Mi sono dovuta violentare per decidere di andare. Poi sono stata contenta perche’ le sensazioni, quasi tutte, mi hanno fatto uscire con un sorriso sereno.
6 giugno 2014: inizia una nuova era nell’Udine calcistica. E’ il giorno della presentazione del nuovo tecnico Andrea Stramaccioni, giunto da Milano in elegante abito nero accompagnato da impeccabile cravatta tono su tono. Capelli perfetti disegnati dal gel, viso emozionato e sicuro. Il volto nuovo per un’Udinese che ha fatto un’ immane fatica per mettere via il ricordo e la presenza possente del condottiero di Castelfranco, eroe di quattro anni più uno ( dodici anni prima).
Personalmente, per il mio aver pubblicamente manifestato platealmente in questi mille giorni ( di te e di me) la mia devozione per il Guido, il logorio del “mettere via” mi stava consumando le notti serene.
Si trattava di smantellare il castello guidoliniano, conseguenza di una dichiarata resa liberatrice di un Mister in difficoltà a gestire ancora il clima partita, un castello che sembrava inattaccabile perché protetto dalla passione dei tifosi e da risultati storici, e invece caduto sotto il peso delle sue stesse mura di cinta.
Metter via significa dire che è finita. Significa consentire al presente di diventare passato. Significa guardare ai fasti e alle emozioni con un occhio nostalgico, con distacco. E aprirsi ad un nuovo futuro è ancora più difficile se si rimane arroccati come una cozza sullo scoglio. O se si sbraita come un’adolescente che batte i piedi per ribadire che “non ci sarà mai nessuno come te. Mai più”.
Poi si diventa grandi e si capisce che non si fa un torto a chi si è tanto amato se si consente di accettare che un nuovo giorno spunti dietro la collina.
E che sia diverso, imparagonabile, una cravatta e non una tuta, un uomo mediatico che usa il termine nohow e non un solitario amante del giro in bici alla scoperta del suo Friuli, un simpaticone di una Roma caciarona ma educata, simpatico ed autoreferenziale sotto le spoglie dello scolaretto che ha imparato bene la lezione.
Bene, un giorno caldo e pieno di sole ha accolto il nuovo condottiero di Udine, c’è ancora molto nerazzurro in lui per la verità, anche nella prima domanda dei giornalisti, ma si dice entusiasta e desideroso di lavorare qui.
Come dichiarato da lui stesso, passato e presente ( e prossimo futuro) non si sono ancora incontrati e forse non lo faranno mai veramente. Un po’ come il sole e la luna. Apparentemente la luna Francesco Guidolin, il sole Andrea Stramaccioni. Per fortuna così diversi da rischiare di assomigliarsi e darsi fastidio.
I dettagli non sono ancora stati affrontati però ciò che è emerso oggi è il clima nuovo che si è respirato in sala stampa. Come al primo appuntamento tutto risplende, luccica e scintilla. Ci si promette amore vero.
Tutto è cambiato: toni, forme, parole, dialetti, scenografie, approccio della stampa. Forse era quello che il Friuli calcistico aveva bisogno: una boccata di aria diversa e una prospettiva inusuale.
Solo il domani dirà se la bella forma si trasformerà in una solida sostanza. Forse solo il domani ci dirà se rimpiangeremo il volto poco sorridente di Guido sotto la luna. Lui non usava Twitter per comunicare la sua gioia di allenare l’Udinese ma aveva appreso la virtù dei silenzi che dicono molto dei friulani come lui.
Ma mettiamo via il cuore. L’Udinese cercherà di unire le due epoche in un momento in cui le ruspe continuano a mangiare la curva nord. Non ci si ferma mai qui.