Ormai da oltre un anno viviamo in una situazione paradossale, mai sperimentata prima. A marzo 2020, quando è iniziato il lockdown, siamo stati quasi travolti dal silenzio, che dapprincipio era piacevole, ma ben presto è diventato assordante; dopo circa tre mesi il lockdown totale è finito, ma da allora è stato (ed è a tutt’oggi) un continuo “apri e chiudi”, un “tira e molla” di restrizioni e libertà, un tunnel lungo e buio con qualche spiraglio di luce ogni tanto.
Forse sto per fare un paragone azzardato, ma è come se in questo periodo fossimo tutti un po’ sordociechi, costretti a non sentire i rumori e a non vedere i colori di una vita “normale”, di quella vita che fino a poco tempo fa davamo per scontata e a tratti trovavamo addirittura noiosa. La nostra sordocecità è dovuta all’emergenza da Covid-19 e scomparirà non appena la pandemia sarà finita, quando potremo gradualmente riappropriarci delle vecchie abitudini, tornando ad esempio ad affollare le piazze e riempire gli stadi; non dobbiamo però dimenticarci che esistono persone per le quali la sordocecità è da sempre e per sempre una compagna di vita, una condizione invalidante che non le abbandonerà mai e con la quale devono giocoforza imparare a convivere, possibilmente facendo di necessità virtù.
Ne sa qualcosa Alessandro Mennella, trentasettenne di Genova che è sordo profondo sin dalla nascita e dall’età di cinque anni ha anche problemi di vista destinati a peggiorare con il tempo; sono proprio questi problemi, inizialmente limitati alla visione notturna, che abbinati alla sordità fanno sì che gli venga diagnosticata la sindrome di Usher, una malattia genetica rara nella quale la mutazione di un gene comporta la produzione di una proteina anomala che influenza lo sviluppo e il funzionamento degli apparati visivo e uditivo.
Dal momento della diagnosi ad oggi, la sindrome è (e sarà sempre) parte integrante della vita di Alessandro, eppure non l’ha mai condizionata negativamente; forse potrà sembrare strano, ma la disabilità per lui non ha mai costituito un limite. Sin da piccolo egli affronta positivamente sia il deficit uditivo (frequentando regolarmente le sedute di logopedia per imparare ad articolare i suoni, quindi a parlare) che quello visivo (sottoponendosi a controlli semestrali per monitorare lo stato di avanzamento della retinite pigmentosa); questo spirito ottimista gli viene sicuramente trasmesso dai genitori, che gli stanno accanto e lo supportano evitando di soffermarsi troppo sulla malattia in sé, ma piuttosto insegnandogli a vivere con leggerezza e senza limiti.
Proprio per imparare a conoscere, accettare e possibilmente superare i propri limiti, Alessandro (che tutti chiamano bonariamente Ale) si avvicina molto presto al mondo dello sport, in particolare al nuoto e alla corsa. Quando trova un amico o un parente disposto a pedalare insieme a lui, si sposta volentieri anche in tandem, una bicicletta a due posti con la quale ha portato a termine diverse sfide; quella che più di tutte gli è rimasta nel cuore è sicuramente il viaggio da Genova a Sorrento in coppia con il padre, 800 chilometri in 8 giorni. Si tratta senza dubbio un’esperienza impegnativa, che però non ha intenti agonistici, è vissuta per puro piacere; le prime gare arrivano invece tra il 2014 e il 2015, all’inizio della collaborazione con RarePartners, una società no profit che dal 2010 studia nuove terapie e strumenti diagnostici per la cura delle malattie rare, fra le quali è compresa la sindrome di Usher.
Nel 2015, a pochi mesi dal suo ingresso nel sodalizio, alcuni amici di famiglia propongono al ragazzo genovese, allora trentaduenne, di diventare testimonial del progetto “Run4Usher”, che ha il duplice obbiettivo di raccogliere fondi per la ricerca sulla sindrome, oltre che di informare e sensibilizzare sulla sindrome stessa; così, il 12 aprile di quell’anno, Alessandro partecipa alla Maratona di Milano in un team di quattro persone che corrono a staffetta, la sua prima vera maratona è però quella di Firenze, alla quale prende parte circa sette mesi dopo, il 29 novembre.
