Lo scorso mese, per iniziare l’anno con il piede giusto, ho raccontato ai miei lettori una storia tutta gambe e cuore, quella di un ciclista che è riuscito a rimontare in sella dopo un gravissimo incidente, trasformandosi poi in paraciclista. Tanto per non smentirmi, anche la storia che sto per raccontarvi adesso ha per protagonisti due gambe, un cuore e due ruote, tutti coinvolti in un incidente, ma questa volta le gambe e il cuore sono quelli di un centauro mentre le ruote sono quelle di una motocicletta, precisamente di una Ducati.
Il centauro che vi farò conoscere oggi si chiama Emiliano Malagoli, ha quarant’anni ed è originario di Montecarlo (quella “de noantri”, in provincia di Lucca), sebbene attualmente viva sul lago di Bracciano, nei pressi di Roma.
Era il 30 luglio 2011, una calda sera d’estate; dopo aver lavorato tutto il giorno nella ditta di autoservizi di cui era contitolare insieme al padre, Emiliano stava rincasando in sella alla sua moto, quando improvvisamente (forse per stanchezza o per distrazione) perse il controllo del mezzo, andando a impattare contro un cartello stradale e finendo quindi in un fossato. Mentre era disteso a terra, il motociclista non si rendeva conto della gravità delle sue condizioni, sapeva soltanto di non poter muovere la parte inferiore del corpo, dalla vita in giù, e di avere un disperato bisogno d’ossigeno. La prima persona a giungere sul luogo dell’incidente, ancora ignara dell’accaduto, fu sua figlia maggiore, allora quattordicenne, la quale fece la raccapricciante scoperta di una gamba appoggiata sulla strada; suo malgrado, la ragazza non tardò a capire che quella gamba apparteneva al padre, che giaceva riverso in un dirupo a qualche metro di distanza. Poi la corsa in ospedale, l’intervento chirurgico per fermare l’emorragia e amputare l’arto sotto al ginocchio, il risveglio e la felicità di esserci ancora, il ricovero lungo sei mesi e altre quindici operazioni per ricostruire la gamba rimasta (la sinistra), che si era spappolata a seguito dell’incontro ravvicinato con il segnale stradale: queste, in estrema sintesi, le tappe del viaggio che ha permesso a Emiliano di rinascere a vita nuova dopo aver visto la morte in faccia.
Ogni istante di questo viaggio non programmato e certamente non desiderato, è stato vissuto con serenità e forza d’animo, perché in fondo l’obbiettivo era uno solo: concluderlo così come era iniziato, in sella ad una moto! “Sin dai primi giorni dopo l’incidente, ho sempre detto di voler risalire in moto” – spiega il pilota toscano – “anche se l’idea di guidare su strada mi faceva paura; probabilmente all’inizio ero l’unico a crederci, ma si trattava di una scommessa con me stesso: la passione era troppo grande, non potevo mollare tutto così, inoltre volevo tranquillizzare le mie figlie, dimostrando loro che non era cambiato niente, che ero il babbo di prima”.
Ecco perché Emiliano ce l’ha messa tutta e subito dopo aver ripreso a camminare grazie ad una protesi “da passeggio”, ha interpellato i suoi ortopedici affinché gliene costruissero una “da gara”, più corta e molto più aperta posteriormente, tale da consentirgli di piegare la gamba a 180°; per proteggere la gamba sinistra ed evitare di comprometterla ulteriormente in caso di cadute, si è inoltre pensato all’utilizzo di un apposito tutore. Naturalmente occorreva modificare anche il mezzo, per adattarlo alla nuova condizione fisica del conducente e far sì che potesse guidarlo in sicurezza e senza troppe difficoltà; così, il freno posteriore è stato spostato sul manubrio (dove è possibile azionarlo manualmente), mentre un perno creato ad hoc sulla pedana destra entra nei fori praticati nello stivale, permettendo a Emiliano di ancorare saldamente il piede alla moto, ma anche di sganciarlo velocemente qualora si senta cadere.
Grazie a questi piccoli accorgimenti, un sogno è diventato realtà e a soli quattrocento giorni da quel drammatico incidente il centauro di Montecarlo è tornato a gareggiare al Mugello insieme ai piloti normodotati; come racconta lui stesso, rientrare in pista gli ha dato un’emozione fortissima, seconda soltanto a quella regalatagli dalla nascita delle figlie: “L’ultimo giro l’ho fatto piangendo dentro al casco” – ammette senza vergogna.
