Era giugno di quest’anno. I primi caldi e le lunghe giornate di luce preannunciavano un’estate di riscatto rispetto a quella piovosa e muffosa precedente. La voglia di sgambettare all’aria aperta era tanta, e già mille programmi su dove – andremo – cosa – faremo frullavano in testa. Poi, si sa, si fasarâ ce che si rivarâ e ce che Diu al vûl. L’importante è mantenere la progettualità, il desiderio di pensare al domani e di riempirlo con i nostri sogni.
L’inizio di una nuova stagione – anzi, della bella stagione – dà uno scossone positivo alle nostre energie e mobilita, se possibile, ancor di più la nostra fantasia, infittendo le note e i desiderata in agenda, sezione svago.
Eh, sì, è ora di ammetterlo: la nostra agenda ha una “sezione svago, divertimenti e tempo libero”!. Il più delle volte viene compilata per pura consolazione e con la quasi assoluta certezza che le esigenze quotidiane o un umanissimo ko tecnico manderanno a monte ogni programma. Ogni tanto, però, la vinciamo noi e ce la toviamo!
Dulâ vustu tovâ in giugno??? Imbarazzo della scelta, in giugno! …e, siccome il nostro cammino anagrafico va verso quella che si definisce età “matura” (?!), ci piace riscoprire la tradizione, le peculiarità e usanze dei luoghi, i santi del calendario! San Pietro e la ciliegia duracina, allora! Tarcento, what else? Non tanto per la sagra, gli stand, per ciò che di ottimo si può mangjâ e bevi – motivazioni sempreverdi – quanto per respirare a fondo l’entusiasmo di chi nelle sagre presta la sua opera in maniera liberale e appassionata. Lavorare gratis è, giuridicamente, una contraddizione di termini, in sagra è un dato di fatto: la ricompensa allo sforzo congiunto è la remunerazione, una moneta con alto valore simbolico, preziosa e mai svalutabile.
Ecco, allora, che in zona festeggiamenti della nostra mitica “Perla del Friuli”, giovani e adulti si davano da fare senza posa perché gli ospiti stessero bene e si portassero a casa un bel ricordo e l’ intenzione di ritornare. Noi eravamo fra questi ultimi e,oltre al nodo al fazzoletto con un “o tornarìn”, abbiamo anche a cuore di far da cassa di risonanza ad una iniziativa che, in particolare, ci siamo goduti un grum e che vorremmo, nel nostro piccolo, contribuire a diffondere.
E qui ci sarà il “e mi pareva, a me, che al mancjava alc!!!!”.
Ehm, un po’, ormai, ci si conosce, no?! Allora nessun si stupirà se l’iniziativa suddetta è….una bella cjaminada su pes culinis di Tarcint!!!
Il Biel Lâ è sempre un vivere i luoghi attraversandoli semplicemente con il proprio corpo, dotato di due scarpe o qualsiasi altro strumento che aiuti ad avanzare. Fortemente raccomandati anche: occhi aperti, nari aperte, orecchie per ascoltare chi si incontra per strada, cuore per lasciarsi impressionare come le vecchie Kodak di quel remoto Paleotecnozoico in cui il click della macchina fotografica (non fotocamera) era reale! Non importa quanta distanza si percorre – possono essere i chilometri di una marcialonga o i cuatri pàs fatti in un piccolo borgo; quel che è per noi sempre magico e avvincente è essere fisicamente lì, là, lavìa insòmp, reali nel reale, a vedere con i propri coni e bastoncelli colori non corretti da un software ma solo modulati dai raggi di soreli che quel giorno ci piovono in testa e ammantano le cose. Ce grant plasê immergersi nel vero; ci perdoneranno, benevoli, i filosofi che, leggendo per puro caso queste righe, avranno di che ribattere al concetto di “Vero”. Noi, al momento, ci ripariamo…dietro alla lettera minuscola e rimandiamo ad altro momento riflessioni più profonde.
Torniamo a Tarcento, anzi, da lì siam partiti, in quella domenica di metà giugno scorso.
Perché raccontarVi proprio ora un’esperienza che, malinconicamente, riproietta tutti all’inizio estate, mentre i nostri attuali passi vanno verso settembre e le sue atmosfere invariabilmente pre – autunnali?
Forse l’intento è rasserenare, con racconti e ricordi di sole, un attuale cielo sglonf di nui e di ploa…umilmente parlando, s’intende.
Forse è richiamare l’immagine del nostro Friuli – verde, verdissimo nonostante un luglio/agosto roventi e secchi – rispecchiandolo in una piccola statuina, scovata proprio biel lant, immersa anche lei nel verde abbacinante di una sorta di piccolo Eden nostrano.
Una Pietà, una Madonuta che e ten in grim chel Sô Puar Fî copât cencia colpa.
(Continua nella puntata numero sessanta).