Il 3 aprile dell’anno successivo, la squadra di “Run4Usher” è di nuovo protagonista a Milano, ma Alessandro non si accontenta più di correre e basta, inizia anche a gareggiare nel triathlon (uno sport multidisciplinare che alla corsa unisce il nuoto e il ciclismo), sempre come testimonial dell’organizzazione RarePartners. Questa nuova esperienza si concretizza grazie al supporto dell’ASD Maremola Triathlon di Pietra Ligure (SV), che il 22 maggio 2016 lo invita a presenziare alla sedicesima edizione del “Triathlon Olimpico Città di Pietra Ligure” e che da allora organizza ogni anno (il giorno prima della gara) la staffetta solidale “Nuota e corri”, i cui proventi sono devoluti anche a “RarePartners”.
Partecipando poi alla Maratona di New York del 5 novembre 2017, l’atleta chiude la carriera sportiva amatoriale, d’ora in avanti si dedicherà esclusivamente all’agonismo; il suo impiego part time come sviluppatore software gli consente di lavorare in ufficio al mattino e di allenarsi al pomeriggio, cosicché nel 2018 riesce a raggiungere la condizione fisica ideale per aggiudicarsi il primo posto nella classifica di categoria ipovedenti e non vedenti (PTVI) della “Italian Paratriathlon Series”, una competizione che nell’arco dell’anno si snoda lungo tutto lo Stivale.
Alessandro ormai inizia a far parlare di sé e della sua inseparabile compagna, la sindrome di Usher; vuole far capire a tutti che oltre al buio e al silenzio esistono persone degne di vivere una vita piena e appagante, a dispetto dei limiti imposti dalla malattia. Con quest’intento, nel 2019 bissa il successo sul circuito di paratriathlon, ma trova anche l’energia e le motivazioni necessarie per raccogliere un’altra sfida, propostagli quasi per gioco da Marcella Zaccariello, un’esperta nuotatrice che lavora per RarePartners; si tratta di una traversata a nuoto di sette chilometri, da Finale Ligure a Noli, che si svolge il 15 settembre e costituisce la terza tappa dell’Italian Open Water Tour (IOWT), un circuito di nuoto in acque libere organizzato ogni anno su scala nazionale dalla Società nazionale di salvamento e dal sodalizio “I Glaciali ASD”.
Il valore aggiunto di quest’impresa (che Alessandro e Marcella portano a termine nuotando legati coscia a coscia per circa tre ore, affrontando anche il mare grosso) è rappresentato dalla raccolta fondi #MiFidodiTe ad essa abbinata, che si propone di raggranellare almeno settemila Euro, uno per ogni metro nuotato, da destinare alla ricerca sulla sindrome di Usher; la generosità dei donatori, che grazie ai loro nomi scritti su una boa accompagnano idealmente Alessandro e Marcella in questa sfida, va ben oltre le aspettative e alla fine l’importo complessivo raccolto è quasi il doppio.
Il grande successo dell’iniziativa spinge i due amici ad alzare l’asticella, tuffandosi in un progetto ancora più impegnativo e ambizioso, che purtroppo non può concretizzarsi nel 2020 per le ragioni che tutti ben conosciamo; nonostante la pausa imposta dalla pandemia, Alessandro non si riposa, continua ad allenarsi in casa con ottimi risultati, che lo portano ad eccellere anche nella scorsa edizione della “Italian Paratriathlon Series” e a segnare così una formidabile tripletta.
