Circa tre anni e mezzo fa lessi per la prima volta in rete la storia di Dan White, un papà inglese improvvisatosi fumettista per creare dei supereroi nei quali la figlia Emily, in carrozzina perché affetta da spina bifida, potesse rispecchiarsi. Ricordo che all’epoca la notizia mi colpì molto, sebbene in maniera non del tutto positiva; se da un lato l’iniziativa di Dan White è apprezzabile, sia come gesto d’amore nei confronti della figlia che come tentativo concreto di demolire lo stereotipo secondo il quale i disabili sono soggetti deboli e fragili da trattare con i guanti, d’altro canto trovo piuttosto allarmante che una bambina di nove anni riesca ad essere forte e affrontare le difficoltà solo identificandosi con l’eroina di un fumetto, cioè staccandosi completamente dal mondo reale. Anch’io nella mia infanzia e adolescenza ho amato molto i fumetti, tuttavia non ho mai desiderato assumere le sembianze dei protagonisti delle strisce che leggevo, né tantomeno emularne le gesta o possederne le qualità; ritengo che i bambini e i ragazzi abbiano bisogno di seguire modelli di vita e di comportamento reperibili nel contesto sociale in cui vivono, di ispirarsi alle parole e alle azioni di persone in carne ed ossa, di immedesimarsi nei piccoli grandi eroi di ogni giorno, non in personaggi fantastici o fantascientifici dotati di superpoteri.
Ecco perché questo mese voglio farvi conoscere Ilaria Naef, una venticinquenne di Varazze (SV) che per le sue imprese potrebbe assomigliare molto a una supereroina disegnata da Dan White, mentre invece è una ragazza dei nostri tempi, amante delle lingue straniere e dello sport. In conseguenza della sua nascita prematura, Ilaria è affetta da paralisi cerebrale infantile, una patologia che le ha causato una disabilità motoria importante, ma non le ha impedito di condurre un’esistenza normale, anzi forse le ha addirittura fornito gli strumenti per crearsi una vita spericolata, come la definirebbe Vasco Rossi.
A quindici anni Ilaria frequenta il liceo linguistico con buoni risultati, il rapporto con i coetanei non è tutto rose e fiori, ogni tanto capita che qualcuno la prenda in giro, ma in fondo fa parte del gioco; per muoversi usa due stampelle, che però la limitano molto e non le permettono di sentirsi libera. La svolta arriva quando la fisiatra che la segue le consiglia di provare una carrozzina manuale, che in breve tempo diventa il suo mezzo di locomozione preferito, fino a sostituire del tutto le stampelle.
Più o meno nello stesso periodo, grazie a un video scovato in rete, Ilaria scopre che la carrozzina non serve solo per spostarsi, volendo può trasformarsi in una vera e propria compagna di avventure, con la quale è possibile eseguire acrobazie degne dei migliori freestyler. Questo è il “Wheelchair Motocross (WCMX)”, uno sport a metà tra lo skateboarding e il “Bycicle Motocross (BMX)”, dal quale mutua parte del nome; guardando le performance di Aaron “Wheelz” Fotheringham (un ragazzo americano che ha solo due anni più di lei, ma può essere considerato l’inventore di questa disciplina), Ilaria rimane affascinata dalle potenzialità che si nascondono dietro a una carrozzina e decide che prima o poi deve assolutamente provare qualche “manovra”, o “trick”, come si dice in gergo.
Purtroppo però, in Italia il WCMX è pressoché sconosciuto (basti pensare che il nostro Paese non compare proprio tra quelli citati nel sito WCMX Europe, per altro non disponibile in italiano), quindi non c’è nessuno che possa darle delle dritte per iniziare, né tantomeno prestarle una carrozzina adatta a sopportare gli urti e le sollecitazioni che sono parte integrante di questo sport; l’occasione si presenta qualche anno dopo, quando durante la sua carriera universitaria la giovane ligure si trasferisce in Germania per motivi di studio. Sin dal suo arrivo qui, nota che i disabili vengono trattati come persone normali, non come soggetti fragili da tenere sotto una campana di vetro; entrando in uno dei numerosi skate park presenti sul territorio, non è raro vedere skaters e bikers sfidarsi con altri skaters in carrozzina, ovvero con coloro che praticano WCMX: ovviamente il mezzo utilizzato per eseguire i vari numeri è diverso, ma il risultato finale è ugualmente spettacolare!
