Sarà pure un vizio, ma una serie di coincidenze ci hanno spesso portato oltreTilimènt, con gran nostro gaudio. Sarà l’estate, la voglia di andare un po’ più in là rispetto al consueto orizzonte; sarà anche la classica dinamica in base alla quale ciò che cattura l’interesse ha sempre una certa distanza da noi, mentre i dintorni, più facili e a portata di mano, sono rimandati ad altra occasione. Sarà… che s i va!
Via in quel di Malnisio, poco più in là rispetto a Montereale Valcellina, provincia (si può pronunciare ancora, questa parola???) di Pordenone.
Tutto ben segnalato; bella e facile strada, viaggio agevole in tutti i periodi dell’anno, anche di gnot e con scûr di ploa…tant’è che, alla faccia della torrida stagione ora quasi al tramonto, nel dì di agosto da noi prescelto per la gita, piovvvvve che il Buon Dio la manda e fa un freddo degno del più uggioso novembre!
Pobèn, la scelta di una visita al chiuso ci mette al concreto riparo dai maggiori disagi; l’acquazzone battente, poi, ci dà quel campanilistico conforto di sentirci a casa, in Furlanìa, dove l’umido è la regola e il colore verde quasi perenne della natura è la logica e meravigliosa conseguenza!
Senza fevelâ massa dal timp, chiariamo subito che Malnisio era davvero un vecchio nodo al fazzoletto che chiedeva già da un pezzo di essere sciolto.
Intendiamoci: Malnisio, per noi, per antonomasia significa “Centrale idroelettrica e ora Museo Pitter, con annesso Immaginario scientifico”. Impedibile e raccomandato a tutte le età e con ogni umore: la magia del posto risolleva anche le lune più nere con una (ora solo metaforica) sferzata di energia!
Con piacere e un pizzico di stupore, il giorno dopo la nostra visita, al tiggì regionale del terzo canale Rai menzionano proprio la nostra meta, invitando caldamente ad andarci. Feedback mediatico casuale che ci fa pensare …al condizionale.
Ce biel sarès se la televisione desse ancora più spazio per raccontare tutto il nostro territorio, denso di forme culturali importanti e di pregi naturalistici interessanti ma non altisonanti né autoevidenti. Promozione e valorizzazione come moventi principali, certo, ma pensiamo anche a tutto quel numeroso – per nostra fortuna – pubblico di grandi anziani che non abbandonano cjasa e che riempiono le loro giornate distraendosi anche con la tivù. Quante volte dicono: “Non viôt, no rivi a lèi, mi strachi; no ài plui fuarcis par lavorâ come una volta…amancul o passi il timp cjalant la television!”. Poi, però aggiungono: “Ma e son nome stupidagjinis o robis brutis o pulìtichis che no si capìs nuia o, piês, a fevelin nome di copadòriis…”.
Sarebbe bello (ahi, il condizionale!) se dicessero che hanno visto in tivù posti che hanno già conosciuto, in cui hanno lavorato o gioito e passato bei momenti, luoghi, insomma, legati a ricordi ed esperienze fatte. Sarebbe come compiere nuovamente un viaggio, no? Senza contare che potrebbero vedere per la prima volta – pur se attraverso il vetro della scatola magica – paesi e panorami prima ignoti ma, simbolicamente, percepiti come parte del loro orizzonte, cioè la solita, benedèta, Piccola Patria.
La Centrale Pitter ci attende, cjala lì ce biel asiora di atris tìmps, così elegante ed armoniosa nelle forme e così curata nell’estetica: non si indugi oltre e si dia subito il via alla visita!
(continua nella puntata nr. sessantaquattro).