Diretto da Steven Spielberg e interpretato da un cast d’eccezione, fra cui spiccano Tom Hanks e Meryl Streep, “The Post” è uno di quei film che ha successo prima ancora di essere finito.
Nominato a due premi Oscar “The Post” fa parte di quel filone di film sul giornalismo che vedono in “Spotlight” di Tom McCarthy, vincitore agli Oscar nel 2016 come miglior film, uno dei predecessori più recenti. Si tratta di storie che hanno bisogno di essere raccontate, di verità da svelare per portare a galla nuove consapevolezze. Quindi di film non solo tecnicamente impeccabili, ma necessari.
Lo stile di Spielberg è riconoscibile fin dai primi minuti, dettagliato e attento in ogni sfumatura, classico senza mai essere pesante. La narrazione è fluida e essenziale, allo spettatore vengono dati tutti gli elementi per capire cosa sta succedendo in modo che da fuori possa avere una visione totale della vicenda. Questo succede anche in altri suoi film che si basano su fatti realmente accaduti, come ad esempio “Salvate il soldato Ryan” e “Munich”.
La regia, la fotografia, la colonna sonora e anche l’interpretazione magistrale del cast sono al servizio della trama, sono solo pezzi perfettamente incastrati per far emergere la storia.
“The Post” si sviluppa intorno all’importante pubblicazione dei Pentagon Papers, documenti top secret del dipartimento della Difesa riguardanti la guerra in Vietnam, resi noti prima sul The New York Times e poi sul The Washington Post nel 1971. Il presidente Richard Nixon chiese un’ingiunzione nei confronti del Times, invitando non solo il Times ma tutta la stampa a distogliere l’attenzione da quei documenti. L’allora direttrice del Post Kay Graham si trovò quindi di fronte alla scelta più difficile e rischiosa della sua vita, poiché pubblicare i documenti significava non solo mettere a repentaglio l’intero giornale e il suo patrimonio, ma anche rischiare la galera.
Qui emerge il coraggio di una donna che in un mondo fatti di uomini non si fa condizionare dalle catastrofiche conseguenze che potrebbe innescare con la sua presa di posizione, perché quelle conseguenze riguardano lei e il Washington Post, non i cittadini. E i cittadini sono più importanti, i cittadini devono sapere. A qualunque costo.