“Un vecchio e un bambino si preser per mano e andarono insieme incontro alla sera...”
Quest’immagine, che nel 1972 Francesco Guccini scelse come incipit per una sua canzone (“Il vecchio e il bambino”, appunto), è senz’altro molto poetica e tenera: ci ricorda la bellezza e l’importanza del rapporto tra bambini e anziani, che può rivelarsi un proficuo scambio di emozioni ed esperienze, ma che purtroppo nella società odierna è spesso snobbato. Di questi tempi non sono molti i nonni che passeggiano mano nella mano con i loro nipotini, sicuramente sono più numerosi gli anziani ospitati nelle case di riposo e forse è proprio per questo che quando vediamo un anziano e un bambino vivere insieme in allegria e spensieratezza è probabile che ci scappi una lacrima…
Ora, cosa accadrebbe se il vecchio e il bambino non potessero scegliere di prendersi per mano ma fossero invece obbligati a farlo, senza alcuna possibilità di separarsi? Beh, probabilmente in questo caso il rapporto tra i due non sarebbe sempre così idilliaco e di poetico rimarrebbe assai poco…
Vi sembrerà strano, ma questo è più o meno quello che è capitato a Sammy Basso, un ragazzo di Tezze sul Brenta (VI) che oggi ha diciannove anni, ma che fin dai primi mesi di vita ha dovuto prendere per mano un vecchio e portarselo appresso; per essere più precisi, potremmo dire che da sempre Sammy racchiude in sé due persone, il vecchio e il bambino. Sin da quando era ancora un neonato, il suo corpicino iniziava già ad assomigliare a quello di un signore in età avanzata: ispessimento della cute, reticolo venoso molto evidente, difficoltà nella crescita, perdita dei capelli e del grasso sottocutaneo, tratti somatici particolari… Le visite mediche si intensificavano e con esse le preoccupazioni dei genitori; sembrava che nessuno riuscisse a capire che cosa non andava, finché il 12 gennaio 1998, dopo l’ennesima visita, arrivò la diagnosi: per i genetisti non c’erano dubbi, la malattia di Sammy era la “Sindrome di Hutchinson-Gilford”, più conosciuta come “Progeria” o” invecchiamento precoce”.
Si tratta di una malattia genetica molto rara, che colpisce un bambino ogni otto milioni (in Italia attualmente si contano appena cinque casi diagnosticati, mentre nel mondo i casi noti sono 103 e quelli stimati 350) ed è soltanto una delle nove laminopatie riconosciute finora; queste sono patologie risultanti dalla mutazione del gene LMNA e dalla conseguente produzione di una proteina nucleare del tipo LAMIN-A A/C non funzionante. Alla fine degli Anni Novanta, quando la famiglia Basso sentì per la prima volta parlare di Progeria, essa era una malattia poco conosciuta, per la quale non esisteva nessuna cura; l’unica cosa certa era che la speranza di vita dei bambini come Sammy era bassissima, circa tredici anni. Ma come si può pensare che due genitori degni di essere tali lascino il proprio figlio in balìa del destino, o semplicemente si siedano al suo fianco rassegnati e attendano la fine? È una prospettiva inconcepibile! Ecco allora che Laura e Amerigo, superato lo shock iniziale dopo la diagnosi, vanno immediatamente a caccia di notizie riguardanti la malattia; contrariamente alle loro aspettative, i risultati che trovano sul web sono piuttosto deludenti: per la Progeria non esistono terapie, ma soprattutto non vi sono progetti di ricerca in corso per trovarne; tuttavia in America è attiva la “Sunshine Foundation”, che ogni anno organizza un incontro mondiale delle famiglie con bambini affetti da questa sindrome, mentre in Olanda opera il “Progeria Family Circle”, che si prefigge l’obiettivo di far incontrare queste stesse famiglie con i medici che seguono i bambini malati o che studiano la Progeria, favorendo lo scambio di informazioni ed esperienze tra medici e medici, medici e genitori e tra genitori e genitori.
Così dal 2000 la famiglia Basso inizia a partecipare regolarmente ai raduni organizzati da queste associazioni, Sammy si fa dei nuovi amici e tutti insieme aiutano la ricerca a crescere: in questi ultimi anni sono state avviate alcune sperimentazioni con farmaci originariamente pensati per combattere la leucemia, ma poi rivelatisi molto più efficaci per rallentare, se non addirittura bloccare, il decorso della Progeria.
Grazie all’assunzione quotidiana di questi medicinali, Sammy è arrivato alla soglia dei vent’anni (li compirà il prossimo 1° dicembre) e può “vantarsi” di essere il più longevo paziente affetto da Progeria; nonostante un’anca lussata che non gli consente di camminare per lunghi tratti, l’osteoporosi e la rigidità articolare, riesce comunque a condurre una vita normale e serena, sostenuto dalla fede e circondato dall’affetto di familiari e amici.
Attualmente il suo primo obbiettivo è quello di laurearsi in Fisica all’Università di Padova (anche se per ora è solo una “matricola”), sperando poi di diventare un bravo ricercatore e poter fare delle scoperte che migliorino la qualità della vita di quelli che come lui sono bambini e ragazzi vecchi, ma anche di tutti coloro che, essendo vecchi per età anagrafica, accusano i suoi stessi disturbi.
È proprio questo il motivo per cui Sammy e i suoi genitori non si stancano mai di promuovere la ricerca e di far conoscere a quante più persone possibile la realtà con la quale si confrontano ogni giorno: perché soltanto con i grandi numeri è possibile convincere le case farmaceutiche a produrre su larga scala le costose medicine che oggi sono distribuite soltanto in via sperimentale.
Raccogliere fondi da destinare alla ricerca è la finalità primaria dell’Associazione Italiana Progeria Sammy Basso (A.I.Pro.Sa.B.), nata nell’ottobre 2005 per volere dello stesso Sammy, che da tempo si chiedeva come mai in Italia non si parlasse mai della sua malattia; come si legge dal sito dell’associazione (www.progeriaitalia.org), sin dalla sua nascita essa collabora con la “Progeria Research Foundation (PRF), costituitasi nel 1999 negli Stati Uniti. Questa fondazione, guidata da Leslie Gordon e Scott Berns (medici e genitori di Sam, che soffre di Progeria), è al momento l’unico ente al mondo che si occupa esclusivamente di ricerca, con l’intento di scoprire quanto prima le cause, i trattamenti e le cure di questa rara malattia genetica. Indubbiamente la strada da percorrere è ancora lunga, ma un primo importante traguardo è stato già raggiunto nel 2003, con la scoperta del gene responsabile della Progeria: come abbiamo già detto più sopra, si tratta del gene LMNA, che produce la proteina nucleare LAMIN-A A/C. Ecco perché questa malattia può essere oggi annoverata tra le laminopatie e l’A.I.Pro.Sa.B. si impegna concretamente in favore della crescita e dello sviluppo del “Network Italiano Laminopatie” (http://www.igm.cnr.it/Laminopatie/), una rete di centri italiani dedicati alla diagnosi e alla ricerca sulle patologie correlate a un difetto della proteina LAMIN-A. Un obbiettivo del network, costituitosi ufficialmente nel 2009, è senz’altro quello di allestire un registro italiano delle laminopatie (contenente dati clinici e biomedici) e di creare una banca di materiale biologico, ma più in generale la sua finalità è quella di favorire la collaborazione e lo scambio di informazioni tra medici, ricercatori, pazienti e case farmaceutiche.
Il materiale condiviso dagli istituti facenti parte del Network Italiano Laminopatie è e sarà di fondamentale importanza per gli “addetti ai lavori”, tuttavia è bene che la Progeria e le altre malattie rare vengano fatte conoscere anche alla gente comune, seppur con un approccio più “semplice”. È per questo che Sammy si lascia intervistare volentieri, partecipa a diverse trasmissioni televisive (una per tutte, il Festival di Sanremo 2015) e ha addirittura accettato che il viaggio dei suoi sogni, da Chicago a Los Angeles attraverso la mitica Route 66, diventasse prima un documentario in dieci puntate (prodotto da Stand By Me srl per National Geographic™ e andato in onda dallo scorso 16 dicembre sul canale 411 di Sky) e poi un libro, edito da Rizzoli ad aprile di quest’anno.
Il libro e il documentario si intitolano entrambi “Il viaggio di Sammy” e raccontano i venticinque giorni che il protagonista ha trascorso negli States insieme ai genitori e all’amico Riccardo nel settembre 2014, due mesi dopo aver conseguito il diploma di maturità. Come in ogni diario di viaggio che si rispetti, anche in quello di Sammy vengono fissati (su carta o in video) le emozioni, le avventure e gli incontri che rendono la sua permanenza oltreoceano un’esperienza indimenticabile, tuttavia in questo caso la prospettiva è diversa, oserei dire più complessa: infatti qui il punto di vista non è semplicemente quello di un ragazzo diciannovenne che parte entusiasta alla scoperta del mondo, né tantomeno quello di un vecchio ottuagenario che realizza il suo sogno prima che sia troppo tardi; la visione della vita con la quale “Il viaggio di Sammy” ci mette a confronto è quella di un ragazzo un po’ speciale che, con l’esuberanza tipica della sua età, è desideroso di piacere e piacersi così com’è, perché ritiene che il suo viaggio più importante sia ancora tutto da vivere e che le membra rigide, i capelli radi o l’andatura incerta non costituiscano ragioni sufficienti per farlo terminare proprio adesso che è appena cominciato.
Buon viaggio Sammy!