Buonasera, dottor Tavecchio,
da lontano ed immeritevolmente, La seguo. Sì: per uno come me, è sempre fonte di enorme ispirazione seguire una persona dall’aspetto, non La offenda il paragone, di un vecchio curato di paese, arrivato a vette tanto elevate.
Un prete: di quelli “anni cinquanta”, che inseguivano gli adolescenti tenendosi la “gabbana” con la sinistra per punire “la pargoletta mano” che toccò dove non si poteva, noi soli dentro la stanza / e tutto il mondo fuori.
Ebbene, un curato diviene l’uomo più potente del calcio italiano, con tutto il rispetto non quello di Tonga, ma quello tetracampione d’azzurro vestito. E subito, direi ovviamente, diviene oggetto di complotti, tresche, invidie. Soprattutto di parziale e poco informata stampa, che estrapola frasi a proprio vantaggio (cito).
Ella per me è un idolo.
Da quando esordì nel suo mandato: secondo Lei, in fondo in Italia “Le questioni di accoglienza sono una cosa, quelle del gioco un’altra. L’Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che ‘Opti Pobà’ è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così”. Gli increduli ascoltatori, dai quattro angoli del mondo, pensavano si riferisse razzisticamente ai ragazzi di colore che arrivano copiosi nelle squadre tricolori; invece Lei voleva solo ribadire, dall’alto del Suo impegno civile, l’italica superiorità avverso la materialista richiesta d’uso nella Perfida Albione sopra le capacità professionali financo dei calcianti. Eppoi, che diamine!, se vogliono possono mangiarle anche da noi, le banane. Autarchiche.
E continuò, colgo fior da fiore, con l’intervento al “Report” della perfidissima Milena Gabanelli: Ella affermò che “Finora si riteneva che la donna fosse un soggetto handicappato rispetto al maschio sull’espressione atletica. Invece abbiamo riscontrato che sono molto simili”. Le militanti femministe, anche i maschi etero, ritennero la frase infelice a dir poco. Un po’ come l’american razzista che afferma essere, l’afroamericano, il migliore amico dell’uomo. Invece la Sua intenzione era quella di sancìre che, a forza di sforzi, anche le donne possono diventare uomini. Simili, almeno.
E a tal proposito punì con un buffetto il collega della LND, Presidente dott. Belloli, secondo cui le calciatrici erano solo “quattro lesbiche”. Gli affibbiò un mese di inibizione per ogni ragazza omosessuale che gioca, evidentemente (quattro mensilità); quasi l’inesattezza rilevata fosse solo il numero di ragazze lesbiche giocatrici. Sedendo a capo di una Lega, ci vuole precisione. Purtroppo i delegati della Lega Dilettanti la pensarono diversamente, e accompagnarono il parlatore confidenziale al primo treno. Ingrati.
Volevamo farci mancare un riferimento razziale? Ma no! Ma che razziale? In fondo definire il signor Anticoli, venditore del palazzo divenuto sede della suddetta LND, un “ebreaccio” (conversazione con Sportlife, altro noto covo di reazionari) cos’ha di insultante? In fondo anche Roberto Benigni appellò il Papa dell’epoca “Woytilaccio” (Sanremo 1980). Non capiamo la satira.
ConsiderandoLa, come detto, un idolo, e quindi dovendo giocoforza esser parziale la stampa, mi permetta di ritenere inaccettabile la frase, che i giornali riportano virgolettata, a Lei attribuita e inerente quanto (il nulla!) accaduto a Udine, domenica scorsa, al termine della gara persa contro la Roma: “Ho chiesto ai nostri uffici legali di valutare procedure per prendere il video e mandarlo alla procura e prendere delle decisioni. In qualità di presidente federale posso anche impugnare un provvedimento, soprattutto in una situazione grave come questa”.
Egregio dottor Tavecchio: il Suo aspetto mi tradì. Ella non è un buon prete di campagna, ma un severo censore. Di cose che conosce de relato probabilmente solo per aver ascoltato le parole dei fidi Spalletti, Capello e compagnia piangente. Ella, dottor Tavecchio, ha destituito da ogni potere decisionale il Giudice Sportivo, dottor Giampaolo Tosel; il Questore di Udine, dottor Cracovia; ma soprattutto ha dato la patente di violento ad un tifo, quello Udinese, che da decenni si distingue per le proprie pacifiche iniziative. Anche domenica scorsa, egregio dottor Tavecchio, i tifosi giallorossi sono stati graditissimi ospiti del terzo tempo che alla fine di ogni gara i sostenitori bianchineri organizzano. Sì: beviamo vino e mangiamo il salame. Ma sono affari nostri. Se, come domenica scorsa, nessuno ha commesso violenza su alcuno.
Il prossimo fine settimana, egregio dottor Tavecchio, la Nazionale azzurra del signor Conte sarà ospite dello Stadio Friuli (non Dacia Arena); il popolo friulano, con la consueta educazione, Vi accoglierà come sempre: sarete ospiti di gente unica. E stia tranquillo: non si porti guardie del corpo; non Le servirà un’auto blindata. Non giriamo armati, se non proprio (le nostre donne) di quelle due doti che fan rima con “lis armis dal Friûl” e che nel dopoguerra ci fecero esportare innumere balie verso la Capitale. Venga con fiducia, egregio dottor Tavecchio, ma stia pronto: perché a gente come me, che sono permaloso, dovrà rendere conto di tutte le parole pronunziate a (s)proposito dei non-fatti di domenica passata. Lo so: minimizzerà; parlerà di atto dovuto, tutto finirà nel nulla e, creda, nessuno Le porterà rancore.
Quasi nessuno: al suo posto d’onore forse troverà una banana. Sarà originale, wolof, senegalese o guineana. La consideri, egregio dottor Tavecchio, un regalo personale.
Suo, Optì Pobà.