Non temete, non dovremo dire addio alla “Festa della Repubblica”, almeno per ora! Il titolo è un piccolo e innocente scherzo per ricordare con affetto una di quelle giornate in cui l’impiego del termine “condivisione” risulta appropriato e non, – come s’usa ora – politicamente corretto e ipocritamente svuotato del suo significato. Lo possiamo pronunziare con tanticchia (come dice il buon Camilleri, tant par no fevelâ nome par Furlàn!!!) di veemenza di cui la calura dei giorni appena passati ci aveva ben caricato, unitamente a passione e vis polemica!
Novantanove eravamo, mica pochi! Novantanove e non cento, alla faccia di quelle belle cifre tonde e utili alla propaganda. Novantanove è più grande di cento, più lungo, più evocativo e rappresentativo di quel bel codazzo di appassionate ed appassionati che si erano dati appuntamento nel piazzale del Palaghiaccio di Pontebba in quella prima, rovente, domenica di luglio, così lontana ma così vicina nell’album dei ricordi estivi duemilaquindici.
Diamo onore al merito, innanzitutto. Diciamo grazie alla Comunità Montana della Carnia e alle attività estive che organizza per promuovere l’importante ed interessante Geoparco, una sorta di museo geologico a cielo aperto, pronto a farsi conoscere al Visitatore e a raccontargli le rughe e le pieghe della Terra (il Nestri Friûl, a tal proposito, è par da bòn un piccolo compendio di informazioni geologiche), sempre tormentata da un impercettibile ma irrefrenabile mutamento. Calamità a parte, si intende.
Diciamo grazie anche e soprattutto all’Ordine dei Geologi FVG e al (Super, davvero!) Professor Corrado Venturini, docente universitario, esperto sul campo, profondo conoscitore di ciò che calpestavamo e che ci circondava, grande divulgatore che, con garbo ed efficacia, avrebbe potuto far innamorare della Sua materia anche i più recalcitranti. Nell’occasione dell’uscita del 5 luglio, in verità, il Prof. aveva, per così dire, vita facile, essendo letteralmente circondato da “Gente del settore”: geologi, studiosi, cultori, esperti a vario titolo che coglievano l’opportunità dell’escursione per approfondire tematiche, toccare con mano e vedere di persona la realtà dei fatti geologici in zona Pramollo, confrontarsi. C’era anche Chi, con formazione affine, poteva dare un contributo pertinente alla giornata: pensiamo, ad esempio, ad un nutrito gruppo di botanici che invitava a far attenzione alle varie specie vegetali e dava loro un nome (aspetto, questo, quanto mai appagante per chi vede solo “fiori” e “alberi” e sogna di distinguere un abete rosso da un pino silvestre!!!).
Con le precisazioni appena narrate può apparir più chiaro il senso della condivisione dei saperi messa in atto.
Il bello non era, però, solo quella Enciclopedia Umana attrezzata con zaini e marciante di buona lena. Tra quei “cento meno uno” c’erano sicuramente anche semplici ‘nemorâts della Natura e del territorio, ansiosi di conoscerlo sempre più e sempre meglio. Noi, per esempio. Noi che, fino al XVI Geoday – denominazione ufficiale dell’iniziativa – eravamo arrivati al Pramollo semplicemente in auto e che ci eravamo accontentati di mollare la fedele quattroruote nel parcheggio per regalarci un caffè – vista – lago. Forse era stato proprio quel caffè, aromatizzato dall’aria fina del luogo e dal paesaggio da cartolina, ad avere solleticato la voglia di ritornarvi, armati di suola più pesante e di bastoni da passeggio.
In verità, il primo ricordo di Passo Pramollo si associa ad un prepotente e invitante profumo di…frittura (calamaro in quota?!) che ci aveva investito, anni addietro, mentre ci avvicinavamo ad uno degli alberghi e ristoranti lì aventi sede. Impatto curioso e anomalo che ci aveva preso alla sprovvista e ci aveva fatto sorridere, convinti come eravamo – e come siamo tuttora – che i luoghi comuni dell’immaginario vadano tormentati simbolicamente con apporti innovativi che li rendano di nuovo giovani, ricchi e interessanti (tanto per attingere a valori socialmente condivisi!). Era, evidentemente, ora di smantellare il binomio “montagna – mucca” azzardando accostamenti e abbinamenti inusitati!
Con l’esperienza di poi, non possiamo però (amaramente) esimerci dal constatare che le due paroline, “montagna” e “mucca”, se messe insieme, prospettano uno scenario – ahinoi – sempre più raro a trovarsi sui nostri pascoli.
(Continua nella parte seconda, puntata numero cinquantasette).