Un altro Natale è passato, la Befana ha spazzato via le ultime giornate di festa con un deciso colpo di manico e ramazza di saggina; l’aria nuova dell’anno appena nato sembra dar più coraggio ed energia. Di energia ce n’è bisogno, eccome, per affrontare le salite e le continue asperità del nostro cammino, individuale e collettivo.
Che abbiamo un credo o meno, ci confrontiamo inevitabilmente e in molteplici occasioni nella nostra vita con il motivo del “cammino”, con l’idea di un viaggio potenzialmente periglioso da intraprendere per arrivare, forse, ad una meta finale, imposta o ambita che sia. Biel lant si avanza, si lascia qualcosa alle proprie spalle e si volge la faccia puntando ad un “oltre”. Presto o tardi si giunge a un dunque, se ne trae conoscenza, valore, godimento e soddisfazione o se ne rimane delusi, ricordando con nostalgia che si stava meglio prima di partire o, addirittura, durante la marcia, quando la partita era ancora aperta e gli stimoli facevano sentire che si era quanto mai vivi, reattivi e vitali.
In ogni caso, se ne viene fuori e si è diversi. La cossa poiada su pa’ schena e je mancul vueida e tu tu sês plui vecjio. Il prezzo da pagare è (anche) questo: tempo di vita speso. A suon di viaggi si compone, dunque, questo nostro andare, viaggi come vaghi di collana che, l’uno dopo l’altro, costituiranno la nostra storia.
Nella rappresentazione di un viaggio, in particolare, ci si è imbattuti in queste settimane: quello di una antica coppia di Sposi, Lui piuttosto in là con gli anni, Lei piena di Grazia e in Dolce Attesa. Vanno in pace, con le migliori intenzioni, anche se il viaggio si rivela presto scomodo, faticoso, pericoloso, pieno di incognite e porte in faccia.
Quello, a ben guardare, è anche il viaggio di tanta altra Gente, solo apparentemente indistinta: ognuno di quegli uomini e di quelle donne è, infatti, caratterizzato dal suo bagaglio, dal suo mestiere, dalle sue ricchezze o povertà, dal suo sapere tratto dai libri o dalla terra. Addirittura si scorgono le reti di relazioni che ogni viandante porta con sè: c’è chi è ritratto in atto di gesticolare e conferire con altri più o meno numerosi e complici, chi si specchia a una fonte e indugia nell’osservare la sua incerta immagine ivi riflessa, chi è solo e chi, dopo un po’, si ferma, si siede in disparte, circondato al massimo da qualche animale quasi impietosito.
Sto chiaramente riferendomi ai tantissimi presepi che, tra dicembre e gennaio, popolano – è il caso di dirlo – piazze, chiese, scuole, sale civiche, vie e borghi di molti dei paesi delle nostre quattro province. Ad esser ancora più precisi, accade che alcune di queste rappresentazioni letteralmente ri-popolino frazioni altrimenti semiabbandonate dai loro figli.
Loro, i figli, sono, da tempo, oramai, andati a vivere nelle città, in pianura, nei quartieri residenziali più nuovi e funzionali, lungo le grandi vie di comunicazione…insomma, più vicini a quelli che ci sforziamo ancora, ma con sempre meno convinzione, di considerare centri di affari, di sviluppo, di modernità.
Sotto Natale, però, avviene una piccola ma significativa inversione di tendenza: la rassegna presepiale regionale contribuisce, infatti, a portare una piccola rinascita a tutti i nostri centri e, in particolare, proprio a quegli angoli rurali o montani soggetti a spopolamento. Giungono in visita i cd. “turisti del Presepe” e, finalmente, le vie del paese si animano di gente a piedi che ammira e commenta, costituendo una sorta di “presepe nel presepe”. Cammina, entra nelle ex scuole o ex latterie o anche nei cortili e nelle ex stalle delle case private (tutti “ex luoghi” di vita???) messe a disposizione per le esposizioni. Così facendo si riguadagna una prospettiva andata perduta, quella che porta ad accorgersi, ad esempio, dei particolari architettonici o naturalistici del luogo come se non lo si fosse mai visto prima (avete presente quando vi sorprendete ad apprezzare a voce alta un albero secolare o una antica villa padronale o ancora un’ancona, un affresco, un tipico portone di casa contadina?). Già, perché solitamente per quella via si passa, anzi, peggio, si sfreccia in auto, con gli occhi intenti nella guida e l’attenzione impegnata su chissà quali pensieri, incombenze da sbrigare, faccende da sbrogliare. Troppo spesso guardiamo ma siamo distratti e non cogliamo realmente l’immagine che ci si para davanti, figuriamoci il contesto in cui siamo calati. Risultato: non ci accorgiamo neppure di dove siamo e ci proiettiamo sempre in un evanescente altrove che facciamo fatica a ricordar dove sia e dove, di conseguenza, poter ritrovare noi stessi, in caso di smarrimento.
Con l’agile libretto della guida “Giro Presepi FVG” (XI edizione a cura dell’UNPLI, Comitato Regionale del Friuli Venezia Giulia) alla mano, andiamo, dunque, alla scoperta o alla riscoperta dei nostri borghi, vie e piazze…sia mai che riusciamo, nel nostro piccolo, a compiere anche una parallela, piccola esplorazione interiore.
Facilmente ci costruiamo, a nostro piacimento, un itinerario di visita ai vari allestimenti realizzati nel territorio prescelto. Ce n’è per tutti i gusti: presepi nelle chiese, monumentali, da vetrina o da poter racchiudere in una bottiglia; di fattura elaborata, artigianali, artistici, elementari, barocchi o essenziali; tradizionali o estrosi e originali, fatti con materiali canonici o inconsueti, dal guscio di noce di cocco al bullone, dall’arachide al curùbul. Presepi che son solo luci od ombre proiettate su un muro o pesanti sassi dipinti; presepi ambientati nella laguna di Grado cantata da Biagio Marin, nella montagna sgridata da Federico Tavan o nel deserto, magari nei nostri magredi di là da l’aga. Grotte e capanne dislocate accanto ai vigneti che tappezzano Collio e Colli Orientali o in un camp in perfetto stile motoraduno un po’ hippie, per chi voglia rispolverare e remixare i ricordi del Parco del Rivellino a Osoppo; sottofondo musicale tipico o sound da belato di pecora vera in lana e ossa! Per non parlare di animazioni, movimenti, automatismi, effetti degni di Cinecittà, equamente bilanciati da altre proposte più silenziose e intimistiche.
Se, poi, facciamo ritorno alle nostre case pensando che, in occasione della prossima edizione numero dodici della Guida potremo dare anche noi un piccolo contributo alla composizione del presepe del nostro villaggio, allora…il circolo virtuoso è ben innescato!