“L’essere clown è solo un espediente per avvicinare gli altri, perché sono convinto che se non cambiamo l’attuale potere del denaro e della prevaricazione sugli altri, non ci sono speranze di sopravvivenza per la nostra specie”. Questa è una delle tante frasi pronunciate dal medico, attivista e scrittore statunitense Hunter Doherty “Patch” Adams, che a partire dagli Anni Ottanta è divenuto famoso in tutto il mondo per la sua “terapia del sorriso” e al quale è ispirato anche il celeberrimo film del 1998 “Patch Adams”, interpretato da Robin Williams nei panni del protagonista.
Eppure non faticherei ad attribuire una frase simile a Mariagrazia Audenino, cinquantacinquenne astigiana che da sempre sfodera il sorriso come migliore arma contro i draghi, poco importa che siano i propri o quelli altrui; un po’ come Patch Adams, anche lei pensa che dovremmo essere tutti più umili e cercare di capire gli altri senza prevaricazioni o pregiudizi nei loro confronti, ma piuttosto offrendo loro il nostro tempo, le nostre attenzioni e, possibilmente, i nostri sorrisi.
Proprio per seguire l’esempio di Patch Adams e aiutare le persone ad affrontare positivamente dolore e sofferenza, dal 2013 al 2015 Mariagrazia ha “militato” attivamente nell’associazione di clownterapia L’Arte del Sorriso di Asti, affiliata alla federazione VIP (Viviamo In Positivo) Italia Onlus, che si pone l’obbiettivo di donare momenti di serenità e spensieratezza ai pazienti ricoverati in ospedale, specificatamente nei reparti di pediatria e ginecologia.
Nell’ambito del suo percorso di formazione per diventare una “clown di corsia”, le è stato più volte ribadito quanto nell’interazione con i malati e i loro familiari sia importante riuscire a provare empatia, esprimendo la propria vicinanza anche solo con un semplice gesto o un sorriso. In realtà, colei che allora era un’aspirante clown sapeva già molto bene come sentirsi compresi e amati da chi ci sta intorno possa essere spesso una medicina molto efficace per curare i mali che ci affliggono.
Infatti Mariagrazia convive da quasi vent’anni con Parky, un serpentello (o se preferite un draghetto) invisibile che si muove dentro di lei facendole talmente tanto solletico da farla tremare tutta; quest’animaletto fastidioso, protagonista della favola che è solita raccontare ai suoi alunni per spiegare loro il suo tremore, nel mondo degli adulti è conosciuto come morbo di Parkinson ed è il più frequente tra i cosiddetti disordini del movimento.
Con l’avanzare della malattia, i cui sintomi iniziali variano da paziente a paziente, Parky diventa ogni giorno più dispettoso, rendendo i movimenti sempre più lenti, l’equilibrio sempre più precario e il tremore sempre più evidente; tuttavia, l’assunzione quotidiana di farmaci quali la levodopa permette di controllare gli effetti causati dall’iperattività del serpentello (o draghetto che sia), riducendo sensibilmente il tremore e garantendo così ai Parkinsoniani una migliore qualità di vita.
Questo spiega perché Mariagrazia, pur essendo malata da tempo, riesce ancora a condurre un’esistenza piena e appagante, che la vede quotidianamente impegnata su diversi fronti. Innanzitutto c’è il lavoro come insegnante di scuola primaria, per lo svolgimento del quale la presenza di Parky non ha mai costituito un grosso ostacolo, se soprassediamo sulla “prudenza” iniziale di alcuni genitori, che di primo acchito si chiedono se questa maestra che trema come una foglia mossa dal vento sarà effettivamente in grado di tenere a bada i loro figli e soprattutto di educarli; le perplessità vengono immediatamente superate allorché i piccoli rientrano da scuola sorridenti e desiderosi di possedere un naso rosso come quello di Dolcina, la signora dalla voce buffa che di tanto in tanto, come per magia, sostituisce la maestra dietro alla cattedra.
Un’altra attività che Mariagrazia svolge con passione, sempre nell’ottica di avvicinarsi agli altri mettendoli a proprio agio, è l’apprendimento della l: il suo primo approccio con questa lingua risale a qualche anno fa, quando aveva frequentato un corso di breve durata senza ottenere risultati di rilievo; ora invece sta studiando quest’idioma molto più seriamente, con la speranza di riuscire un giorno a tradurre in LIS alcune favole, magari proprio quelle che è solita leggere ad alta voce ogni qualvolta presta servizio in biblioteca come lettrice volontaria per bambini da zero a sei anni.
Naturalmente, convivendo con Parky bisogna anche occuparsi di lui: a questo servono le lezioni di ginnastica, alle quali Mariagrazia partecipa insieme ad altre persone affette dalla sua stessa malattia, ma anche le numerose iniziative di aggregazione e sensibilizzazione organizzate dall’Associazione Parkinsoniani Asti (A.P.A.), nel cui Direttivo l’insegnante opera da circa un anno.
Come molte donne della sua età, Mariagrazia Audenino è moglie e madre, pertanto non può (e neppure vuole!) sottrarsi ai doveri connessi a questo ruolo, soprattutto considerando che la famiglia è stata ed è ancora oggi la sua più grande fonte di energia e il suo maggior sostegno nella lotta contro il Parkinson. Perciò di momenti liberi gliene rimangono davvero pochi, eppure il tempo per dedicarsi al suo hobby preferito, la pittura su stoffa, non manca mai; così una semplice maglietta bianca si trasforma, ad esempio, in uno sgargiante mazzo di tulipani rossi (simbolo del vero amore e del Parkinson) che fa bella mostra di sé sulla bancarella di un mercatino benefico, pronto per essere venduto a chiunque voglia dare e ricevere un po’ d’amore, oltre che un caloroso sorriso.
Se siete arrivati fin qui nella lettura, avrete senz’altro capito che la protagonista di questa storia è una donna positiva, solare e generosa che trova la sua felicità (e la sua forza) nel rendere felici gli altri senza chiedere nulla in cambio. Badate bene però, il sorriso che Mariagrazia ha sempre stampato sul volto non fa di lei una donna bionica, invincibile o infallibile: a volte dietro alla maschera da clown si nascondono paure, fragilità e debolezze, anche legate alla presenza molesta di Parky; questi momenti di stanchezza e sconforto, nei quali verrebbe voglia di piangere piuttosto che di sorridere, vanno accettati e superati senza vergogna, cercando sostegno nei familiari e negli amici. Ecco perché è importante spiegare a quante più persone possibile, soprattutto ai giovani, i sintomi e gli effetti del morbo di Parkinson; in questo modo sarà più facile per loro entrare in empatia con i malati, capirne i comportamenti, le difficoltà e le esigenze e aiutarli a ritrovare il sorriso.
Già, il sorriso, un’arma a disposizione di tutti, innocua e tuttavia molto potente, che permette di sconfiggere (o quantomeno di ammansire) draghetti e serpentelli, ma che troppo spesso rimane inutilizzata, sepolta sotto una coltre di orgoglio e false dimostrazioni di forza. Ecco dunque il mio augurio per le imminenti festività natalizie: che ciascuno di noi voglia approfittare della magia di questi giorni per diventare un nuovo Patch Adams o una nuova Dolcina, riscoprendo il valore e la potenza di un sorriso, sia donato che ricevuto.