I bianconeri, reduci da una domenica in cui giocano la gara con meno coraggio ed ambizione da quando l’uomo inventò il cavallo, contro un Chievo buono ma poco più in settantadue ore dimostrano che, forse, la lezione è stata recepita e mi rinnova la speranza che su Marte ci sia vita.
Contro una Fiorentina dalla maggior caratura e reduce dalla vittoria contro la Roma, infatti, cavano dal cilindro una prestazione fatta di cuore, sostanza, in alcuni tratti anche qualità.
È così: la Viola non avrebbe meritato il punticino portato a casa, nonostante l’assunzione di Sousa secondo cui, regalata la prima mezz’ora, poi avrebbero meritato i tre punti. Hanno tenuto palla, è vero, ma Karnezis i guantoni se li è sporcati solo una volta, nella ripresa, sulla punizione di Bernardeschi. Per il resto una squadra decisamente disinnescata dalla Biancanera, con due reti realizzate da Babacar (mezza magìa, ma la marcatura…), e da Bernardeschi su un rigorino-ino causato da un Adnan decisamente il meno positivo in campo.
La Fiorentina è tutta qui: per il resto Danilo giganteggia in difesa non concedendo azioni agli avversari, e trova anche il guizzo allo scadere della prima frazione. DePaul è a tratti sontuoso e più “nel gioco” del passato; Zapàta timbra il cartellino pur fallendo il raddoppio, sempre su assist di RdP; Kums, ancora poco servito dai compagni, dimostra di voler essere leader andando per primo davanti all’arbitro a difendere le ragioni dei propri colori.
Non mi piace parlare dei direttori di gara: faccio eccezione questa sera. Alla mezz’ora manifestavo ad un collega la preoccupazione per la mancanza di nefandezze da parte di Mazzoleni. Prontamente servito: la ripresa è stata condotta fastidiosamente dal mediocre fischietto orobico, prontissimo a sibilare in difesa dei fiorentini quasi avesse a che fare con rarissimi panda. Alcuni fischi su Badelj, un paio su Chiesa junior (giovanissimo ma già abile nel cagnottesco esercizio del tuffo) ma in generale tutta la direzione di gara è stata irritante. E benevola, gentile, affabile con i picchiatori balcanici della difesa viola, che si sono esibiti nei loro “pezzi forti” in particolare da quando ha messo piede in campo uno dei nostri incontrastati idoli, Adalberto dalla Merìda.
Questi ha mostrato segni inequivocabili del talento che gli si riconosce: un paio di slalom à-la-Neymar fermati durissimamente gli consegnano le stigmate del campione, quel personaggio che manca da quando Alexis è partito. Jankto poi è stato capace di dare solidità alla sua fascia, quella più vulnerabile, con un paio di diagonali niente male che ci consegnano un futuro, nuovo Jankulovski: ne sono certo. Dategli qualcosa in più di dieci minuti.
Il pezzo che scrissi domenica pomeriggio fu duro. Duro, non perché io sia “il solito critico”, ma solo per l’amore che nutro per le originali strisce, alternate bianche e nere. Iachini sbagliò, domenica, così come oggi (al netto di tempi forse un po’ troppo dilatati) ha indovinato i subentri e dieci undicesimi della formazione di partenza. Mi dissi, mi dico contrario alle richieste di coloro i quali lo vorrebbero via da Udine subito, forse gli stessi che oggi, sapendo dell’imminente uscita di Guidolin dallo Swansea, invocano il ritorno del mister da Castelfranco. Forse fra loro c’è qualche smemorato che solo due anni fa stappò la gazzosa quando si annunciò che Francesco era in partenza.
Gioacchino da Ascoli non era e non è un pirla: contro il Chievo ha sbagliato, pesantemente, lo ha a mezza bocca ammesso e ciò non fa più storia. Ma la sua squadra, l’ho detto e ne sono convinto, ha talento e qualità, non è scarsa e ci credevo: anzi, ci credo. Domenica parlavo di mancanza di ambizione, perché questo si evinceva da una gara in cui si è passata due volte la metà campo, seguito di due campionati dove tali situazioni, con molti protagonisti in comune, si sono ripetute mille volte. Ne perderanno altre, okay, ma stasera vedere Kone pressare, recuperare, lottare ed uscire stremato è simbolo di una squadra che ha dato tutto, ed avrebbe meritato i tre punti.
Domenica si va ad incontrare il Sassuolo di Di Francesco: modulo consolidato, ragazzi che si conoscono da sempre, qualità e quantità ma, quest’anno, probabilmente la concentrazione su due fronti sta togliendo qualcosa al campionato dei neroverdi. Squadra pericolosa, ma che (come la Viola) lascia giocare.
Quindi?
Quindi giocheranno ancora gli stessi, probabilmente. Sarò eretico, sicuramente non succederà, e vedrei con grandissima goduria Jankto per Kone e Penaranda in vece di Perica. Ma lascio lavorare Iachini, perché (ditemi ciò che volete) è il primo allenatore dall’epoca del miglior Guidolin che dimostra di lavorare sul campo, in allenamento e sulle teste. Quando la squadra accetterà la leadership di Kums, affidandogli tutte le palle in uscita dalla fase difensiva; quando Rodrigo completerà l’adattamento al calcio italiano; quando i giovani virgulti saranno utilizzati con continuità e sulla fascia tornerà Silvano Widmer, allora questa sarà una squadra. Probabilmente vedremo anche giocare di più al calcio: ma stasera, per almeno un’ora, ho visto più gioco che in tutto il campionato-Anziate, l’anno passato.
Adesso a loro: chiedo che insistano nel coltivare la conoscenza reciproca, riconquistino l’autostima perduta e proseguano nel miglioramento continuo che possono a pieno diritto percorrere. Stasera, inoltre, ho visto scrollarsi di dosso una piccola parte di quella ruggine, chiamatela paura o soggezione, imposta dal nuovo stadio. Già: anziché trarne giovamento, i bianchineri hanno troppo spesso tremato al Dacia Boomerang, concedendo agli ospiti vittorie troppo facili. Essere giovani deve avere questo vantaggio, alla Adalberto, via senza pensieri: prender palla e far la giocata “figa”, quella che chiama un ruggito in più da una curva anche stasera meravigliosa, deve diventare regola. Per Rodrigo, Kuba, Stipe, Sven: per tutti.
Ultima riga per i sostenitori viola: per l’amor del cielo, ognuno urla ciò che vuole, non siamo a teatro. Ma inneggiare al gemellaggio con Trieste, vedere auto isontine e giuliane sciamare dallo stadio con le sciarpe viola al finestrino, mi ha fatto la stessa tristezza d’un cane abbandonato in autostrada. E mi sono chiesto come mi sentirei se dovessi tifare, che so, il Pisa perché la formazione del mio cuore milita in quarta divisione. E fare caroselli in Piazza Unità a celebrare la vittoria contro il Cordenòns. Meglio non pensarci. Non stasera.