Il DNA è una molecola elettricamente carica, per questo i nodi che si formano spontaneamente sul filamento possono essere manipolati applicando dei campi elettrici, come hanno fatto Cristian Micheletti, professore della SISSA, e il suo team. La ricerca è stata appena pubblicata su Soft Matter ed è il primo esempio di tecnica che permette di muovere i nodi del DNA dall’esterno.
Il DNA ha il vizio di ingarbugliarsi formando dei nodi. Gli scienziati questi nodi li studiano, per comprenderne la funzione e per capire come scioglierli (serve per esempio nelle tecniche di sequenziamento genico). Cristian Micheletti, professore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il suo team conducono da anni ricerche in cui simulano questi nodi e la loro dinamica. Nell’ultimo studio appena pubblicato sulla rivista Soft Matter, Micheletti insieme a Marco Di Stefano, primo autore e dottorando alla SISSA, e colleghi di Lubiana e San Diego hanno ideato e testato una metodologia che si basa sull’applicazione di campi elettrici e “pinzette ottiche”.
Il DNA è infatti una molecola elettricamente carica, che reagisce alla presenza di cariche opposte. “Nel nostro studio, teorico-computazionale, abbiamo preso in considerazione un filamento di DNA ‘teso’, con gli estremi cioè immobilizzati da due pinzette ottiche che fungono da ancore per tenerli separati. Siamo riusciti a far scivolare il nodo, inserito nella configurazione, accendendo un campo elettrico”, spiega Micheletti. “Provate a immaginare una corda annodata che viene tenuta sollevata da un estremo: scuotendola delicatamente si può far scendere giù il nodo con l’aiuto della forza di gravità. Una cosa analoga succede nei nostri esperimenti”.
“Il nostro lavoro”, conclude Micheletti, “fornisce indicazioni utili per realizzare nuovi esperimenti dove il movimento dei nodi nel DNA può essere controllato dall’esterno”. Finora infatti negli studi di questo genere il movimento del nodo era “stocastico”, prodotto cioè dal rumore termico, il movimento casuale degli atomi prodotto dall’innalzamento della temperatura del sistema, e non in maniera direttamente controllata dalla sperimentatore.