Dopo aver conquistato questo grande traguardo, Emiliano avrebbe potuto tenerlo per sé e continuare a competere con i suoi “colleghi” normodotati esattamente come prima, ma fortunatamente, la sera di quel 30 luglio 2011, in cambio di una gamba il destino gli ha dato una testa e un cuore nuovi: ogni giorno sorride alla vita, ringraziandola per avergli offerto una seconda chance e perché attraverso una perdita gli ha fatto scoprire di possedere risorse che da normodotato non immaginava nemmeno di avere; essere finalmente consapevole delle proprie forze e delle proprie potenzialità l’ha reso un uomo più felice e un pilota migliore, perciò ora è desideroso di condividere questa felicità con altre persone che, trovandosi a vivere in condizioni fisiche simili alle sue, non sanno bene come fare per riprendere in mano la propria vita e continuare a inseguire i propri sogni.
Una rapida ricerca sul web gli è sufficiente per rendersi conto che in Italia non esistono associazioni o movimenti che diano ai centauri disabili l’opportunità di vivere la loro passione, né tantomeno autoscuole che possiedano una moto multiadattata sulla quale i disabili possano impratichirsi e sostenere l’esame per il conseguimento della patente AS. L’unico motociclista disabile che Emiliano incontra sul web è Matteo Baraldi da Sirmione (BS), che il 6 settembre 1999, mentre era alla guida della sua moto, ha trovato sul suo percorso un guardrail deformato, rivolto come una lama verso la carreggiata: un’arma micidiale gli ha tranciato di netto il braccio destro all’altezza del terzo superiore dell’omero, ma che non ha minimamente scalfito il suo cuore di centauro. Dopo averlo conosciuto e aver scoperto che ha la sua stessa grinta e la sua stessa passione, Emiliano lo coinvolge subito nel progetto di aiutare altri ragazzi disabili, non esclusivamente amputati, a salire (o più spesso a risalire) in sella; ben presto si unisce a loro Chiara Valentini, pluricampionessa di motociclismo su pista, che vuole rimettersi in gioco dopo qualche anno di assenza dai circuiti e accetta con entusiasmo di prendere parte a quest’avventura.
Così, a gennaio 2013, nasce l’associazione Di. Di. Diversamente Disabili, una ONLUS che si pone l’obbiettivo di promuovere la pratica sportiva quale elemento di socializzazione e recupero per giovani disabili. Le principali attività che impegnano l’associazione sono: il Progetto Patenti AS, realizzato in collaborazione con Automobile Club d’Italia – ACI Roma, per consentire a tutti i disabili che lo desiderano di ottenere o riottenere la patente A speciale frequentando un corso teorico-pratico di due giorni e sostenendo quindi l’esame di guida su una delle quattro moto multiadattate disponibili; la gestione di una Scuola Guida itinerante che propone corsi di guida su pista (livello base o avanzato), offrendo ai partecipanti la possibilità di noleggiare moto adattate e abbigliamento tecnico (nel 2016 il primo appuntamento con questi corsi, denominati “Learn & Try”, è previsto per venerdì 8 aprile sul circuito “Tazio Nuvolari” di Cervesina, in provincia di Pavia); l’organizzazione di incontri di educazione stradale nelle scuole, durante i quali Emiliano Malagoli, presidente dell’associazione, racconta agli studenti la sua storia, cercando da un lato di far loro capire l’importanza di una guida sicura e dall’altro di incoraggiarli ad affrontare positivamente e senza mai abbattersi le piccole o grandi difficoltà quotidiane; il “Di. Di. Day”, svoltosi per la prima volta il 21 aprile 2014 presso l’autodromo di Vallelunga (RM) e nuovamente in calendario per il prossimo 28 marzo nella stessa location, che vuole offrire ai disabili fisici e/o sensoriali appassionati delle due ruote l’opportunità di trascorrere una Pasquetta ad alta concentrazione di adrenalina.
