Diciamo la verità: alle 14:59 tutti avremmo sottoscritto un pari, con rete di Armero e un Milan in rimonta ma incapace di superare la munitissima difesa biancanera, senza neanche pensarci sopra.
Eppure alla fine rammarico ce n’è, almeno per quanto mi riguarda.
Come ad Empoli due tempi diversissimi, anche se stavolta nella ripresa i domestici ci hanno messo tanto del loro per prendere i tre punti, non riuscendovi principalmente perché, dopotutto, il Milan è grande squadra di nome, ma non di fatto. Grandi nomi, grandi firme, tanti soldi ma in fondo (lo so: offside di Matos) Lodi ha sulla coscienza due reti: quella sbagliata, e quella presa.
Nel primo tempo il Milan non sfonda, perché l’Udinese gioca meglio. Sono ben disposti, equilibrati i podòsfori bianchineri, di fronte alle frotte di casalinghi le quali cercano senza riuscirci di articolare delle azioni vagamente pericolose. Non tirano in porta mai, i milanisti, quando invece l’Udinese realizza con BipBip Armero (il quale risponde da par suo-edizione 2010/11, al sommesso richiamo che gli rivolsi avant’ieri) dopo un doppio miracolo di Donnarumma, e manca, per la solita congenita imprecisione, tre contropiedi che potevano risultare mortiferi. Discreta la prova della strana coppia Cirillo-Ryder, chiuso e presente a sé stesso il centrocampo, tranquillo il trio difensivo che riduce al minimo i falli dal limite, vera unica sorgente di pericoli rossoneri.
Nell’intervallo immagino la strigliata di Mihajlovic nello spogliatoio, mentre Balotelli si scalda per l’imminente ingresso con la stessa lena, voglia, impegno che ci metterebbe un settantenne pensionato postelegrafonico di fronte alla scelta del regalo di San Valentino per la coetanea che lo sopporta da quarant’anni.
La ripresa si apre, come detto, con l’errore di Lodi, che spara su Donnarumma; e il conseguente contropiede che affetta il lato destro della difesa, ove Wague si fa prendere d’infilata da Niang che fredda Karnezis. Peccato, perché di lì in poi l’Udinese abbassa di trenta metri la propria linea, non pressa più alto i lenti portatori di palla domestici, la cui linfa vitale scorre fino a quando Niang si fa male (?) ed esce per far posto al fantasma di Prince Boateng, il cui rientro al Milan è stato più apprezzato dai negozianti di Montenapoleone che dai tifosi rossoneri. Da lì in poi la manovra si rifà farraginosa, e gli unici rischi per Orestiade vengono da mischie sottoporta e soprattutto dall’unica grande azione dell’anno di Bertolacci, che raccoglie la sfera in area e colpisce la traversa e poi la schiena del portiere bianconero. (non gol, dice la tecnologia). Finisce pari: ite, missa est.
Eppure a me è salita la carogna alla spalla.
L’Udinese ha affrontato un Milan decisamente sopravvalutato da chi, nelle ultime due gare, la definiva una possibile aspirante alla terza piazza, che (se vince stasera) sarà quasii certo ad appannaggio della truppa di Spalletti. Un gran bel portiere, giovane e coraggioso; una difesa onesta ma cui i bianchineri oggi hanno fatto troppa poca paura. Tutto sommato il solletico, specie quando nella ripresa Zapàta mai è stato messo in condizioni di offendere se dall’area la palla era sistematicamente sparata lontano. Un centrocampo inesistente, in cui Montolivo ha la velocità di un maratoneta degli anni venti e sulle fasce Kucka e Abate fanno pietà. Davanti Bacca (unico vero grande giocatore assieme all’assente Jack Bonaventura) non la vede mai, e quando ha la chance di segnare la cicca nel peggiore dei modi. Entra Balotelli, nella ripresa. Davvero? E lo dico da balotelliano della prima ora: questo qui sembra un ex giocatore. Un tiro a giro, due punizioni che neanche Iturra, un fallo commesso in area e i successivi due minuti a protestare con Irrati per il mancato rigore. Sembrava quasi più utile Honda, uno che si fa notare solo per i capelli che andranno fuori ordinanza mercoledì, quando si celebrano le ceneri: a proposito: pare, dicono le malelingue, che quest’anno Balotelli celebri ventisei anni. Sarebbe forse il caso che smettesse di acconciarsi come Ray Bolger de il mago di Oz. Lo dico per lui. chiusa parentesi.
La carogna sale perché dopo un buonissimo primo tempo l’Udinese spegne la luce: Lodi come detto commette un errore da circoletto rosso; la difesa viene presa d’infilata e passa i quarantasette successivi minuti atterrita terrorizzata inoffensiva. Non va bene: il mister continua a togliere giocatori perché già ammoniti, ma quando al posto di Lodi mette Guilherme, geneticamente determinato ad essere incompatibile con gare di questo nervosismo e tensione, mi fa pensare solo male. Il “va bene così” con cui chiosa ogni gara deve finire: oggi la rete del pari rossonero è stata la finalizzazione di una bella verticalizzazione in ripartenza, ma in vantaggio a Milano un contropiede non lo devi prendere. Se poi ha voglia di far diga, perché non mettere un gigantone come Hallfredsson al posto di un regista che, onestamente, per il tipo di gara à-la-Colantuono serve come un allevamento di maiali in Israele? I solòni pontificano che serve assolutamente un regista per giocare con questo modulo. Quale modulo? La doppia linea Maginot? Siate seri, suvvia.
Tutt’al più metto il ragazzino col 99, Balic, e ne testo immediatamente le qualità. Altrimenti con la scusa del “deve crescere, va centellinato, deve ambientarsi” e successiva stagione di maturazione a non giocare con Entella o Crotone, non si arriva da nessuna parte.
Mi spiace, sarò pure prevenuto: ma non contro Colantuono, Pozzo o alcun giocatore. A differenza di alcuni miei colleghi professionisti che giudicano le prestazioni a seconda delle simpatie personali, io sono prevenuto contro il grigiume, la mediocrità e la mancanza di qualità. Sono d’accordo: la squadra ha reagito, avesse giocato come oggi anche solo limitandosi al secondo tempo, col piffero che il Palermino ne avrebbe fatti quattro. Ma Colantuono deve capire che su quella panca biancanera, con rose non necessariamente più forti, altri colleghi hanno mostrato coraggio; intraprendenza; quella sana percentuale di incoscienza che ci vuole. Specie in un campionato già scritto, in coda, dove tre formazioni si stanno staccando ed in un’altra, la Samp-e-Doria (del Vostro grande amico di selfie Ferrero), Montella ci sta capendo sempre meno, aiutato da una campagna d’indebolimento da premio Oscar per chi, come me, non ama i ciclisti sampierdarenesi.
Tre gare: adesso tre partite contro squadre che l’Anziate considera al nostro livello, ma guidate da trainer di assoluto valore. Donadoni; Gasperini; Delneri. Ormai non chiedo più nulla, il campionato per me è finito. Quantomeno una piccola richiesta, però, l’avrei. È sempre la stessa. Riuscite a giocare a calcio per una gara intera, o chiedo obiettivamente troppo? Poi guardo l’Inter, vedo che ha speso 118,9 milioni per acquistare i grandi campioni, con altri 44 da spendere in riscatti obbligatori e un po’ mi rilasso. Anzi, no: la carogna sulla spalla è un fastidiosissimo peso.