Diretto da Alfonso Cuarón e vincitore del Leone d’Oro alla Mostra del cinema di Venezia, Roma arriva nelle sale italiane il 3, 4 e 5 dicembre e sarà disponibile su Netflix a partire dal 14 dicembre.
Visivamente Roma è magistrale. Ogni inquadratura, ogni scena, ogni piano sequenza potrebbe essere un’opera d’arte a sé stante. La fotografia in questo film è mozzafiato, in una sola immagine può esserci tanto significato e la più piccola cosa, anche se lasciata in un angolo, acquista un peso. A teatro si dice che quando viene allestita una scenografia tutto quello che viene portato sul palco avrà uno scopo, magari non nell’immediato ma si sa che c’è dietro uno studio, un ordine prestabilito che alla fine sarà chiaro a tutti. In Roma accade questo: il particolare è studiato, pesato, composto. La cura in ogni minimo dettaglio è evidente e quasi straborda, come se tutta quella bellezza, quella perfezione nelle immagini, fosse esagerata e difficile da contenere.
Non si tratta però di un puro esercizio di stile, ed è proprio questo che rende Roma un capolavoro.
La storia che racconta è comune, semplice, dolorosamente sincera. Espressa più in immagini che a parole, più in sguardi che a voce. Le emozioni affiorano lente, partono dalla superficie e poi scavano in punti inimmaginabili, a volte sono scomode e violente, a volte sono così intense che la tentazione di chiudere gli occhi e smettere di provarle è forte.
In American Beauty Ricky Fitts dice: “A volte c’è così tanta bellezza al mondo che non riesco ad accettarla, il mio cuore sta per franare”. L’effetto che Roma ha avuto su di me è stato questo, la sua meraviglia visiva mi ha travolto. E il suo messaggio, il suo significato ultimo, quel trovare la forza nel dolore, quel coraggio di rimettersi in piedi quando sembra tutto perduto, me lo porterò dentro per sempre.