I superconduttori sono materiali promettenti, con applicazioni dalla medicina ai trasporti. Purtroppo però, per ora, il loro uso è limitato dalle temperature bassissime (prossime allo zero assoluto) necessarie perché la superconduttività si manifesti. Alcuni materiali però potrebbero essere migliorati ottenendo temperature critiche più alte e meno “costose” dal punto di vista energetico. Un team di ricercatori coordinato dalla SISSA ha studiato una classe di conduttori ad alta temperatura critica, aggiungendo un tassello alla comprensione della fisica che sta dietro a questi fenomeni.
Imaging e diagnostica medica d’avanguardia, ma anche treni a levitazione magnetica: questi sono esempi di tecnologia dove i “superconduttori” trovano impiego. I superconduttori sono materiali in cui gli elettroni fluiscono senza dissipazione, e hanno caratteristiche molto speciali, come quella di respingere ogni campo magnetico. La fisica che spiega il fenomeno è stata compresa solo nei superconduttori a bassa temperatura, quelli che cioè manifestano le loro proprietà a temperature vicine allo zero assoluto. I cosiddetti superconduttori ad alta temperatura rimangono invece uno dei maggiori misteri della fisica della materia e gli scienziati negli ultimi anni stanno moltiplicando gli sforzi per comprendere il fenomeno e migliorarne il rendimento, come hanno fatto Massimo Capone e colleghi che hanno appena pubblicato una ricerca sulla rivista Physical Review Letters. Lo studio oltre che da Capone, responsabile del progetto ERC SUPERBAD, è firmato da Gianluca Giovannetti, del CNR- IOM e della SISSA, e da Luca de’ Medici della European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble.
“Per funzionare i superconduttori classici devono raggiungere temperature bassissime, molto vicine allo zero assoluto. Questo rende il loro utilizzo dispendioso e poco economico”, spiega Capone. “Quasi trent’anni fa sono state scoperte delle classi di materiali che funzionano a temperature sensibilmente più alte, ma sempre piuttosto basse, si parla di oltre 200°c sotto zero. Ci sono più tipi di materiali, con caratteristiche e temperature critiche diverse”, continua il ricercatore, “la famiglia più studiata è basata sul rame, un’altra, un po’ meno efficiente si basa sul ferro, e proprio questa è quella che abbiamo messo sotto esame”.
Come spiega Capone non esiste accordo su come si origini il fenomeno nei diversi materiali e secondo alcuni scienziati le spiegazioni potrebbero essere diverse per le varie famiglie. “Noi abbiamo condotto uno studio basato su teoria e simulazioni che dimostra che non è così: la spiegazione teorica per i superconduttori a base di rame e quelli ferrosi potrebbe essere la stessa, e potrebbe addirittura estendersi ad altri materiali, come quelli basati sul carbonio, come il fullerene, un materiale che abbiamo studiato estensivamente qui alla SISSA. In pratica potrebbe esistere una teoria unificata di questi superconduttori”.
Nel nuovo articolo Capone e colleghi dimostrano che la spiegazione è unica e avanzano alcune ipotesi sul quadro teorico in cui questa spiegazione potrebbe stare, che paradossalmente avvicinerebbero i fenomeni di superconduttività a quelli di altissima impedenza. “Non abbiamo ancora spiegato la fisica di questi superconduttori, naturalmente, se lo avessimo fatto avremmo vinto il Nobel”, scherza Capone. “Dimostrare però che il quadro teorico con cui spiegare questi fenomeni potrebbe essere uno solo è un passo avanti importante”.