Siamo esseri inadatti. Inadatti perché non adattati all’ambiente. A differenza degli squali che dall’alba dei tempi dominano gli oceani o dei coccodrilli che hanno deriso l’estinzione e dall’alto del loro apice evoluzionistico ci ricordano quanto siamo imperfetti. Per non estinguerci abbiamo dovuto sviluppare il pensiero alienato, l’astrazione, siamo stati costretti ad interrogarci sull’IDEA che regge il processo della vita. Ci siamo scontrati, quindi, con la brutalità dei meccanismi naturali e con la normalità della morte come logica conseguenza della nascita. Abbiamo adattato l’ambiente per colmare la nostra deficienza, quello scarto fra l’ecumene e la nostra scarsa attitudine alla sopravvivenza.
Il coronavirus ci ha rimesso coi piedi per terra, ci ha ricordato che non siamo inestinguibili, che siamo i più a rischio fra gli abitanti del pianeta. Ha alzato il tappeto sotto cui avevamo nascosto troppa polvere ed in mezzo a quella sporcizia si è diffuso, nutrito e ingrassato.
Andrà tutto bene, perché fra tutti coloro che hanno inaridito le proprie menti nella pigrizia del benessere, ci sarà qualcuno che al contrario si sarà coltivato, che avrà seguito la sua naturale vocazione ad evolversi, nutrendosi con ciò che altri prima di lui hanno seminato e raccolto. Si troverà un rimedio. Si sconvolgerà lo scorrere naturale della storia e la si adatterà per l’ennesima volta all’uomo, salvandolo dall’estinzione.
E dopo la salvezza, la maggior parte di noi tornerà ad adagiarsi nel proprio ego e molti accuseranno quei pochi cui dobbiamo la sopravvivenza: li accuseranno di volerci avvelenare per ingrassare le case farmaceutiche, li additeranno come eretici che vogliono sostituirsi a Dio, voteranno perché alla cultura vengano dati meno poteri e si annulleranno in una vita da schiavi per una domenica di campionato.
Lasceranno che altri pensino al loro posto, che suggeriscano loro cosa dire e si accontenteranno di dati fallaci, di realtà mistificate e di storia distorta. Non indagheranno, non faranno critica e sacrificheranno le proprie vite all’inconsistente voluttà di un’odio controllato e saranno l’eco di altri uomini che avrebbero dovuto estinguersi.
Porteranno sulle tombe dei fratelli di Galileo, i fiori dell’irriconoscente arroganza e si ubriacheranno di quel profumo che annebbia le menti.
Le verità saranno verticali, verranno calate dall’alto perché la forza di gravità non costa fatica alcuna. In questo il loro “sapere” (in caduta libera) sarà destinato ad accumularsi come sporcizia sul pavimento monotono del neo-terrapiattismo di una scienza “social”-popolare.
Saranno altri, pochi e più adatti, ad affidarsi ad un pensiero orizzontale e circolare: un moto di evoluzione inarrestabile, in cui ogni idea ha lo stesso valore e merita il medesimo rispetto delle altre (orizzontale) in un meccanismo acritico (cioè non legato a sovrastrutture culturali) di valutazione, arricchendosi di altre idee e spogliandosi dell’inessenziale per divenire vortice di energia inesauribile (circolare).
E saranno sempre i Socrate, quelli che preferiscono morire che vivere tradendo il proprio pensiero, a salvarci ancora. Il Covid-19 ce lo sussurra ogni giorno, non lo canta dai balconi: torniamo a coltivarci, con umiltà e senza pigrizia.