Okay, iniziamo dal dovere: la Pallacanestro Trieste è una grande squadra, merita appieno la testa della classifica, quasi sicuramente salirà di categoria perché è giunta a questo punto dopo un processo di maturazione studiato e progressivo. Complimenti.
Okay, fatto. Adesso parliamo di cose serie.
Trieste non ci ha capito niente, o quasi. In attacco si è accanita per tre quarti cercando di sfondare il muro friulano, incaponendosi in soluzioni studiate ma rese inefficaci dalla spettacolare difesa studiata da coach Lino. Nel primo tempo dei 31 punti a referto almeno una ventina erano stati frutto solamente del talento riconosciuto dei biancorossi giuliani, anziché da azioni studiate.
E se questo capita alla squadra di Eugenio Dalmasson, uno dei migliori tecnici della categoria (e di gran lunga), ancora di più risalta il merito del collega Lardo, che oggi ne ha sbagliate davvero poche.
Dicevamo ieri che Udine vince, e Trieste perde, se le medie si abbassano, come i ritmi e il punteggio rimane sotto i settanta: serviti. E riveriti.
La difesa su Javonte Green, uno che difficilmente sbaglia partita, è assolutamente da cineteca: cinque soli punti concessi al talento montenegrino (vabbé). Il piano perfetto però è stato limitare gli altri, che un anno fa ci avevano massacrato al PalaRubini: Loschi ci ha fatto male dall’angolo, ma i vari Da Ros, Cittadini, Prandin, Cavaliero, Baldasso hanno reso nettamente meno del loro standard abituale a causa dell’opposizione biancanera. Discreto Bowers, ma evidentemente ancora in rodaggio e lontano dall’immagine di lui, in maglia ferrarese, che ci eravamo fatti. Impalpabile Janelidze, al solito buono Fernàndez il quale è top scorer ma anche autore di alcuni errori marchiani. In difesa, poi, el lobito gioca troppo duro contro Rain guadagnandosi un sacrosanto fallo antisportivo (ma molti falli semplici gli sono stati graziati in precedenza).
Udine ha sbagliato poco o nulla in difesa, al netto di qualche seconda-terza occasione di troppo concessa all’Alma sotto le plance; oggi non ci piace fare graduatorie, ma Tommy Raspino e le sue mani veloci da Arsenio Lupin hanno permesso le ripartenze che hanno scavato il parziale alla fine decisivo, quello che issa Udine a +11 a fine primo tempo. Eccellenti i lunghi, che hanno dovuto faticare sotto canestro contro un Cittadini al solito rognoso e lottatore; eccellente Ous Diop, con un rush di sei punti nel parziale di cui sopra. 45 rimbalzi contro 31 dicono di una partita dall’intensità straordinaria, preparata bene e giocata anche meglio, nel pitturato e sugli esterni.
Bentornato Mauro microwave Pinton, tripla e libero supplementare con la mano ancora severamente bendata; bentornato capitan Miki, due punti soli ma importantissimi a frustrare l’unico vantaggio giuliano, +2 nel secondo quarto. Grande Andy Benevelli: tripla, liberi, freddezza, 100% dal campo e l’ultima palla della gara in mano. Non incide Latorre, che dovrebbe surrogare Raspino nella la marcatura che ha devastato le strategie ospiti sul play avversario; pochi minuti per un Vitto Nobile che deve crescere ancora per poter essere determinante in gare così tirate.
Pochi nèi: gli otto liberi sbagliati, tre nel finale; e qualche palla persa di troppo in attacco, dove si sono perse 17 palle alcune delle quali avrebbero potuto metterla in discesa: ma diciamocelo, un derby dall’ultimo minuto al cardiopalmo è la cosa migliore che la Dea del basket poteva offrire.
Una nota per la coppia straniera di Udine. Rain ne mette dodici, commette un paio di errori (ad esempio quando penetra invece di giocare col cronometro, lui ha questo nelle corde) ma alla lunga vince il duello con Fernàndez. Straordinario KayDee: diciassette pezzi, tutti dal peso specifico importante. Buone medie al tiro, passa quando deve (tranne un contropiede mangiato), gioca al limite del cronometro (canestro allo scadere del primo tempo), difende su Green mandandolo in confusione e costringendolo a tiri difficili e infruttuosi. Una stoppata da top ten su Bowers viene resa vana dal signor Tirozzi, che scorge un fallo dove fallo non ci poteva essere (mano sulla palla, corpo nel cono difensivo). Oggi darei otto a tutti, lui e Veideman meriterebbero un più in pagella.
Ed ora la parte che chi ama parlar di tecnica mi rimprovera, quella legata al cuore.
Lino Lardo vince il secondo derby ufficiale su tre da quando allena Udine; lo fa a pieno titolo, con una gara ragionata e studiata, annichilendo le mosse dell’avversaria quasi Eugenio stesse agendo su suo suggerimento; commosso e commovente quando dal campo non se ne vorrebbe mai andare. Lo avrei abbracciato, mi è sfuggito.
Ho invece abbracciato, fraternamente, Davide Micalich: questa gara è per lui suggello ad un periodo spesso bello, ma col neo di quei momenti dei quali non amiamo parlare più, ma sappiamo essergli sempre presenti. Davide è uno di noi, un baskettaro vero, un fiume in piena di parole e spesso di qualche invettiva, sempre dettate dall’amore per la palla a spicchi che con lui condividiamo. Gli ho inoltrato qualche messaggio, arrivatomi anche dal Canada, e so di averlo emozionato.
Lascio in ultimo le tremiladuecento voci coordinate dal Settore D: oggi, ad iniziare dallo striscione che parafrasava il marchese del Grillo e che si scorge nella foto a corollario del pezzo, hanno annichilito la tifoseria avversaria che ho trovato stucchevole, nojosa, ripetitiva. Forse troppo convinti della propria forza, quando hanno intonato un “salutate la capolista” si sono tirati la zappa sui piedi: ammissione di sconfitta, di (odierna) inferiorità, di subalternità al Friuli. Loro chiamano la regione “Effe Venezia Giulia”: stasera direi piuttosto Friuli vuggì. Bravi i tifosi, comunque e tutti: tolti i cori, nessun problema. E a loro unisco Bro Roberto e tutti quelli rimasti fuori a causa delle dimensioni, inadeguate, del glorioso Carnera: c’eravate tutti, lì, con noi.
Udine vince il derby, meritandolo; Udine si issa al secondo posto in classifica e vede, ormai concreto, l’approdo alle final eight di coppa Italia a Jesi. L’anno finisce sereno, adesso Imola per cominciare quello nuovo nella stessa maniera.