Alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste (SISSA) si studia il modo di rendere economica una molecola che imita (e migliora) la fotosintesi delle piante. Servirà per creare celle solari che producano combustibile “rinnovabile” e rispettoso dell’ambiente.
L’energia prodotta con i pannelli solari, sia essa calore o elettricità, va utilizzata subito. È difficile da accumulare e conservare, e anche il suo trasporto presenta numerosi ostacoli. Inventare celle solari che producano energia in una forma facilmente accumulabile e trasportabile, cioè combustibile, è dunque la scommessa futura dell’energia solare. Per questo gli scienziati della SISSA stanno lavorando a un catalizzatore che imita e migliora quanto la natura sa fare da milioni di anni.
Le piante trasformano l’energia solare in zuccheri, il vero combustibile “verde”, attraverso la fotosintesi. In questo processo sono fondamentali i catalizzatori, molecole che “tagliano e incollano” altre molecole, e che in questo caso specifico ossidano l’acqua, cioè separano l’idrogeno dall’ossigeno. L’idrogeno (che è già un combustibile, ma molto difficile da maneggiare) serve in seguito ai processi di sintesi che dagli atomi di idrogeno e quelli di carbonio formano zuccheri. Ora si vorrebbe ottenere lo stesso tipo di processo in modo artificiale con catalizzatori inorganici, più veloci e resistenti di quelli naturali (molto lenti, pensate a quanto ci mette un albero a crescere). Esistono già materiali efficienti ma costosi e poco abbondanti in natura.
“La parte cruciale del processo di fotosintesi artificiale è l’ossidazione dell’acqua. Noi abbiamo simulato come una molecola di Ru4-poliossimetalato (Ru4-POM) funziona in questo processo. Questa reazione complessa richiede catalizzatori proprio come nel processo naturale”, spiega Simone Piccinin, ricercatore della SISSA e dell’Istituto Officina dei Materiali (CNR-IOM) e primo autore del paper . Ru4-POM è stata scelta perché già in precedenza ne era stata dimostrata l’efficienza in maniera sperimentale dal gruppo dell’ITM-CNR e dell’Università di Padova che ha sintetizzato per primo la molecola e che ha collaborato anche a questo studio.
“Mancava però la comprensione del processo e così abbiamo riprodotto il comportamento elettronico della molecola con simulazioni numeriche”, precisa Stefano Fabris della SISSA e del CNR-IOM, che ha coordinato il lavoro teorico pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). “Abbiamo cosi osservato che i siti attivi della nuova molecola, cioè quelli che veicolano la reazione, sono quattro atomi di Rutenio”
“Il Rutenio è costoso e raro, ma ora che sappiamo come debbano essere ordinati gli atomi che causano il processo ossidativo li potremmo sostituire uno a uno con elementi economici cercando di ottenere la stessa efficienza che con il Rutenio” ha concluso Fabris.
Oltre a SISSA, CNR-IOM e Università di Padova ha collaborato allo studio anche Elettra Sincrotrone di Trieste.