Novembre è il mese che amo meno: il cielo perennemente grigio, gli alberi quasi del tutto spogli, l’umidità che penetra nelle ossa, il buio che arriva troppo presto… Tutti elementi che contribuiscono a rendermi triste e malinconica, nonché a farmi riflettere sulla precarietà della vita e della condizione umana.
Eppure oggi, in mezzo alla bruma lattiginosa che avvolge il mondo, scorgo distintamente una luce, lontana e immobile, ma allo stesso tempo vivida e calda… Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non ho assunto sostanze stupefacenti, né ho bevuto o subìto traumi di alcun tipo: ho semplicemente intavolato una conversazione telefonica con la protagonista della storia che sto per raccontarvi.
Non si tratta di una creatura dotata di chissà quali superpoteri, ma di una donna con una voce squillante e un sorriso talmente luminoso da riuscire ad abbagliarmi anche via etere, “bucando” lo schermo del cellulare sul quale mi ha appena inviato il suo selfie; a questo punto avrete probabilmente capito perché la luce che intravvedo nella nebbia è vivida e calda, forse però è bene che io vi spieghi gli altri due aggettivi: lontana e immobile. La luce è lontana perché mi giunge dal quarto piano di una casa senza ascensore situata nello storico quartiere di Borgo Incrociati, a Genova; è immobile perché colei che la emana vive da quasi dodici lustri in una condizione di immobilità pressoché totale, dovuta ad una grave forma di tetraplegia insorta dopo un attacco di poliomielite che la colpì quando aveva appena dieci anni.
Da allora, Giovanna Romanato ha bisogno di assistenza continua, ventiquattro ore su ventiquattro: infatti, oltre ad averla resa tetraplegica, la “polio” le ha messo fuori uso il diaframma, che non riesce più a contrarsi ed espandersi normalmente in quanto non riceve i giusti comandi dal sistema nervoso; questo le ha causato sin dall’inizio importanti difficoltà respiratorie, che poi, dal novembre 1960, si sono aggravate, tanto da rendere indispensabile l’uso quotidiano del polmone d’acciaio.
Già, il polmone, quel cilindro che ormai da oltre cinquant’anni troneggia al centro della camera di Giovanna e che si potrebbe definire “una prigione nella prigione”: se durante il giorno la vita di questa donna straordinaria scorre tutta entro le quattro mura della sua stanza (mentre lei, distesa a letto e attaccata a un respiratore chiamato “BiPAP”, guarda il mondo dal basso verso l’alto), di notte, dentro al polmone, gli spazi sono ancora più ristretti e le possibilità di movimento praticamente nulle; eppure all’interno di questa gabbia Giovanna si sente protetta, le sembra di respirare meglio, al punto che ogni tanto è lei a chiedere di andarci “fuori orario”. In fondo, è merito di questo compagno indesiderato e invadente se la bambina spensierata e dagli occhi vispi alla quale una terribile malattia ha rubato gli anni migliori, è potuta crescere fino a diventare la donna che è oggi: intelligente e brillante, allegra e ironica, indubbiamente fragile, ma anche forte e volitiva. Ecco perché per lei è impossibile odiare quel cilindro e preferisce piuttosto personalizzarlo con una miriade di calamite e magneti, tutti regali degli amici che la pensano anche mentre sono in vacanza, consapevoli del fatto che Giovanna assapora la vita attraverso le fotografie, i racconti e le emozioni di cui viene resa partecipe.
Dopo aver conosciuto la sua storia, mi piace pensare che lei sia un po’ come una dinamo: pur senza muoversi dalla camera, riceve forza ed energia dal mondo esterno, la accumula e la restituisce sottoforma di luce; qualsiasi emozione o sensazione arrivi al suo cuore viene amplificata, come se passasse attraverso una cassa di risonanza: per questa ragione, se un goal della Sampdoria (squadra della quale è da sempre tifosa sfegatata!) può essere fonte di gioia incontenibile, allo stesso modo un problema di salute o una difficoltà che impensierisca una persona a lei vicina può causarle uno stato d’ansia difficile da controllare.
