Cjaminant verso Malga Coot, di tutto quell’acchiappa – acchiappa, in realtà, non avremmo dovuto meravigliarci. A far ben mente locale, riportiamo alla luce l’immagine che avevamo davanti già alla partenza, al parcheggio di Coritis. Lì, infatti, un legno bello dritto e impettito si distingueva dagli altri, sul limitar del bosco di latifoglie: era il palo della Croce di Cristo, con tanto di Puar Crist piciât. Soliti fiorellini e coroncine messi dalla devozione popolare lo agghindavano e gli davano un tocco di colore.
Quello che di Lui colpiva erano…le braccia.
Non le solite braccia con tendini, nervi e muscoli a fior di pelle, straziati dalla tensione del supplizio e con insopportabili codazzi conficcati nei palmi dalla eterna tristèria umana. Erano braccia speciali, quelle, letteralmente staccate dalla traversa del crocifisso e tese verso l’esterno. Buon Dio, un Cristo abbracciante!
Chi meglio di Lui poteva acchiapparci e darci una sburtaduta perché trovassimo la forza per farci un bel giretto in quel Suo lembo di Paradiso terrestre?!
Buon Dio, avevi ragione! Con un po’ di sacrificio per la salita si arrivava par di bòn a toccare il cielo con un dito! Beninteso, la Quota Massima Promessa non era da guinness dei primati, dato che si aggirava sui milleduecento – milletrecento metri sul livello del mare ma…chi l’ha detto che bisogna andar per forza in alto in alto, oltre il nido dell’aquila, per cantar le lodi del creato?!
Non era certo la prima volta che ci imbattevamo in immagini sacre.
In montagna crocifissi e statuine son molto frequenti, a cominciare dagli interessanti “pali della Passione” che danno il benvenuto appena ci si avvicina al perimetro di una malga, per continuare con il foro con la sagoma stilizzata della Croce che è così diffuso nel legno degli stavoli. Questo senza escludere sacre figure intagliate in qualche tronco o piccole ancone con Madonùtes recluse e pendenti da qualche albero lungo sentieri che si addentrano nei boschi di fresche conifere.
Quante preghiere avranno certamente raccolto quelle icone! La montagna è forte e sa essere fascinosa e generosa ma anche tremendamente inospitale e severa con l’uomo. Pericoli si addensano in ogni cjantòn: frane, cadute, fulmini, pendii troppo scoscesi, ghiaioni instabili, gelo e la forza dell’acqua nelle sue varie forme. Una mano protettrice sulle teste dei montanari e stâ simpri bèn.
Se, poi, si incontra un Crist a braccia tese, si cjàpa subita plui coragjio!
L’escursione verso Malga Coot si presentava sotto i migliori auspici, dunque. Vi era la ragionevole certezza che una ricompensa alle nostre fatiche l’avremmo ricevuta, una volta arrivati a destinazione. Avevamo chiaro in mente che, pur essendo alle prese con una passeggiata che non richiedeva preparazione atletica ma “solo” la fortuna di due gambe funzionanti, la vecchia lezione di vita concernente il piacere del conquistare con il proprio sforzo un traguardo si preannunciava già come la migliore delle ricompense.
A volte tendiamo a vivere nell’illusione che basti, ormai, fraccar un bottone perché lis robis e dovèntin. Quanto “sentimento del mondo” ci perdiamo, così facendo, Dio solo sa. Il senso, le fasi intermedie, la concatenazione degli eventi, i passaggi che portano dal pulsante al prodotto finito diventano sempre più sottintesi e impliciti. Noi, passivi, accettiamo acriticamente il risultato.
Capita, però, ogni tanto, di imbattersi in qualche Cristo abbracciante che, con amorevole pazienza, sospinge e incita a non mollare. Varrà ben la pena mettersi in gioco, infondo. Avanti tutta, dunque, verso la malga.