Come molti di voi sapranno, dal 1° febbraio al 3 giugno 2018 il MUDEC-Museo delle Culture di Milano ospita la mostra “Frida. Oltre il mito”, interamente dedicata alla celebre artista messicana Frida Kahlo (1907 – 1954). È ormai risaputo che Frida Kahlo era affetta da spina bifida e che dal 1925 le sue condizioni fisiche peggiorarono per i postumi di un incidente occorsole mentre rientrava a casa in autobus; paradossalmente fu proprio quest’evento drammatico, che la costrinse a rimanere per lungo tempo immobile a letto, a portarla verso la sua arte, per la quale oggi è conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.
La vicenda personale di questa grande pittrice mi ricorda un po’ quella di Clara Woods, la dodicenne fiorentina protagonista di quest’articolo. Clara nasce il 10 marzo 2006, dopo una gravidanza e un parto assolutamente normali, senza alcun tipo di complicazione; sin dai primi mesi di vita però, è evidente che qualcosa non quadra: la bambina tiene sempre le manine chiuse a pugno, non riesce a stare seduta autonomamente e all’età di sette mesi non accenna ancora a gattonare. I pediatri minimizzano, dicono che non c’è niente di allarmante, ogni bambino ha i suoi tempi; tuttavia, mamma Betina e papà Carlo sono preoccupati, anche perché una sorellastra di Clara è affetta da atrofia muscolare, così decidono di sottoporre la piccola a esami più approfonditi.
Da questi ulteriori accertamenti emerge che un ictus ha colpito Clara mentre era ancora nel grembo materno, causandole una malformazione cerebrale gravissima (alcune parti del suo cervello sono addirittura inesistenti) e un’emiparesi al lato destro del corpo. Il percorso riabilitativo inizia quando la bambina ha circa un anno e prosegue ancora oggi. Sin dal principio Clara risponde molto bene ai trattamenti, non si tira mai indietro, è sempre solare, positiva e propositiva: infatti, pur non riuscendo a parlare, trova comunque il modo di esprimersi e di far capire ciò che vuole; con il tempo sviluppa un linguaggio dei segni tutto suo (nel quale, per esempio, il cinema è un cerchio tracciato in aria), che ora sta imparando ad affiancare alla più convenzionale lingua dei segni italiana (LIS) e che le permette di interagire abbastanza facilmente con i familiari e le persone a lei più vicine.
Purtroppo la situazione si complica quando Clara inizia la prima elementare e si scopre che non è in grado né di leggere né di scrivere; inutile negarlo, qui la disabilità emerge in tutta la sua gravità e rischia di “tagliare fuori” la bimba dal resto del mondo. Se attualmente questo rischio è ridotto al minimo, è soltanto perché la bambina viene seguita molto bene sia a casa che a scuola e viene stimolata continuamente a ricercare la propria indipendenza e autonomia sfruttando al massimo le sue potenzialità e le sue capacità residue. Per fortuna siamo nel Terzo Millennio e la tecnologia può aiutarla a colmare almeno in parte i suoi deficit (ad esempio, uno smartphone o un tablet dotati di assistente vocale le consentono di leggere autonomamente un testo scritto), tuttavia sarebbe auspicabile che Clara riuscisse a sviluppare un modo più rapido e “universale” per interagire con il mondo esterno e condividere idee, pensieri ed emozioni.
Mentre i suoi genitori e il fratellino spingono instancabilmente in questa direzione, prestandosi a fare da traduttori all’occorrenza, Clara svela la propria personalità attraverso i suoi dipinti, come una moderna Frida Kahlo. L’artista messicana, che ha conosciuto grazie a un libro illustrato ricevuto in dono dalla mamma, rappresenta per lei un modello da imitare, non tanto nello stile pittorico quanto piuttosto nel servirsi dell’arte per superare i limiti derivanti dalla sua condizione e presentarsi al mondo nella maniera che le è più congeniale.
Proprio per seguire le orme della sua beniamina, Clara sogna di realizzare una mostra personale a New York; considerata la giovane età di questa ragazza, che ha ancora tutta la vita davanti, l’idea non è da scartare, anzi bisogna promuoverla e sperare che un giorno (meglio se non troppo lontano) possa concretizzarsi. Intanto si comincia tentando di smentire il famoso detto “Nemo propheta in patria” (Nessuno è profeta in patria, ovvero nessuno riesce ad emergere e farsi apprezzare in ambienti a lui familiari); proprio questo è lo scopo della prima mostra di Clara, inaugurata il 9 marzo scorso presso la pasticceria Tuttobene di Campi Bisenzio (FI), che si trova a pochi chilometri da Calenzano, dove la famiglia Woods risiede.
Per quest’esposizione, che sarà aperta al pubblico fino al prossimo 30 marzo, la nostra pittrice in erba ha scelto quindici quadri, quelli che probabilmente la rappresentano di più, ma ovviamente la sua produzione, seppur ancora limitata (Clara ha iniziato a dedicarsi seriamente alla pittura solo nel 2015), non si esaurisce qui; infatti sul suo sito web, on line da pochi giorni, è possibile ammirare (e acquistare) anche altre opere di questa giovane promessa dell’arte. Nel portale, redatto principalmente in inglese, ma con alcuni testi in italiano, ampio spazio è riservato alla storia di Clara e all’attenzione mediatica che ha ricevuto negli ultimi mesi; se dopo la chiusura della mostra tale attenzione rimarrà alta e se il talento artistico di questa ragazza riuscirà a varcare i confini italiani, sarà indubbiamente anche merito dei social network, che spesso sono in grado di annullare le distanze e le barriere, permettendoci di entrare in contatto con mondi nuovi attraverso pochi click. Ecco perché desidero terminare quest’articolo segnalandovi la pagina Facebook e l’account Instagram che sono stati creati proprio per consentire a Clara e alle sue “parole a colori” di viaggiare liberamente e senza limiti, raggiungendo e rallegrando i cuori di quante più persone possibile.