Con l’inizio del nuovo anno, il desiderio è quello di ripartire più forti di prima, guardando al futuro con fiducia e coraggio; e allora è proprio il caso di ricominciare dal punto in cui ci si era fermati, ovvero dall’Italian Open Water Tour (IOWT). Ma se abbiamo detto che questa volta l’obbiettivo da centrare è più impegnativo del precedente, non potrà certo trattarsi di un’unica tappa del circuito; #MiFidodiTe – La nuova sfida avrà luogo da giugno a ottobre di quest’anno e si articolerà in sei diverse tappe, durante le quali Alessandro e Marcella nuoteranno insieme nelle acque libere della nostra penisola percorrendo un totale di 36 chilometri.
Tutti coloro che vorranno sostenere concretamente l’impresa e con essa la ricerca sulla sindrome di Usher, potranno effettuare una donazione tramite il link riportato più sopra, in segno di ringraziamento i loro nomi verranno quindi stampati sulla muta di Alessandro e questo sarà un modo per essergli idealmente vicini; un altro canale che permette di seguire Alessandro nelle sue numerose attività di collaborazione con RarePartners è la pagina Facebook dell’organizzazione stessa, attraverso la quale è anche possibile conoscere lo stato di avanzamento della ricerca sulle malattie rare.
Fin qui abbiamo dato ampio spazio alla “sfera pubblica” di Alessandro, riferendoci in particolare alla sua carriera sportiva, ma quali sono i traguardi che egli ha raggiunto come uomo e quali invece i sogni che ancora insegue? Nonostante la disabilità, il suo percorso scolastico e universitario è stato pressoché identico a quello dei suoi coetanei ed è culminato con il conseguimento di una laurea triennale in Informatica (2008) e di una laurea specialistica in Scienze e Tecnologie della Comunicazione e dell’Informazione (2010), entrambe all’Università di Genova; poi c’è stato l’ingresso nel mondo del lavoro, nel reparto Ricerca e Sviluppo Software di una grande azienda che a Genova si occupa di controllo accessi.
Le conquiste più grandi sono però quelle che riguardano la sua autonomia e indipendenza: nel 2012 un intervento chirurgico per l’installazione di un impianto cocleare su entrambe le orecchie gli permette di sentire per la prima volta un’intera gamma di suoni che non aveva mai percepito prima, ma che ora deve imparare a decifrare (per questo ancora oggi si sottopone a sedute settimanali di logopedia); nel 2013 sceglie di andare a vivere da solo in un appartamento del centro storico genovese, organizzando la sua quotidianità in completa autonomia, salvo che per qualche sporadica richiesta d’aiuto ad amici e parenti; nel 2016 arriva nella sua esistenza una ragazza di nome Carlotta, che non sopporta il suo disordine e mangia tutti i suoi biscotti, ma nonostante questo riesce a fargli battere forte il cuore, diventando ben presto la sua compagna di vita.
Se chiediamo ad Alessandro di provare a immaginare il suo futuro, risponde subito che per carattere non ama porsi obbiettivi a lungo termine, piuttosto tenta di dare il meglio di sé in ogni cosa che fa, non limitandosi alle esperienze che già conosce, ma cercando sempre nuovi contesti e nuove attività nelle quali mettersi in gioco. Come tutti noi, anche lui ha dei sogni nel cassetto, che custodisce gelosamente e svela soltanto alle persone più care, tuttavia non nasconde la voglia di continuare a vivere le sue passioni il più a lungo possibile; tra queste c’è senz’altro quella per la lettura, che la progressiva perdita della vista lo ha costretto a mettere momentaneamente da parte, almeno finché non avrà preso confidenza con il Braille, il noto sistema di lettura e scrittura tattile per non vedenti e ipovedenti, che gli permetterà di ricominciare a leggere con la stessa voracità di quand’era bambino.
E se per caso non dovesse riuscire a leggere un libro in Braille? Poco male, vorrà dire che ci proverà con altri mezzi, l’importante per lui è vivere la vita al massimo senza lasciarsi condizionare dai propri limiti (spesso più psicologici che fisici) e continuare a correre, dentro e fuor di metafora, per cercare di vincere la gara contro la sindrome di Usher, o quantomeno di perderla con onore, nella consapevolezza che poter sfidare la malattia è già di per sé un grande risultato!