Metti una mezza domenica con ora solare, freddino, pigrizia preinvernale e la prospettiva di avere poco tempo a disposizione e ancor meno ore di luce per continuare in modo proficuo la piccola esplorazione della nostra cara e amata Regione. Che fare? Andare mirati, a colpo sicuro verso un puestut biel biel che appagherà senza dubbio i nostri occhi e la nostra sete di conoscenza. Direzione ovest, lungo la comoda strada che, da Spilimbergo, attraversa un bel tratto di pianura furlana per passare per Vivaro; dritti dritti si va, quindi, oltre Aviano e si viaggia in pedemontana fino a… Polcenigo!
Il Piancavallo e il Cansiglio con le loro sue meraviglie son poco distanti e ci scappa un nodino al fazzoletto per un futuro giro da quelle parti: Oggi, invece, rimaniamo a perlustrare un lembo di Friuli che si svela essere un vero e proprio gioiello di natura, storia, arte, cultura.
La tappa numero uno è la località denominata Gorgazzo, a poca distanza da Polcenigo. Qui sorge un ameno borgo che si compone di architetture graziose e interessanti e, soprattutto, che ospita una vera forza della Natura: trattasi di una delle tre principali sorgenti del fiume Livenza, chiamata appunto “Gorgazzo”.
Lasciate pure l’auto in qualche anfratto accanto alle case o negli spazi dedicati a parcheggio per gli attesi visitatori e seguite controcorrente l’impetuoso canale d’acqua verde intenso che sbraita accanto ai vostri piedi. Non c’è dubbio: è proprio l’acqua corrente la vera protagonista, la regina incontrastata, signora e padrona del luogo. Ce lo dice a gran voce, facendoci capire a chiare lettere e atletici schizzi chi comanda. La sensazione è strana e profondamente intensa allo stesso tempo: questo imperio acquatico quasi ipnotizza e conduce verso il punto di fuoriuscita delle acque – la “sala del trono” – a mo’ di risucchio, comandando le nostre gambe; ne veniamo attirati e ci comportiamo come servi passivi, ciecamente devoti e ubbidienti farebbero al servizio di un padrone immensamente potente.
Sarà il richiamo ancestrale dell’elemento liquido? Sarà che – come anche antichi filosofi pensavano – l’acqua è l’essenza dell’Uomo e di Tutto e, inevitabilmente, attira a sé chi ad essa è connaturato? Fatto sta che, tralasciando ulteriori elucubrazioni e sterili congetture, ad un certo punto del cammino (breve davvero e alla portata di tutti ma suggestivo come un viaggio iniziatico!!!) ci si trova nell’umido fino al collo e si rimane a bocca spalancata: la “sala del trono” si palesa davanti ai nostri occhi in tutto il suo spumeggiante e smeraldino arredo.
Per la verità, se leggete le guide turistiche locali, trovate la definizione ben più prosaica di “profondo sifone che, attraverso un percorso ancora parzialmente sconosciuto, permette all’acqua di sgorgare”. Corretto, certo. Ma il fascino, la suggestione, come le descrivereste? Il sifone rimanda col pensiero ai tubi che maneggia l’amico idraulico chiamato in soccorso quando la casa imbarca acqua…Qui la questione è diversa, è quasi…sacra, tant’è che si rimane incantesemâts, stregati da un incantesimo. Da quel gorgazzo (il cui nome riassume davvero ciò che esso è) di acque schiumanti e guerriere vien fuori potenza vitale, altrochè. Risultato: astanti annichiliti e assordati. Dopo un po’ ci si riprende dall’estasi (pena un quasi certo mal di schiena da umidità) e si mette a fuoco il paesaggio, osservando anche lo schienale del trono, fatto di calcare biancastro e leggermente incurvato. Sopra, sporgenze di vegetazione abbarbicate alla roccia fanno da decoro e ornamento. A terra, limo colloso copre un ponticello che permette di avvicinarsi ancor più a render omaggio al grande e profondo catino di acqua sgorgante. Dicono che qui si fanno immersioni speleosub e che si siano toccati gli oltre duecento metri di profondità. Da quota zero e a contatto con sole e aria, rendiamo mentalmente omaggio a tale intraprendenza umana e, a poco a poco, ci accomiatiamo dalla spettacolare sorgente, pensando già di consigliarne la visita ad amici e parenti.
Le lancette corrono veloci, è ora di immergersi in altro genere di bellezze: quelle costruite dall’Uomo. Polcenigo, dunque, ci attende.