Una di quelle sconfitte che bruciano come un tizzone ardente. Perché in campo i venti e più punti di differenza non si sono mica visti.
DI fronte ad un’Internazionale modesta, che si aggrappa alle giocate sontuose del proprio capitano ed agli errori della fase difensiva biancanera, con Edenìlson terribile responsabile nelle prime due reti, l’Udinese lascia a Milano tutti e tre i punti. La terza rete, (ovviamente!) prima di Eder in nerazzurro, seguita ad un’occasionissima mancata da Zapata e Hallfredsson (imperdonabile! Ti perdòno solo perché islandese) di fronte ad un bravissimo Handanovic, neanche la calcolo: l’Udinese era in toto nell’area avversaria.
Dispiace: perché Mancini fa di tutto per agevolare i friulani, lasciando in panca Perisic e schierandone al posto il famigerato Jesus come laterale: Théréau ringrazia e saetta in rete il vantaggio, capitalizzando un lancio di Imma Badu.
Dispiace: perché nella ripresa le prime occasioni, le più grosse, sono bianchenere: paratissima di Handanovic e loffio Widmer, poi traversa di Bruno.
Dispiace, perché in fondo l’Udinese ha sofferto ben poco contro le armate nerazzurre, schierate dal multimilionario allenatore jesino come al solito “a caso”. D’altra parte è appena arrivato, solo un anno e mezzo, e nessun allenatore può vincere giocando al calcio dopo soli tre mercati d’acquisizione, sedici giocatori acquisiti e centoventi milioni spesi. Neanche allenasse la Juventus.
Dispiace, perché leggendo il tabellino finale si direbbe di un dominio inter-triste, quando invece la gara si è giocata sempre sul filo dell’equilibrio.
Ma alla fine conta il risultato, e i neri e azzurri blindano il quarto posto utile per giocare la prestigiosa Europa League, che porterà nelle casse meneghine tanti di quei denari che Thohir ha già venduto gli incassi della prossima stagione ad una società di factoringsingaporeana.
Diciamo la verità: cambia nulla. La salvezza è ormai acquisita, e nel primo tempo l’Udinese ha addirittura imbastito un tiki-taka friulano, lo definirei (non negativamente) un titic-e-titòc che irretiva i locali incapaci di presentarsi con regolarità e schematicità davanti a Karnezis. Il pari è una coabitazione fra una genialata di Icardi, un Molla che tiene fede al suo nome di battesimo e il crollo di Edenilson in area. Troppo facile per il mediocre Jovetic di oggi segnare. E stessa cosa sul raddoppio, quando il laterale brasiliano si fa passare Biabiany alle spalle, Karnezis sfiora di mano, mette fuori causa Danìlo e pace. A Jo-Jo dànno il premio di migliore in campo. Evidentemente due reti che farebbe (oggi) ancora Pecos Bill Virgili, classe 1935, valgono un premio che sarebbe dovuto andare a Mauro Nara per distacco.
Taccio dell’arbitro Sassaroli, primario di chiara fama, che impegnato a portar in giro il cane Birillo ha fischiato a caso ammonendo di conseguenza senza alcun criterio. Non influente, non splendido.
Ma deve far riflettere encore une fois che presentarsi di fronte al portiere avversario sei volte segnando solo in un’occasione non può che portare, di fronte a palcoscenici importanti, all’esito di stasera. Su questo, ma anche sulla concentrazione difensiva, deve lavorare il tecnico della prossima stagione, ruolo per il quale la candidatura dell’attuale mister lucano sta decollando ed è quasi inavvicinabile.
Il mio campionato è finito al novantesimo della gara di mercoledì passato; anzi, forse ancor prima. Attendo ormai con insensata fiducia la stagione entrante, nella quale (spero) si riuscirà a trovare qualche simpatico italiano che affianchi il manìpolo foresto che popola il rosterbianconero; la promozione di qualche giovane dalla formazione éspoirs, un calcio divertente e divertito. Soprattutto una sutura finale e decisiva fra società, giocatori e tifosi, a dimenticare un anno pieno di equivoci. Causati, a scanso di equivoci, da una dirigenza spesso assente e sempre silenziosa.
Pazienza, è solo calcio. Fa pensare l’apertura del mister materano al rientro di Antonio di Natale. Dico solo una piccola cosa: di fronte ad un capitano che se ne va a Forte dei Marmi, al mare, lasciando i compagni a lottare al Meazza, un allenatore-filosofo che capisce la frattura gigantesca fra società, tifosi e giocatore e vi vorrebbe mettere un cerottone gigantesco. Diamine, questo diavolo d’un lucano per nulla amaro sta quasi riuscendo a farmi cambiare idea sulla data di scadenza che gli appiccicai al dorso appena giunto a Udine…