e non ci passo
mi trascino lento
il peso addosso.
Vivo la vergogna
e mangio da solo e non sai
che dolore sognare per chi non può mai.”
Quante volte queste parole di Michele Zarrillo mi sono riecheggiate nella testa: nei momenti più bui della mia vita mi sono sembrate la descrizione perfetta della condizione di tutti noi disabili motori, in particolare di quelli che come me usano quotidianamente la carrozzina per spostarsi; tuttavia, superati questi periodi di sconforto e ritrovata la lucidità necessaria ad analizzare obbiettivamente la mia situazione, ho capito che si può (anzi si deve!) sognare anche stando in carrozzina, infatti i sogni hanno le ali e la loro forza è molto più potente rispetto a quella che due braccia o un motore imprimono alle ruote del nostro ingombrante mezzo di locomozione.
Come già nei mesi scorsi, anche questa volta, andando a caccia di storie da raccontare nella mia rubrica, ho cercato e trovato conferme per questa mia nuova visione della vita e della disabilità, decisamente più ottimistica e possibilista della precedente; in quest’inizio di giugno, la certezza di non sbagliare a pensarla così mi viene dallo sguardo furbo di un bimbo felice.
Sto parlando di Simone Ranzato, un bambino affetto da atrofia muscolare spinale (SMA nell’acronimo inglese) che da circa due anni e mezzo sogna ad occhi aperti manovrando una carrozzina elettronica con annesso T-stick e impegnandosi con tutte le sue forze per parare i goal dei propri avversari. Ma com’è cominciato questo sogno, a metà tra la favola e l’avventura?
Nel settembre 2009, durante un convegno organizzato a Roma dall’Associazione Famiglie SMA, la mamma di Simone (che insieme al marito è delegata a rappresentare il sodalizio per il Veneto) sentì parlare per la prima volta di hockey in carrozzina (wheelchair hockey in inglese) e nel suo intimo iniziò ad accarezzare un sogno, quello di una madre che nelle parole di un’altra madre intravvede l’opportunità di regalare al suo cucciolo una seppur minima possibilità di riscatto nei confronti di un destino avverso. Terminato il convegno, la signora Elettra tornò a Casale sul Sile (TV) e riprese la vita di tutti i giorni, chiudendo il sogno in un cassetto.
Dopo circa tre anni, un sabato mattina, mentre facevano la spesa in un supermercato del paese, lei e Simone si imbatterono per caso in un angelo, anch’egli munito di carrozzina elettronica e di sogni con grandi ali, che provò subito simpatia per questo bambino vivace; una volta che lo ebbe conquistato “prendendolo per la gola” con un pacchetto di biscotti, l’angelo chiese a Simone se gli sarebbe piaciuto sperimentare l’hockey in carrozzina, o almeno scoprire di cosa si trattava. Il piccolo accolse la proposta con entusiasmo, allora l’angelo parlò subito di lui ad Andrea Piccillo, fisioterapista di professione, co-fondatore e coordinatore della squadra dei “Black Lions Venezia”, e vennero presi accordi affinché Simone potesse assistere ad un allenamento.
Fu così che nell’ottobre 2012, a soli sette anni e mezzo, Simone Ranzato approdò alla Polisportiva Terraglio di Mestre (VE), quartier generale dei “Black Lions”; durante quel primo pomeriggio trascorso con la squadra, si allenò a bordo campo con l’aiuto di Caterina, una volontaria molto perspicace che notò immediatamente la sua prontezza di riflessi e non esitò a proporre ad Andrea di affidargli la custodia della porta.
Ecco che di lì a poco il team ebbe un nuovo portiere, che il 10 novembre disputò la sua prima partita, un’amichevole contro una squadra Under 21; da quel momento, il sogno di mamma Elettra è diventato la ragione di vita di Simone, gli ha dato la carica e ha contribuito a renderlo più forte anche fisicamente.
Oggi Simone ha dieci anni, ha già ottenuto due riconoscimenti come miglior portiere (l’ultimo dei quali gli è stato conferito il 24 maggio scorso al termine di un torneo di due giorni) e ha già partecipato a due raduni della Nazionale; vista la sua giovane età, non si può ancora parlare di convocazioni ufficiali, ma il talento non manca e la stoffa del campione c’è: se continua così, quest’astro nascente dello wheelchair hockey non tarderà molto ad indossare la maglia azzurra, come peraltro già fanno due dei suoi attuali compagni di squadra.
Il reclutamento del baby-portiere (maglia numero 22) si è rivelato di buon auspicio per l’intero gruppo dei “Black Lions Venezia”, che nell’arco dei sei mesi successivi sono riusciti a guadagnarsi la promozione in serie A1 e da allora sono andati sempre crescendo, sia in termini di quantità che di qualità: per quanto concerne la quantità, cioè il numero di giocatori “arruolati” nella squadra, se nel 2011 (anno del loro esordio in campionato) i “Black Lions Venezia” erano appena sufficienti a formare un team regolamentare (composto da quattro giocatori più un portiere), ora i numeri sono pressoché raddoppiati e i giocatori “attivi”, che si alternano in campo in base alle loro caratteristiche e alle strategie di gioco adottate in ogni partita, sono nove; anche la qualità delle prestazioni dell’intera compagine è in continuo miglioramento, tanto che nel campionato appena concluso la squadra ha lottato egregiamente, fino ad aggiudicarsi il terzo posto in classifica.
In questi anni le persone affette da disabilità motorie e patologie neuromuscolari gravi che si sono avvicinate allo wheelchair hockey sono state sempre di più: ecco perché nel 2013 da una costola dei “Black Lions” sono nati i”Treviso Bulls”, che ora militano in A2 al grido di “Energia … a ruota libera!” (e questa è senz’altro un’ottima ragione per menzionarli nella mia rubrica!); dal momento che sono friulana e che le notizie pubblicate su questa testata riguardano tutto il Nordest, mi sembra doveroso ricordare che anche il Friuli Venezia Giulia ha dato i natali a due squadre di hockey in carrozzina, entrambe dirette concorrenti dei “Treviso Bulls”: gli addetti ai lavori, i tifosi e tutti gli appassionati di questo sport (purtroppo ancora poco conosciuto in Italia) avranno sicuramente capito che mi riferisco ai “Madracs Udine” e alla loro costola, i “Friulfalcons”.
Saranno proprio queste due squadre che il prossimo 19 giugno metteranno in campo i loro elementi migliori e daranno vita ad una compagine mista, in grado di sfidare ad armi pari le formazioni venete dei “Black Lions Venezia” e dei “Treviso Bulls”, oltre ai “Coco Loco Padova”, neocampioni d’Italia. L’occasione d’incontro per queste realtà rappresentative del Nordest sarà un torneo quadrangolare organizzato nell’ambito delle Manifestazioni Nazionali dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM); lo scopo del torneo, che si svolgerà presso il Palazzetto Ge.Tur di Lignano Sabbiadoro (UD), sarà quello di celebrare il ventennale della Federazione Italiana di Wheelchair Hockey (FIWH), ma soprattutto di dimostrare ai presenti come questo sport sia davvero uno sport per tutti, praticabile indipendentemente dal sesso, dall’età e dalla gravità del proprio handicap.
Sicuramente, tutti coloro che assisteranno al torneo vivranno una giornata di sport e spettacolo nella quale la disabilità passerà in secondo piano, perché in fondo, nello wheelchair hockey come nella vita, la prestanza e la forza fisica non sono importanti quanto la grinta, la determinazione e il cuore che ogni giorno scendono in campo con chiunque lotti per inseguire un sogno.