A ben guardare, le statuine che sbucano fuori da tutta quella verzura son due! La prima Vi è nota in quanto pubblicata con la puntata cinquantanove; la seconda, invece? Un puar Crist con un cuore grande così…ma, cosa ci fa, lì, semimimetizzato da una vegetazione a dir poco…ridondante?!??
Quant’è bello, però, lasciarsi cogliere dalla sorpresa e dallo stupore: mai avremmo immaginato una collocazione così…new age di due Volti così noti ai più!
In genere gli abitanti dei giardini sono ancora – specie in qualche casa anni Sessanta o Settanta – Biancaneve e l’allegra brigata dei Nani (questi ultimi in numero variabile), messi lì a contendersi il territorio con qualche maxi amanita di gesso o un Bambi dallo sguardo inebetito…
Per quanto riguarda ambienti più estesi come prati o parchi simili a quello da noi costeggiato durante la marcialonga di Tarcento, che dire? Può capitare di imbattersi in bambi in carne ed ossa, al più. Altro, no. In contesti come quello in questione, cioè in un prato relativamente lontano dal centro abitato e circondato da boschetti e selva selvaggia, ci potevamo aspettare al massimo un busto commemorativo o un cippo per ricordare il sacrificio di qualche Combattente del secolo scorso. Ma Gesù e Maria, no!
Eppure c’erano. Imboscati letteralmente ma c’erano. Subito varie ipotesi ed elucubrazioni sul perché lì – chissà chi – forse un fioretto o un voto – mah. Poi ci siamo resi conto che, in fondo, non è tanto importante ricostruire la storia vera dell’insediamento delle due statuette platadis in un prato un po’ spettinato e appartato, quanto chiederci cosa quella presenza significasse per noi, colti in contropiede e svegliati dal torpore di quella distrazione così tipica dell’Uomo Contemporaneo, fatta di troppi stimoli e di poca loro persistenza nella memoria.
Fede o non fede, un filo d’erba contiene l’Infinito, ecco il messaggio!
Il semplice, l’apparentemente scontato e banale sono lo scrigno della Bellezza, della Perfezione! Il problema è la nostra grande miopia che ci allontana, solitamente, da una buona visione delle cose.
A meno che non sbuchi Gesummaria tra un frôs e chel altri, come era successo a noi camminando tra le campagne e le colline del tarcentino in una assolata domenica mattina di giugno.
Quell’incontro è stato una doccia fredda filosofica, se così si può dire: un monito a riflettere, a non passare mai con scarponi troppo grossi e veloci sugli eventi della vita ma a calzare suole molli che quegli eventi li facciano percepire, sia nelle loro asperità sia nei loro tratti più dolci e soffici.
Chiamiamolo pure un quotidiano esercizio alla consapevolezza, al rìndisi cont.
Al vûl coràgjio: a volte sarebbe meno doloroso vedere solo l’erba, impermeabili a quei segni di Verità che essa porta con sé. A pensarci bene, però, non ci è data scelta. Se non ci sforziamo di cogliere la realtà, va a finire che viviamo in una bùfula e ci giochiamo un deleterio inganno. Rischiamo di veder cadere, prima o poi, il palco privato degli inganni e delle illusioni e – lì sì – farci cogliere impreparati e disarmati, con grave rischio crepe per il nostro equilibrio…di crèp.
Fu così che due pezzi di metallo nella forma della Pietà e del Sacro Cuore di Gesù, accampati tra le erbe alte, riuscirono a creare in noi quella sorta di depurativo scompiglio interno.
La miopia non è ancora insanabile, bon sègno.