Nell’ambito di questa manifestazione, alla quale ci si può iscrivere gratuitamente compilando il modulo disponibile sul sito dell’associazione, i partecipanti avranno l’opportunità di ammirare da vicino la “Di.Di. Bike”, ovvero il primo prototipo di moto per persone paraplegiche o con problemi agli arti inferiori, realizzata in collaborazione con Honda Italia, HandyTech e Ortopedica Mancini; si tratta di un motociclo che ha tutti i comandi sul manubrio ed è dotato di rotelline posteriori che, alzandosi e abbassandosi come il carrello di un aereo, consentono al pilota di mantenere l’equilibrio da fermo. Ma il “Di. Di. Day” è pensato soprattutto per coloro che, pur essendo impossibilitati a guidare autonomamente a causa del loro handicap, non vogliono rinunciare a sentire il vento in faccia: in quest’occasione, essi avranno modo di farlo entrando in pista a bordo delle moto biposto messe a disposizione da Honda Italia, che verranno guidate da piloti professionisti e da alcuni campioni del “Team Di. Di. Diversamente Disabili”.
Il “Team Di. Di. Diversamente Disabili” conta attualmente una quarantina di piloti, in gran parte artolesi o portatori di protesi, che vogliono vivere la loro passione per la moto a 360° e non temono la competizione, nemmeno se si tratta di sfidare i normodotati. Sin dagli esordi, il team partecipa alla “Bridgestone Champions Challenge” gareggiando fianco a fianco con piloti normodotati e concorrendo sia nella classifica generale, sia in una classifica che potremmo definire “di categoria” e che permette al miglior pilota disabile in gara di aggiudicarsi il “Di. Di. Trophy”. Spetta inoltre ai piloti del team fare gli onori di casa nella “Dream World Bridgestone Cup”, ideata proprio dalla ONLUS Di. Di. Diversamente Disabili, che si caratterizza per essere l’unica gara internazionale riservata esclusivamente a motociclisti disabili; la classifica finale di questa competizione (che fino ad oggi si è sempre svolta in Italia, sui circuiti di Vallelunga o del Mugello, e alla quale prendono parte diversi piloti stranieri, giungendo addirittura dall’Australia e dalla Nuova Zelanda) viene stilata applicando ai tempi ottenuti in pista dei coefficienti di disabilità, proprio come avviene per tutte le discipline sportive paralimpiche.
A proposito di Paralimpiadi, è doveroso precisare che i motociclisti del “Team Di. Di. Diversamente Disabili” non saranno presenti all’appuntamento settembrino di Rio de Janeiro, poiché a tutt’oggi il motociclismo paralimpico non rientra tra gli sport ufficialmente ammessi dal Comitato Paralimpico Italiano (CIP) a partecipare ai Giochi; secondo gli addetti ai lavori, questo riconoscimento potrebbe arrivare a breve ed è proprio in questa prospettiva che nel novembre scorso si è costituita la Federazione Italiana Motociclismo Paralimpico (FIMPAR), la cui nascita è stata resa possibile dalla sinergia tra Di. Di. Diversamente Disabili ONLUS, FMI – Federazione Motociclistica Italiana e ACI – Automobile Club di Roma. L’intento della FIMPAR è quello di rappresentare le particolari esigenze dei piloti disabili, sempre più numerosi, presso le sedi competenti e di collaborare con le istituzioni affinché vengano emanate norme precise a tutela della categoria, soprattutto in tema di sicurezza.
La nascita di questa federazione rappresenta una pietra miliare nella storia di Di. Di. Diversamente Disabili e del motociclismo in genere, oltre ad essere una testimonianza lampante dei grandi passi compiuti dal sodalizio in soli tre anni di vita, tuttavia non è che un punto di partenza per giungere a nuovi traguardi ed esplorare nuovi orizzonti, spostando l’asticella sempre un po’ più in là; tra i buoni propositi per il 2016 i “Di. Di.” (come sono soliti chiamarsi in forma breve e simpatica!) hanno quello di diventare un riferimento per i disabili italiani che vogliono avvicinarsi o riavvicinarsi alla moto, ma anche di affermare la loro presenza all’estero: non a caso stanno prendendo accordi per disputare una gara nel famoso “Red Bull Ring” di Spielberg, in Austria.
Nella certezza che riusciranno a “sconfinare” senza troppe difficoltà e che dopo aver centrato quest’obbiettivo punteranno ancora più in alto, contribuendo con il loro esempio a dimostrare (qualora ce ne fosse bisogno) che “disabile” e “sfigato” non sono sinonimi, noi di NordestNews vogliamo incoraggiare questi centauri un po’ speciali (ma anche le tantissime persone che ogni giorno affrontano con dignità e coraggio le sfide della vita) con il loro stesso motto: NEVER GIVE UP!, ovvero, come si dice qui in Friuli, MAI MOLÀ!