Quante volte molti di noi avranno fatto una puntatine ad Attimis (UD), tra fine giugno e inizio luglio, a far scorpacciata di fragole e lamponi, in occasione della ben nota e omonima sagra! Da alcuni anni a questa parte, la Pro Loco offre anche la possibilità di conoscere il territorio non solo tramite papille gustative riconoscenti ma anche a piduline: basta iscriversi, pagare una minima quota e si viene accompagnati da guide esperte lungo uno dei due sentieri storico – naturalistici pensati per visitare boschi e castelli. Eh, sì, perché di questo, fondamentalmente, si tratta: di una full immersion nel Medioevo, quando le colline della zona ospitavano, ognuna sul proprio cocuzzolo, un edificio fortificato con tanto di cinta muraria e torrione difensivo. Atmosfera da anno Mille, realisticamente respirabile ancor adesso, con poca fatica delle gambe ma impatto immediato dal punto di vista emozionale.
E se ci si è lasciati sfuggire la sagra, magari attratti da qualche altra meraviglia del nestri Friûl?! Nia pora – come dice Ligabue – c’è, in un altro fine settimana di inizio estate, la marcialonga non competitiva con partenza dalla frazione di Racchiuso e con percorsi che toccano anche le millenarie strutture, in una esperienza composita e ricca. Essa unisce, infatti, il piacere del camminare insieme, la visita a borghi antichi, il trovarsi tra ameni e dolci pendii, il lambire la zona mistica di Borgo Faris con le Clarisse e il loro imponente e silenzioso monastero, nonché i loro orti terrazzati e il vivace ronzio di una nutrita popolazione di api. Il tutto arricchito dalla convivialità finale di una croccante grigliata e un bon bevi, perché da queste parti la vite felicemente disseta la Furlanìa!
Niente marcialonga, dite? Andateci par vuestri cont, allora, a cercar castelli, anzi: andate mirati e intenzionati a visitarne, per il momento, uno solo: quello di Partistagno. Una telefonata al Museo di Attimis vi illuminerà su date e orari ma, indicativamente, per un paio di domeniche al mese sappiate che c’è la possibilità di visitarlo, da fuori e da dentro, in autonomia o con una brava guida compresa nei pochi euro del biglietto. Però andateci e, se avete bambini, ammantate l’occasione della visita con qualche fiaba verosimile: accrescerete il loro piacere nel momento in cui ai loro occhi si svelerà il maniero!
Il riferimento è sempre Borgo Faris di Attimis, percorso in tutta la sua lunghezza. Capolinea è ancora una volta il monastero delle Clarisse; da lì risolvetevi a parcheggiare il vostro fedele destriero quadricilindrico e proseguire a piedi per una ventina di minuti lungo la stradina bianca che si insinua nel bosco. Dal convento, se alzate lo sguardo, vedete occhieggiare il castello da una collina limitrofa: appare davvero piccolo e piuttosto in alto, ma non scoraggiatevi: è una sorta di “miraggio all’incontrario”, quasi una strategia difensiva o un’illusione ottica, fatta apposta per scoraggiare il nemico che avanza. Noi, però, veniamo in pace e con intenti costruttivi e conoscitivi: il nostro incedere sarà agevole e ogni passo richiamerà il successivo con facilità e poco fiatone, vedrete! Se, però, non siete granchè in forma o se avete ospiti non in grado di affrontare la camminata, allora rimettete pure in moto il ronzinante e, proseguendo adagio, percorrete il tratto fino a trovarvi ai piedi del castello tanto ambìto.
Partistagno, finalmente siamo arrivati, finalmente ti possiamo vedere e ammirare da vicino! Per quanti anni ti scorgevamo in lontananza, magari illuminato da potenti fari di luce aranciata che esaltavano il tuo mastio massiccio; per quanti anni ti vedevamo con quella gru da cantiere che ti lavorava e cercava di rimetterti in piedi, lasciando a noi, distanti, l’interrogativo: riusciranno a riportarti in vita? Ci sarà la maestrìa necessaria per farlo? Ci saranno sufficienti danari? Evidentemente sì, dato che ora lui – il castello – c’è e spalanca le sue porte al visitatore emozionato. Lo fa ammiccando soprattutto a chi, come noi, lo ha sempre tenuto d’occhio con quel tanto di apprensione che non dava la certezza di un giorno come questo: il giorno della visita a chi ha recuperato la salute, il giorno più importante che ci sia!
Partistagno risorto e rimesso in piedi, que viva! Ci sono,di certo, lavori ancora da portare a termine; la manutenzione e l’assistenza dovranno essere costanti, altrimenti gli sforzi fatti sinora saranno vani; il castello, per vivere, dovrà essere vissuto – e non è un gioco di parole – cioè doprât, abitato, usato, impiegato dalle persone che ne apriranno le finestre per farlo respirare, ne puliranno i pavimenti, ci faranno conferenze e feste o anche seriosi e severi convegni, lo riscalderanno con il proprio cuore e il proprio affetto, gli faranno, per così dire, costanti trasfusioni di spirito vitale.
Solo così Partistagno potrà campare a lungo, salvi imprevisti assalti e attacchi con la catapulta e l’ariete di redivivi barbari degli anni Tremila (sperìn di no!).
Continua nella prossima puntata il viaggio alla scoperta del castello.