Sin da piccola sono sempre stata affascinata dalle sfere con la neve dentro, quelle che si trovano in tutti i negozi di souvenir e che al loro interno hanno un pupazzetto o la riproduzione in scala di monumenti famosi, quelle che basta capovolgere per ottenere un effetto speciale e lasciare a bocca aperta i bambini presenti.
Purtroppo ora non sono più una bambina e sebbene la magia di queste sfere continui a incantarmi, il mio sguardo va oltre… Come mi sentirei se fossi il pupazzetto che sta lì dentro, circondato da leggiadri fiocchi di neve ma assolutamente immobile e irraggiungibile, sempre chiuso tra le pareti curve della sfera, impossibilitato a comunicare con il mondo esterno?
Probabilmente mi sentirei un po’ come Gianfranco D’Angelo; ora voi mi chiederete cosa diavolo c’entra il noto comico romano con il pupazzetto dentro la sfera: è presto detto, non c’entra nulla, infatti non è a lui che mi riferisco, bensì a un suo omonimo diciassettenne alto e snello che, se non fosse per la bolla invisibile che ormai da quindici anni lo imprigiona, sarebbe senz’altro un rubacuori patentato! Lui questo lo sa, è consapevole di esercitare un certo fascino sulle ragazze (e più in generale su tutte le persone che incontra), ma purtroppo anche la presenza della bolla non gli sfugge…
Gianfranco si chiede spesso perché i suoi coetanei sono liberi di andare a scuola autonomamente mentre lui viene sempre accompagnato dalla mamma, perché per lui attraversare la strada da solo è un’impresa titanica, perché da due anni non può più frequentare il centro estivo che gli piaceva tanto ma deve partecipare al “Progetto Autismo”, dove ci sono altri ragazzi chiusi nella loro bolla, a volte addirittura più angusta della sua.
Questi e altri interrogativi attraversano la mente e il cuore del ragazzo udinese che ho scelto come protagonista di “A ruota libera” per il mese di ottobre. Molte volte si tratta di domande senza risposta che gli provocano angoscia, paura e sofferenza, sensazioni che la bolla non gli permette di esternare facilmente a parole, emozioni che rimangono sommerse nel profondo dei suoi occhi, ma che il radar interno di cui è dotata ogni mamma non può fare a meno di captare.
Ma possedere un buon radar è sufficiente per entrare nella sfera e scuotere il pupazzetto, per farlo uscire dal suo mondo incantato e portarlo nel nostro, che purtroppo tanto incantato non è? Sicuramente no! Se fino ad oggi la mamma di Gianfranco è riuscita a compiere quest’impresa in modo soddisfacente, è perché da sempre lei e suo figlio sono due corpi e un’anima, due creature che vivono in simbiosi, come se ad unirle ci fosse ancora il cordone ombelicale.
Forse è proprio in ragione di questo rapporto unico e speciale che Gianfranco accetta di buon grado tutte le attività che gli vengono proposte, o almeno la maggior parte di esse; non importa se ai tempi delle elementari la mamma insisteva con la pet therapy fino a fargli portare un cane al guinzaglio, se l’estate scorsa gli ha offerto un giretto in pedalò o se ora lo incoraggia a suonare la batteria, mettendo così alla prova il suo orecchio assoluto: in fondo si tratta soltanto di percorrere mille strade diverse per raggiungere uno stesso obiettivo, vincere le proprie paure e rimanere fuori dalla bolla il più a lungo possibile.
Certo, avventurarsi nel mondo esterno non è facile, il microcosmo della bolla è senz’altro più rassicurante, lì dentro tutto è semplice e prevedibile, mentre fuori non sai mai cosa aspettarti e a volte è un vero guazzabuglio… Così ogni tanto capita che il panico abbia la meglio e Gianfranco si senta un pesce fuor d’acqua; fortunatamente però, con il passare del tempo il nostro pesciolino diventa sempre più forte, acquisisce una maggiore consapevolezza di sé e la sua capacità di autocontrollo aumenta. Inutile sottolineare l’importanza di queste piccole grandi conquiste: se oggi esse gli permettono di frequentare (pur con il supporto di un educatore) il terzo anno dell’Istituto Alberghiero “Bonaldo Stringher” di Udine ottenendo buoni risultati, sia dal punto di vista del profitto che della costruzione di un rapporto con insegnanti e compagni, domani gli consentiranno di raggiungere una certa autonomia, assolutamente necessaria per nuotare nel mare aperto della vita senza avere troppa paura degli squali.
Al momento nessuno può sapere se in questo mare Gianfranco verrà cullato dolcemente tra le onde, se incontrerà correnti favorevoli che lo spingeranno in avanti, o se purtroppo incapperà in una burrasca che lo farà sbattere qua e là contro gli scogli; solo il tempo ci dirà come andranno le cose e quale sarà il finale di questa storia appena cominciata, un epilogo che non possiamo certo permetterci di scrivere ma che tuttavia siamo liberi di immaginare e di sognare.
Il più titolato a fare progetti e supposizioni sul suo futuro è senz’altro lui, il diretto interessato: faticando ad esprimersi verbalmente, preferisce affidare i suoi pensieri alla carta e confessa che al giorno d’oggi la sua più grande aspirazione è quella di continuare a suonare la batteria e di sentirsi bene.
A questa dichiarazione così semplice e onesta fa da contrappunto quella della madre, che con altrettanta sincerità mi confida le speranze e le fantasie che accarezza nelle notti insonni: in cuor suo si augura che la scuola che Gianfranco sta frequentando gli dia gli strumenti per cavarsela da solo e non morire di fame, ma anche l’opportunità di trovare impiego all’interno di una mensa, dove poter mettere in pratica quanto appreso nel corso di studi senza però doversi adattare ai ritmi frenetici di un ristorante; per quanto difficile da realizzare, questo sogno non è certamente impossibile, anzi, direi che è un’aspettativa più che legittima. Decisamente più fantasiosa mi sembra invece l’idea di avvicinare Gianfranco al mondo della moda sperando prima o poi di vederlo calcare le passerelle e mostrarsi al pubblico in tutto il suo splendore… Ma in fondo questo sarebbe un finale degno di una favola e credere alle favole non costa nulla, quindi perché non provarci?
In qualità di giornalista dilettante, il mio compito all’interno di questa rubrica è quello di raccontare storie di vita vissuta, non quello di prevedere il futuro, altrimenti sarei una maga! Se anche mi venisse chiesto di immaginare Gianfranco tra dieci o vent’anni, non saprei farne un ritratto… Quello che certamente potrei fargli, anzi che posso e voglio fargli dal profondo del cuore, è soltanto un augurio: che riesca a trovare la sua strada facendo un passo dopo l’altro, mantenendo un’andatura lenta ma costante, senza scoraggiarsi di fronte alle salite, ma soprattutto continuando a fare quello che ha fatto finora: credere in se stesso e nelle cose belle che è in grado di realizzare!