“Strani giorni, sento rumori di swing provenire dal neolitico, dall’Olocene. Sento il suono di un violino e mi circondano l’alba e il mattino”, cantava il Maestro Franco.
E strani sono questi giorni per me.
All’alba ed al mattino del giorno successivo alla partita non-giocata contro la Juventus, la società Udinesecalcioessepià decide di cambiare registro: ne vende quattro e acquisisce le prestazioni sportive di Zdravko Kuzmanovic, non talentuoso tiratore di calci serbo. Se non altro avente il merito, agli occhi di un osservatore medio (come me) di esser conosciuto più di Insua (ciao amico mio, mezz’ora giocata ed ora fiero ostentante la rossonera livrèda dei vecchi ragazzi di Newell). Me ne faccio una ragione anche se sono abbastanza certo non si innalzerà drammaticamente il livello tecnico della formazione biancanera.
Intanto a Napoli va in onda uno psicodramma globale in occasione dell’amichevole di Coppa Italia dei domestici contro l’Inter: Sarri non ci capisce nulla, si fa metter nel sacco da Mancini e ormai in vista di una sconfitta ormai certa apostrofa il collega in maniera volgare, per alcuni omòfoba. Credo sia stata la maniera più rapida per cercar di demolire la propria immagine. Il mister marchigiano dei nerazzurri ha furbescamente amplificato quanto successo, infrangendo il tabù da “miglio verde” solitamente adottato dal mondo del pallone. Non giudico né l’uno, né l’altro, nemmeno i tanti moralisti schiavi della sindrome-je-suis-Charlie che oggi si scoprono difensori della diversità ma domani voteranno sdegnosamente contrari al riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali; urlo al cielo solamente un enorme, grandissimo “chissene”: del dolore di Mancini, delle scuse di Sarri, delle reazioni dell’”opinione pubblica”. La cosa peggiore è la serie di gavettoni all’urina riservati, in tribuna stampa, ai giornalisti schierati coi nerazzurri. D’altra parte è cosa cògnita che ogni press-zone del mondo contiene persone recanti borse piene di fluidi corporei testé prodotti.
E tutto ciò per cercare di guardare avanti, di non pensare a “vi siete scansati!”, accusa rivoltami (e io che c’entro?) da amici colleghi milanesi, incidentalmente nerazzurri. Vedendo la gara da osservatore esterno, avrei avuto la medesima impressione. Sì: perché contro l’Inter l’Udinese collezionò una clamorosa serie di errori fatali, ma si giocò la gara e nel complesso si comportò anche meglio dell’allora capolista. Contro i boys di Allegri invece i bianchineri la prestazione, come dicono quelli bravi, non l’hanno mica fatta.
E i nostri prodi podòsfori dovrebbero imparare dagli juventini, pluricampioni, oltreché nel medagliere, anche di professionalità. La loro compatta dedizione; l’intensità di Lichtsteiner, uno che probabilmente se ne andrà a fine stagione, uno che non ha il talento di Widmer ma a costui dà dieci a zero in corsa, impegno, attenzione. La freddezza dei centrocampisti, la padronanza del tocco e soprattutto la velocità mentale nello scegliere la giocata giusta col tempo giusto. Tutte cose patrimonio di una squadra grande. Cosa che l’Udinese, oggi, non è.
Stasera poi il signor GianPaolo Pozzo si è fatto intervistare da una rete locale in quello che sembrava più una specie di infotainment, uno di quegli spot che si vedevano negli anni ottanta. Inclusa la ficcante serie di domande dei giornalisti, tipo “Lei è un’eccellenza regionale… Perché questo accanimento verso di Lei?” con risposta benevola, Papa Francesco ha fatto scuola, ma senza (mi perdoni il Paròn) il necessario bagaglio culturale e spirituale (detto senza offesa… d’altra parte l’altro è il Papa!). Mi ricordava gli spot elettorali di Minoli con Craxi, anno 1986. Mi spiace ma non l’ho bevuta, per quella piccola parte in cui mi ci sono dedicato. Credo, ne sono certo?, nella buona fede di Pozzo quando afferma come quest’anno l’Udinese sarebbe dovuta esser più in alto in classifica, e vedere Sassuolo ed Empoli così in alto gli procura del fastidio; ma se in fase di calciomercato estivo si cedono Allan, Nico Lòpes, Zielinski, Verre e si acquisiscono le prestazioni sportive di gente come Insua e Iturra, mi si deve spiegare dove stia il progetto.
Quello sbandierato con Guidolin, stasera definito “inadeguato” ma a cui io devo, lui sì!, tanta gratitudine per la signorilità con cui ha sopportato molte, troppe cose (ma gli rimproverai quanto detto dopo la gara di Marassi col Genoa); lunedì ha iniziato, vincendo (destini incrociati) la gara contro il Watford, l’avventura in Premier League con la formazione gallese dello Swansea di Abertawe. I cigni bianconeri sono per diversi aspetti la casa giusta per Francesco, cui vada il mio abbraccio grato ed un augurio di buon lavoro.
Quello colmo di sollievo iniziato da Stramaccioni, accolto a suon di autoscatti (selfie) da tanti tifosi, che con me se l’erano presa per la mia sbandierata e mai celata guidolinianità. Essi accoglievano il profeta di San Giovanni con attese e trepidanti speranze. Distrutte dall’incostanza del romano, che alternava concentrazione a pause stile- Celentano. