identità dei sentimenti.
Il requiem, composizione per orchesta e coro, è una sorta di
meditazione – religiosa o del tutto laica – sulla vita e sulla
morte che esprime, attraverso la musica, il mondo interiore di
chi la compone, fatto di ansia, di paura, di rassegnazione o
disperazione, di ricerca di pace e di speranza.
L’idea di scrivere una Messa pro defunctis era stata a lungo
accarezzata da Verdi: nel 1868, per la scomparsa di Rossini
(progetto che non si concretizza ma per il quale compone il
Libera me Domine poi ripreso nel Requiem) e nel 1873 per la morte
di Alessandro Manzoni. “Mi sembra – scriverà Verdi al suo editore
Ricordi mentre lavora alla partitura – di essere diventato una
persona seria, e di non comparire più come un pagliaccio dinanzi
al pubblico, gridando: avanti, avanti, favorite!… battendo il
tamburo e la grancassa”.
Un anno dopo, a Milano, il 22 maggio, anniversario della morte
dello scrittore, sarà Verdi stesso a dirigere il Requiem nella
chiesa di San Marco: una prima esecuzione dove pretende ed
ottiene, rompendo il divieto del “mulier taceat in ecclesia”, che
le coriste vengano ammesse a cantare in sede liturgica, in un
luogo di culto.
, dopo due esecuzione alla Scala, viene riproposta in una tournée
europea di successo – dall’Opéra-Comique di Parigi alla Royal
Albert Hall a Londra.
Preghiera laica o sorta di liturgia “civile”, la Messa di Verdi
sarà, come sottolineato dall’assessore regionale alla Cultura del
Friuli Venezia Giulia, Gianni Torrenti, “un momento di conoscenza
e comprensione di una tragedia immane, in un luogo che ricorda
morte e sofferenza. Sarà momento di coesione forte e di ulteriore
riunificazione nel cuore di quella Mitteleuropa che 100 anni fu
teatro di un conflitto che vide milioni di uomini contro”.