Inizia il secondo campionato annuale dell’Udinese calcio, quello in cui i media dédicano finalmente alla società biancanera titoli e parole. Lo chiamano calciomercato, per coloro per i quali l’Udinese è la squadra meno indifferente comincia una penitenza, durante la quale le cessioni vociferate sono decine, centinaia, migliaia. In cambio di acquisti quasi sempre sconosciuti, ormai spesso non all’altezza.
Sembra che Zielinski vada ad Anfield, sulla foce del Mersey; pare che Widmer possa coronare un sogno nero e azzurro in cambio di un paio di prospetti; che Orestis Karnezis torni magari in patria al servizio dell’ex friulano Stramaccioni; Badu in Premier, Heurtaux sulla luna… E quanti ne ho dimenticati?
Ormai ci abbiamo fatta l’abitudine, ma quest’anno è decisamente diverso.
Non mi guardo indietro; resisterò a rimestare le sofferenze di una domenica di mezza primavera, parando indietro le lacrime per quattro cessioni dolorosissime. Ma oggi non possiamo, a cuor leggero, dimenticare una stagione tanto fallimentare.
Su diversi portali potete leggere quanto numericamente scandalosa sia stata l’annata: poche reti segnate, moltissime subìte, un girone di ritorno da squadra penosamente scarsa, zero dignità, zero rispetto per sé stessi e per il pubblico pagante, questo sì ammirevole e meritevole di una squadra da Champions.
A me onestamente che vendano il polacchino, il ghanese o il portiere ellenico importa zero, zerissimo. Siccome però ho un totale rispetto verso le capacità della società, rammento loro sommessamente che hanno fatto fuori, in un solo anno, la spina dorsale della squadra: quell’ossatura, guardacaso italiana, che con esempio, abnegazione e insegnamenti inseriva con pazienza nella perfetta macchina biancanera i giovani virgulti pescati ai cinque angoli della terra.
Per costituire questa struttura ci sono voluti anni, ed allenatori: alcuni di passaggio, altri bravi ma poco integrati con l’ambiente, altri ancora veri protagonisti della totale simbiosi fra società, staff, giocatori e sostenitori. E prima di indicar la porta ai quattro tenori, mi àuguro che in squadra siano stati individuati sostituti non tecnici, ma morali, in grado di tenere a dritta la barra nei momenti agitati che di certo accadranno.
Difficile ipotizzare che un brasiliano, un serbo, un estone o un neozelandese arrivino ad Udine con una tale dose di abnegazione, autostima e carisma da prender subito le redini, assieme al nuovo tecnico, della squadra. Non è importante che giochino tutte le gare, ma che insegnino al gruppo come trascurare le più elementari norme di rispetto prima di tutto verso sé stessi sia sba.glia.to.
Non mi interessa onestamente parlare oggi del presunto calciomercato bianconero; non proverò nostalgia se Zapàta vorrà passeggiare al Vomero anziché in Piazza Libertà. Mi spiace invece, stupiteVi pure, della maniera in cui è finita con il signor Giaretta. Il diesse è stato assunto in un posto più grande di lui che lo ha sovrastato; le poche volte in cui ci ho parlato, ho trovato di fronte a me una persona perbene. Sicuramente ha sofferto per tutti gli insulti ricevuti, sicuramente avrebbe potuto e dovuto svolgere meglio le proprie mansioni, ma sinceramente dare la colpa solo a lui è miope ed ingrato.
Ci vedremo ad agosto, con le venticinque, nuove facce che i Pozzo ci metteranno a disposizione. Per me, lo ripeto, si è chiuso domenica sera un ciclo lungo quarantatré anni. Vivrò la prossima stagione come fosse un annozero, sperando che lo sia anche per la squadra. E che zero non sia la cifra tecnica, morale ed il totale di soddisfazioni riservate ad un pubblico che continuerà, cadesse il cielo, a cantare il proprio amore biacca e carbone.