Secondo molti i computer quantistici avranno una grande importanza nel futuro, ma la ricerca in questo senso, nonostante gli sforzi, è ancora nella sua infanzia. Uno degli ostacoli è capire a quali criteri deve rispondere un dispositivo quantistico per risolvere problemi impossibili per i computer tradizionali. Un team internazionale di ricercatori capitanato dalla SISSA, ha appena pubblicato una ricerca che stabilisce un criterio di base che i simulatori quantistici universali devono avere.
“Il computer quantistico può essere un ‘simulatore della Natura globale’” spiega Fabio Franchini, ricercatore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, “è cioè una macchina in grado di simulare la Natura come quantistica, cosa che i calcolatori tradizionali non riescono a fare”. Il computer quantistici sono macchine che svolgono operazioni sfruttando i fenomeni della meccanica quantistica, e possono svolgere funzioni diverse da quelle dei computer attuali. Questa scienza è ancora molto giovane e le macchine finora prodotte sono ancora molto limitate. Franchini è primo autore di uno studio appena pubblicato su Physical Review X che stabilisce un criterio di base che questo tipo di macchine dovranno per forza esibire, segnando così la direzione in cui la ricerca in questo campo si dovrà muovere.
Lo studio ha utilizzato metodi analitici e numerici. “Quello che abbiamo osservato” spiega Franchini,” è che un sistema che non mostri la presenza di ‘Fermioni di Majorana’ non può essere un simulatore quantistico universale”. I fermioni di Majorana sono stati ipotizzati da Ettore Majorana in un articolo del 1937 e hanno caratteristiche del tutto particolari: un fermione di Majorana è anche la sua stessa antiparticella:. “Questo vuol dire che se un fermione di Majorana incontra se stesso si annichilisce,” continua Franchini. “Negli ultimi anni si è ipotizzato che questi fermioni potrebbero trovarsi in stati della materia utili per la computazione quantistica, e il nostro studio conferma che devono essere presenti, con una certa probabilità legata all’entanglement, nel materiale utilizzato per la macchina”.
L’entanglement, o “azione a distanza”, è una proprietà dei sistemi quantistici per cui un’azione compiuta su una parte del sistema ha un effetto su un’altra parte dello stesso sistema, anche se questo è stato spezzato in due e le due parti vengono portate lontanissime. “L’entanglement è un fenomeno fondamentale nei computer quantistici,” spiega Franchini.
“Il nostro studio aiuta a capire su quali tipi di macchina la ricerca deve focalizzarsi per costruire questo simulatore universale. Fino a ora infatti in mancanza di criteri si è andati avanti un po’ alla cieca, con un grande dispendio di tempo e risorse”.
Allo studio, oltre alla SISSA, hanno partecipato molti altri istituti di ricerca internazionali, fra cui Il Massachusetts Institute of Techonology (MIT) di Boston, L’università di Oxford e molti altri.
Più in dettaglio…
“Avere un computer quantistico ci aprirebbe dei mondi nuovi. Per esempio se oggi ne avessimo uno sarebbe possibile violare qualsiasi conto corrente bancario,” scherza Franchini. “Ma tranquilli, questo obiettivo è ancora molto lontano”.
Per ora esistono diversi tentativi di macchina quantistica, che sfruttano le proprietà di materiali particolari. A seconda della tecnologia utilizzata questi calcolatori hanno dimensioni variabili da una scatoletta a un’intera stanza, ma per ora riescono a trattare solo pochi bit di informazione, una quantità infinitamente inferiore a quella processata da un computer normale.
Non è comunque corretto dire che i computer quantistici sono, o saranno, più potenti di quelli tradizionali, puntualizza il ricercatore. “Ci sono cose che questi dispositivi fanno peggio. Sfruttando la meccanica quantistica però, riescono a fare operazioni impossibili con un computer tradizionale”.