Un nuovo studio, il più sistematico e rigoroso finora compiuto in questo campo, stabilisce chiaramente uno dei ruoli benigni della proteina prionica (PrPC): la sua presenza nel cervello ha un ruolo nel prevenire l’insorgenza delle crisi epilettiche. PrPC è forse più nota nella sua forma “degenerata”, il prione, l’agente infettivo alla base di alcune pericolose malattie neurodegenerative come per esempio il morbo della mucca pazza. Allo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports (gruppo Nature) ha collaborato anche la SISSA.
Da tempo gli scienziati si interrogano su quale sia il ruolo fisiologico di PrPC nel suo stato fisiologico normale. Studi precedenti avevano suggerito che fra queste funzioni vi fosse anche quella di evitare l’insorgenza di scariche epilettiche nel cervello (modulando probabilmente l’azione di canali sinaptici specifici), ma c’è chi aveva messo in dubbio la validità di queste ricerche. “L’idea era che, in passato, i modelli animali non fossero sufficientemente specifici e che le osservazioni fossero il prodotto di un errore, sistematico, sperimentale”, spiega Giuseppe Legname professore della Scuola internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Legname è fra gli autori della nuova ricerca. “Con il nostro lavoro abbiamo voluto fugare ogni dubbio. Abbiamo utilizzato ben 4 modelli animali, proprio per mettere alla prova l’ipotesi neuroprotettiva di PrPC rispetto all’epilessia”. Risultato? “PrPC ha sicuramente un ruolo nell’evitare le scariche epilettiche, quando manca infatti queste sono molto più frequenti”.
Questo studio si pone ora come un riferimento importante nel suo campo: “nessun altro finora ha utilizzato questa precisione e quest’ampia casistica. Lo studio è di spessore anche dal punto di vista della collaborazione fra istituti internazionali: la SISSA, ma anche l’Università di Barcellona, il Centro Tedesco per le Malattie Neurodegenerative di Gottinga, e altri istituti spagnoli”, conclude Legname. “Naturalmente non ci fermeremo qui: stiamo infatti già continuando a migliorare i nostri risultati con un nuovo modello sviluppato utilizzando nuove tecniche genetiche avanzate e molto più precise che riesce a spegnere selettivamente solo la proteina prionica”.