Su questo terreno fertile, con una carrozzina avuta in prestito da alcuni amici tedeschi, Ilaria apprende i rudimenti di questo sport e impara le prime manovre; siamo nel 2015 quando inizia ad allenarsi seriamente, più che altro per sfidare sé stessa e capire se effettivamente il suo sogno di diventare una skater, cullato fin da bambina, può tramutarsi in realtà. Sin dai primi approcci al WCMX, le cadute e le emozioni non si fanno attendere; dopo qualche tempo, grazie alla generosità di alcuni sponsor, può disporre di una carrozzina su misura, fatta a mano e personalizzata in base alle sue caratteristiche fisiche. Ovviamente si tratta di una carrozzina diversa rispetto a quella che usa nella vita quotidiana, infatti ha un telaio rinforzato, è munita di ammortizzatori e sospensioni ed è provvista di “grindbar”, una barra di ferro che si trova sotto l’asse posteriore e consente di scivolare lungo un tubo o una ringhiera senza che le ruote tocchino terra.
Con questo nuovo “giocattolo” Ilaria inizia a divertirsi veramente, ogni “trick” rappresenta una sfida e gli obbiettivi diventano sempre più alti, tanto che nell’aprile 2016 vola addirittura a Dallas, in Texas, per partecipare ai Mondiali; essendo l’unica italiana a praticare questo sport, l’emozione per lei è ancora più grande e l’adrenalina è a mille, ma questo non fa altro che migliorare la sua prestazione, che alla fine vale una medaglia di bronzo nella categoria femminile!
Di ritorno da quest’esperienza fantastica, la freestyler di Varazze ha un sogno, che ad oggi risulta essere ancora in via di realizzazione, ma che speriamo possa avverarsi presto: vorrebbe diffondere il WCMX anche in Italia, per dare l’opportunità ad altri ragazzi disabili di confrontarsi con i propri limiti e provare a superarli sulle rampe di uno skatepark, grazie ad una carrozzina speciale; per riuscire in quest’intento e avviare un progetto di diffusione a livello nazionale, Ilaria può contare sulla collaborazione del Bunker Skatepark di Roma e sul sostegno di Toyota Italia.
Mentre coltiva questo sogno, riesce a realizzarne altri, sia in ambito accademico che in ambito sportivo; a luglio dello scorso anno consegue la laurea magistrale in Traduzione e interpretariato, dopodiché riprende ad allenarsi regolarmente nel sollevamento pesi e in palestra, così da sviluppare i muscoli e la forza necessari per eseguire correttamente manovre di WCMX sempre più complesse. Una di queste è nota agli skater con il nome di “backflip”, ovvero salto mortale all’indietro; si tratta di una manovra tecnicamente molto difficile e abbastanza pericolosa, che Ilaria vuole aggiungere al suo repertorio per provare ad alzare ancora un po’ l’asticella…
Come al solito, la preparazione inizia in una struttura attrezzata provvista di “foam pit”, una vasca piena di cubi di gommapiuma nella quale è possibile “atterrare” in sicurezza, evitando di farsi male; solo dopo aver acquisito una certa padronanza nell’esecuzione del backflip, si passa all’allenamento su rampe di legno, che dura diversi mesi, finché il salto non riesce in modo quasi perfetto. La chiusura impeccabile di questa manovra potrebbe essere più che sufficiente per dimostrare al mondo intero che la carrozzina non è un limite, bensì uno strumento per raggiungere i propri obbiettivi e realizzare i propri sogni; eppure Ilaria non si accontenta, vuole tentare un’impresa epica, che possa entrare nella storia e magari anche nel Guinness dei primati.
Per questo, il 9 febbraio scorso si reca a Prato Nevoso (CN), dove tutto è già pronto per la quarta edizione della Bike to Hell, una gara di mountain bike che si corre su una pista innevata; proprio questa pista, il cui allestimento ha richiesto due giorni di lavoro da parte degli organizzatori della manifestazione, è lo scenario scelto da Ilaria per cercare di stabilire un nuovo record, diventando la prima atleta di WCMX al mondo capace di compiere un backflip sulla neve!
Nel pomeriggio di quella giornata indimenticabile, Ilaria si avvicina alla pista e vede per la prima volta le due rampe che le daranno lo slancio per il salto: una piuttosto alta, dalla quale partire prendendo velocità e un’altra più piccola (detta “kicker”) che la farà letteralmente balzare in aria; alle 16.00 inizia le prove e qualche minuto dopo abbozza un primo salto, che però non riesce. L’apparente sconfitta non la scoraggia, anzi, le dà la carica per riprovarci immediatamente; al secondo tentativo corregge il tiro, incitata anche dal numeroso pubblico presente, e il backflip sulla neve prende forma, adesso è un record da battere, ma soprattutto un altro sogno diventato realtà!