Un evento cruciale nella vita di Giovanna, che le ha procurato un grande dolore e non poca ansia, è stata la morte della madre, sopraggiunta nel 2001 dopo qualche anno di malattia. Finché la salute glielo permise, la signora Maria si dedicò anima e corpo alla figlia, rinunciando a tutto per assisterla e donarle il suo amore incondizionato; tuttavia, nel 1998, quando il peso degli anni cominciava a farsi sentire e il fisico non era più quello di una volta, il passaggio di consegne fu necessario e inevitabile. Così, le porte della camera e del cuore di Giovanna si aprirono per accogliere la signora Maria Teresa Crosa (Terry per gli amici), che in breve tempo, grazie alla sua bontà e delicatezza, seppe conquistarsi la stima e l’affetto della sua assistita, instaurando con lei un legame fortissimo che dura ancora oggi e che le è valso il titolo di “seconda mamma”.
Attualmente la signora Maria Teresa non è più la sola ad occuparsi quotidianamente di Giovanna, altre due badanti si alternano e le danno il cambio, facendo sì che in casa ci sia sempre una persona in grado di soddisfare i bisogni di Giovanna e di far fronte a eventuali situazioni d’emergenza (per esempio a un blackout prolungato, durante il quale il polmone potrebbe smettere di funzionare).
È ovvio che le badanti e tutte le persone che da circa tre lustri si prendono cura di Giovanna sul piano pratico devono essere remunerate, poi ci sono l’affitto, la spesa, le bollette, le medicine non mutuabili… Insomma, è sempre difficile far quadrare i conti e le entrate sulle quali poter contare (compresi gli aiuti che arrivano dal Comune) non sarebbero sufficienti a garantire a Giovanna una vita dignitosa nella sua casa, tra i suoi affetti.
Alla morte della madre, la sua più grande preoccupazione era quella di venire ricoverata in ospedale e rimanerci per il resto dei suoi giorni, esattamente com’era capitato a Rosanna Benzi (una sua conterranea di poco più giovane, che all’età di quattordici anni fu colpita dalla poliomielite e da allora fino al 1991, quando morì, fu costretta a vivere in un polmone d’acciaio all’interno dell’ospedale “San Martino” di Genova); fortunatamente però, la luce emanata da Giovanna è sempre stata fortissima e ha rischiarato il cammino di molte persone, che nel momento del bisogno non si sono tirate indietro, anzi si sono prodigate perché la loro stella potesse continuare a brillare come prima, o forse anche di più. A tal fine è stato aperto un conto corrente bancario a suo nome, sul quale gli amici più cari versano ancora oggi un contributo mensile; a questo si aggiungono le donazioni elargite da tutti coloro che in qualsiasi modo entrano in contatto con Giovanna e la sua storia, ne rimangono colpiti e decidono di aiutarla con un piccolo grande atto di generosità.
In questi anni, diversi giocatori ed ex giocatori della Sampdoria, nonché alcuni dirigenti, sono passati a casa Romanato per portare a Giovanna l’affetto e il sostegno (anche economico) della sua squadra del cuore; pure i tifosi hanno fatto la loro parte, lanciando l’iniziativa “Un euro per Giovanna”, una raccolta fondi in suo favore che viene promossa nelle partite casalinghe più importanti.
Ma il sorriso aperto di Giovanna non ha illuminato soltanto il campo, gli spogliatoi e gli spalti dello stadio “Luigi Ferraris” di Genova: con la sua potenza straordinaria è riuscito a raggiungere anche il mondo dell’informazione e dello spettacolo. Il 3 ottobre 2006, in occasione del suo sessantesimo compleanno, Giò (come la chiamano affettuosamente familiari e amici) ricevette la visita di Enzo Melillo, giornalista della RAI di Genova incaricato di realizzare per il telegiornale regionale un servizio su di lei; inutile negarlo: anche Enzo fu subito conquistato dalla solarità di Giò!
