Già: un regista di quelli bravi non avrebbe potuto orchestrare un finale più azzeccato. L’A.P.U. di coach Lino che domina, spazza via, asfalta anche la Effe di Bologna sette giorni dopo aver conquistato il PalaVerde; il capitano Manuel Vanuzzo cui viene riservata una standing ovation da brividi; il pubblico che crea alla squadra una cornice degna della serie superiore, cui entrambe le formazioni dovrebbero per blasone appartenere.
Ma chi avesse visto il match di stasera senza badare alla classifica non avrebbe potuto affermare con decisione che sono gli ospiti ad essere in lizza per salire mentre i friulani occupano una comoda nona posizione. Vero è che la Kontatto galleggiava in una tranquilla quinta posizione, che Boniciolli aveva preferito non schierare Legion (lievemente infortunato) per evitargli problemi in post-season; che le motivazioni udinesi, a prescindere dalla classifica, erano superiori a quelle fortitudine; detto tutto ciò, alcuni aspetti giustificano la débacle bolognese.
Il primo è la direzione dalla panca: ho visto un Boniciolli appesantito, imbronciato e maleducato col tavolo, tanto da meritarsi un fallo tecnico solare comminato da una terna in grigio quasi perfetta nelle interpretazioni e decisamente tutt’altro che inflessibile con i giocatori. Non è mai parso in controllo della situazione sul campo, lontanissimo dal vulcanico ma geniale conducatore di qualche tempo fa. Forse avrà patito anche lui le poche motivazioni dei suoi, ciò sarebbe un peccato non veniale.
Motivazioni che, Mancinelli a parte, pochi hanno mostrato. Knox ne ha messi 19 e Italiano 11 (con tre triple pazzesche), per il resto poco o nulla. Incluso il mulo Ruzzier, che ha perso il personalissimo derby contro i friulani.
A far da contraltare alla pochezza bolognese, la solita recita della GSA di coach Lino: difesa, difesa, difesa. Mancinelli chiuderà a sei punti, almeno una dozzina di volte Bologna muore con la palla in mano o la perde per mancanza di alternative. A parte qualche alto-e-basso iniziale (ma solo nel punteggio) è stata una progressione bianca e nera: il parziale di 12-2 di inizio secondo quarto, targato Sonnyboy Traini (che ha confinato in tribuna il gemello Sadness Andrea) diventa quello determinante; showtime in contropiede con Fall e “mi chiamo Michele, risolvo problemi” che realizza in appoggio; Stan Okoye che colpisce da fuori, da sotto e dalla media; un Veideman che non sarà un play, ma da eccellente giocatore dotato di tutti i fondamentali sa perfettamente come gestire la squadra. Insomma, Udine arriva a +21, si ferma e concede un rientro a Bologna che per qualche minuto colpisce da tre accorciando a nove lunghezze; un paio di bombe udinesi li riporta a quindici punti di distanza, sancendo la fine della gara a 8’ dal termine.
Di lì in poi, detto del tecnico fischiato per esasperazione all’insopportabile Boniciolli, solo lo spazio per il commiato di un popolo intero a Manuel Vanuzzo: il capitano della rinascita GSA saluta tutti e torna in Sardegna. Dalla tribuna stampa lo applaudo, asciugo una lacrima e come ho scritto ieri gli stampo un bel “see you later”, capitano. La tua famiglia lo attende a Sassari, ma quella adottiva friulana conserverà per lui un posto di rilievo. E che dirigente coi fiocchi diventerà, Vanuzzo, quando deciderà di smetterla con i “suicidi”, con gli allenamenti e con le triple che, come anche stasera, è ancora capace di realizzare.
E il pubblico? Il bellissimo, calorosissimo, sportivissimo popolo della pallalcesto friulana che anche stasera ha fatto da corollario ad una squadra che se lo merita tutto. Il Settore D in testa, con Giangi, Matteo, Nicola e gli altri ragazzi e ragazze del gruppo che quest’anno hanno seguito l’A.P.U. su e giù per la penisola. Facile oggi che con l’ingresso di Rain le cose girano come un orologio, ma lo facevano anche quando si prendevano primi quarti da 10-31 come a Mantua. Ma anche il resto del palazzo ha riservato un calore cresciuto nel corso dell’anno. Bravi: mi levo il cappellaccio e lo calo fino ai piedi. Si inizi la prossima stagione da un canovaccio bianco e nuovo, confinando i malintesi con alcuni nostri colleghi nell’àlveo di una gara in fondo vinta.
