Tratto dal romanzo My Abandonment di Peter Rock e ispirato a una storia vera, Senza lasciare traccia arriva nelle sale italiane dopo il successo ottenuto sia al Sundance che a Cannes.
Il film è piaciuto in particolare ai critici, che hanno visto nella regia di Debra Granik (conosciuta per Un gelido inverno) la capacità di allontanarsi dagli stereotipi e di realizzare inquadrature penetranti togliendo il superfluo per far emergere le emozioni. Senza lasciare traccia è essenziale, scarno e incredibilmente intenso. I protagonisti parlano poco e si guardano molto, si mimetizzano con lo sfondo e non sono mai trasparenti. La bravura di Ben Foster e della giovanissima Thomasin McKenzie è impressionante, riescono da soli a reggere il peso della storia.
Will, veterano di guerra, e sua figlia Tom vivono isolati in un bosco di Portland finché qualcuno li scopre. Sono costretti così a entrare nella società, facendo i conti con la legge e i servizi sociali, e cercando da quel momento di vivere una vita “normale”.
Se l’accenno alla trama può innescare un parallelismo con Captain Fantastic guardando già le prime scene si noterà quanto Senza lasciare traccia sia qualcosa di completamente diverso. Qui l’atmosfera è cupa e pesante, ma allo stesso tempo positiva. C’è fra Will e Tom un legame così forte che è difficile rompere, anche quando le loro idee di vita inizieranno a divergere. Questo film è un dramma autentico che racconta una storia dal forte impatto emotivo e sociale, una storia su cui è inevitabile fermarsi a riflettere.