Così, di tanto in tanto, iniziò ad andare a trovarla o a sentirla al telefono, magari per gli auguri di Natale; questo tipo di rapporto continuò per qualche tempo, ma non tardò a diventare una bella e profonda amicizia che dura tutt’ora, come si evince dalla foto qui sopra, che li ritrae insieme sorridenti. Durante i loro incontri, non è raro che sia Giovanna a risollevare il morale di Enzo, piuttosto che viceversa, come invece si potrebbe pensare; proprio la sua capacità di infondere ottimismo e di trasmettere energia positiva (o la sua luce, per tornare all’immagine iniziale), ha indotto il giornalista ad adoperarsi concretamente perché questa stessa energia raggiunga il maggior numero di persone possibile, propagandosi ben oltre i confini della Liguria. Ecco spiegata la genesi del libro-intervista “La farfalla nel bozzolo d’acciaio” (De Ferrari, 2014), nel quale Enzo Melillo racconta Giovanna Romanato conversando con lei, ma anche raccogliendo le testimonianze delle persone che in tutti questi anni, a vario titolo, le sono state vicine e l’hanno accompagnata nel suo tanto difficile quanto straordinario cammino.
Avendo avuto il piacere di ricevere il libro direttamente dall’autore (che desidero ringraziare pubblicamente per la disponibilità con la quale ha accettato di guidarmi alla scoperta della luce di cui parlavo all’inizio, oltre che per la sua cordialità), ho potuto constatare che tutti i contributi che lo compongono, pur essendo stati forniti da persone con caratteri diversi e che hanno “pesi specifici” diversi nella vita di Giovanna Romanato, vanno in una stessa direzione: sono singole pennellate che accostandosi le une alle altre, un po’ come in un dipinto impressionista, delineano il ritratto di una donna unica e speciale, che ha sempre sopportato la sua disabilità con rassegnazione (forse pure troppa!) senza tuttavia autocommiserarsi o farsi compatire dagli altri, ma anzi ritenendo che la vita sia comunque degna di essere vissuta nella maggior pienezza possibile.
Non è mia intenzione svelarvi di più sui contenuti del libro, né sulla vita della sua protagonista e musa ispiratrice, altrimenti vi toglierei il piacere della scoperta. Voglio però segnalarvi che la prefazione de “La farfalla nel bozzolo d’acciaio” è stata scritta nientepopodimeno che da Lorella Cuccarini, una stella dello spettacolo e della televisione che nell’aprile 2010 ha voluto dedicare qualche ora a Giovanna, lasciandosi inondare dalla sua luce e vivendo così un’esperienza rigenerante, come lei stessa l’ha definita; inoltre, mi permetto di evidenziare ancora una volta la sensibilità e l’attenzione di Enzo Melillo verso le persone meno fortunate, testimoniata anche dal fatto che di questo libro è disponibile una versione audio gratuita, distribuita in formato MP3, fruibile da non vedenti, ipovedenti e dislessici.
Se siete ancora indecisi e non sapete se valga davvero la pena di acquistare questo libro, posso dirvi che acquistandolo prendete due piccioni con una fava, o forse anche tre: vi regalate (o regalate ad altri) il piacere di una buona lettura, scorrevole e per niente noiosa; avete l’opportunità di entrare in contatto con una donna straordinaria, che vi aiuterà a vedere la vita con occhi nuovi, e le date anche un aiuto concreto, dal momento che i diritti d’autore di questa pubblicazione vengono interamente devoluti a lei.
Qualora poi voleste sostenere Giovanna Romanato con una donazione più cospicua (o periodica), nell’introduzione del libro troverete le coordinate bancarie del conto corrente sul quale effettuarla; queste indicazioni sono reperibili anche sul sito www.giovannaromanato.org. Naturalmente, Giovanna apprezzerà molto anche la vostra amicizia e il vostro sostegno morale: per dimostrarglieli, potete scriverle all’indirizzo e-mail giofiocco@hotmail.com oppure contattarla tramite la sua pagina Facebook (https://www.facebook.com/giovanna.romanato.1?fref=ts).
Confidando nel buon cuore di ognuno di voi, posso assicurarvi che qualsiasi gesto d’attenzione voi farete nei confronti di Giovanna non cadrà nel vuoto; al contrario, rappresenterà per lei un dono prezioso, per il quale saprà certamente ringraziarvi con le parole, ma soprattutto con il suo sorriso, la sua energia e la sua luce!