Ed ora? Due giorni di pausa dal basket, domani seguiremo i ragazzi di Gigi l’Aquileiense e dalla settimana prossima prepareremo il bilancio di una stagione, soprattutto penseremo (fossimo Micalich ma non lo siamo) come sarebbe possibile far fare un altro saltino di qualità alla Biancanera. Iniziando, ovviamente, dalla conferma di coach Lino che ha stravinto duelli a distanza con prestigiosi colleghi come Dalmasson, Pillastrini, Martelossi e Boniciolli.
Ho un’impressione: che quando Udine perdeva con Bergamo due stagioni fa, per poi rifiutare di acquisire diritti altrui bypassando la promozione sul campo; quando si firmavano un coach in panca (Lardo) ed uno in campo (Manuel), arricchendo la squadra con Poltroneri, Truccolo, Castelli, Pinton e poi Tonino Porta; quando si è dominata una categoria, non solo un girone, di cadetteria per risalire finalmente in serie A: ecco, da quei giorni è nato un ciclo che oggi, con la striscia vincente realizzata contro formazioni che si chiamano Trieste, Treviso, Effe Bologna o Mantova, si consacra definitivamente. Questa squadra ha bisogno di tre elementi, secondo me, e di riconfermare Rain, Stan, Abdel ma anche Vitto, Ferro, Dany-da-Tre e Andrea Traini, uno che ha tanto talento quante insicurezze. Traini è uno di quei giocatori che ci pensa troppo: a quel che poteva essere e non è stato, a quel che poteva fare e non ha fatto, invece di sprigionare il 120% del Sonnyboy che alberga in lui. Lo abbraccio fortissimo, lo scuoto per dirgli “adesso tocca a te”. E aggiungendo a questi, a Diop e Gatto, a Ba (rientra?) due, tre pedine “giuste”, allora sì che sarebbero “dolori di pancia per tutti”!
Orgoglioso: di una dirigenza passionale e competente, di uno staff tecnico preparato e attaccato alla terra ed ai colori; di un roster magari non stellare ma formato da grandi persone; di un pubblico che mi emoziona ogni gara di più.
Orgoglioso di esser malato di basket, come ormai dico anche troppo spesso. Sì: l’Udinese è la squadra del mio cuor, ma questo sia grande abbastanza per contenere anche la GSA, gruppo vero di uomini veri.
La GSA spazza via la Fortitudo: è la chiusura più bella
Già: un regista di quelli bravi non avrebbe potuto orchestrare un finale più azzeccato. L’A.P.U. di coach Lino che domina, spazza via, asfalta anche la Effe di Bologna sette giorni dopo aver conquistato il PalaVerde; il capitano Manuel Vanuzzo cui viene riservata una standing ovation da brividi; il pubblico che crea alla squadra una cornice degna della serie superiore, cui entrambe le formazioni dovrebbero per blasone appartenere.
Ma chi avesse visto il match di stasera senza badare alla classifica non avrebbe potuto affermare con decisione che sono gli ospiti ad essere in lizza per salire mentre i friulani occupano una comoda nona posizione. Vero è che la Kontatto galleggiava in una tranquilla quinta posizione, che Boniciolli aveva preferito non schierare Legion (lievemente infortunato) per evitargli problemi in post-season; che le motivazioni udinesi, a prescindere dalla classifica, erano superiori a quelle fortitudine; detto tutto ciò, alcuni aspetti giustificano la débacle bolognese.
Il primo è la direzione dalla panca: ho visto un Boniciolli appesantito, imbronciato e maleducato col tavolo, tanto da meritarsi un fallo tecnico solare comminato da una terna in grigio quasi perfetta nelle interpretazioni e decisamente tutt’altro che inflessibile con i giocatori. Non è mai parso in controllo della situazione sul campo, lontanissimo dal vulcanico ma geniale conducatore di qualche tempo fa. Forse avrà patito anche lui le poche motivazioni dei suoi, ciò sarebbe un peccato non veniale.
Motivazioni che, Mancinelli a parte, pochi hanno mostrato. Knox ne ha messi 19 e Italiano 11 (con tre triple pazzesche), per il resto poco o nulla. Incluso il mulo Ruzzier, che ha perso il personalissimo derby contro i friulani.
A far da contraltare alla pochezza bolognese, la solita recita della GSA di coach Lino: difesa, difesa, difesa. Mancinelli chiuderà a sei punti, almeno una dozzina di volte Bologna muore con la palla in mano o la perde per mancanza di alternative. A parte qualche alto-e-basso iniziale (ma solo nel punteggio) è stata una progressione bianca e nera: il parziale di 12-2 di inizio secondo quarto, targato Sonnyboy Traini (che ha confinato in tribuna il gemello Sadness Andrea) diventa quello determinante; showtime in contropiede con Fall e “mi chiamo Michele, risolvo problemi” che realizza in appoggio; Stan Okoye che colpisce da fuori, da sotto e dalla media; un Veideman che non sarà un play, ma da eccellente giocatore dotato di tutti i fondamentali sa perfettamente come gestire la squadra. Insomma, Udine arriva a +21, si ferma e concede un rientro a Bologna che per qualche minuto colpisce da tre accorciando a nove lunghezze; un paio di bombe udinesi li riporta a quindici punti di distanza, sancendo la fine della gara a 8’ dal termine.
Di lì in poi, detto del tecnico fischiato per esasperazione all’insopportabile Boniciolli, solo lo spazio per il commiato di un popolo intero a Manuel Vanuzzo: il capitano della rinascita GSA saluta tutti e torna in Sardegna. Dalla tribuna stampa lo applaudo, asciugo una lacrima e come ho scritto ieri gli stampo un bel “see you later”, capitano. La tua famiglia lo attende a Sassari, ma quella adottiva friulana conserverà per lui un posto di rilievo. E che dirigente coi fiocchi diventerà, Vanuzzo, quando deciderà di smetterla con i “suicidi”, con gli allenamenti e con le triple che, come anche stasera, è ancora capace di realizzare.
E il pubblico? Il bellissimo, calorosissimo, sportivissimo popolo della pallalcesto friulana che anche stasera ha fatto da corollario ad una squadra che se lo merita tutto. Il Settore D in testa, con Giangi, Matteo, Nicola e gli altri ragazzi e ragazze del gruppo che quest’anno hanno seguito l’A.P.U. su e giù per la penisola. Facile oggi che con l’ingresso di Rain le cose girano come un orologio, ma lo facevano anche quando si prendevano primi quarti da 10-31 come a Mantua. Ma anche il resto del palazzo ha riservato un calore cresciuto nel corso dell’anno. Bravi: mi levo il cappellaccio e lo calo fino ai piedi. Si inizi la prossima stagione da un canovaccio bianco e nuovo, confinando i malintesi con alcuni nostri colleghi nell’àlveo di una gara in fondo vinta.
Ed ora? Due giorni di pausa dal basket, domani seguiremo i ragazzi di Gigi l’Aquileiense e dalla settimana prossima prepareremo il bilancio di una stagione, soprattutto penseremo (fossimo Micalich ma non lo siamo) come sarebbe possibile far fare un altro saltino di qualità alla Biancanera. Iniziando, ovviamente, dalla conferma di coach Lino che ha stravinto duelli a distanza con prestigiosi colleghi come Dalmasson, Pillastrini, Martelossi e Boniciolli.
Ho un’impressione: che quando Udine perdeva con Bergamo due stagioni fa, per poi rifiutare di acquisire diritti altrui bypassando la promozione sul campo; quando si firmavano un coach in panca (Lardo) ed uno in campo (Manuel), arricchendo la squadra con Poltroneri, Truccolo, Castelli, Pinton e poi Tonino Porta; quando si è dominata una categoria, non solo un girone, di cadetteria per risalire finalmente in serie A: ecco, da quei giorni è nato un ciclo che oggi, con la striscia vincente realizzata contro formazioni che si chiamano Trieste, Treviso, Effe Bologna o Mantova, si consacra definitivamente. Questa squadra ha bisogno di tre elementi, secondo me, e di riconfermare Rain, Stan, Abdel ma anche Vitto, Ferro, Dany-da-Tre e Andrea Traini, uno che ha tanto talento quante insicurezze. Traini è uno di quei giocatori che ci pensa troppo: a quel che poteva essere e non è stato, a quel che poteva fare e non ha fatto, invece di sprigionare il 120% del Sonnyboy che alberga in lui. Lo abbraccio fortissimo, lo scuoto per dirgli “adesso tocca a te”. E aggiungendo a questi, a Diop e Gatto, a Ba (rientra?) due, tre pedine “giuste”, allora sì che sarebbero “dolori di pancia per tutti”!
Orgoglioso: di una dirigenza passionale e competente, di uno staff tecnico preparato e attaccato alla terra ed ai colori; di un roster magari non stellare ma formato da grandi persone; di un pubblico che mi emoziona ogni gara di più.
Orgoglioso di esser malato di basket, come ormai dico anche troppo spesso. Sì: l’Udinese è la squadra del mio cuor, ma questo sia grande abbastanza per contenere anche la GSA, gruppo vero di uomini veri.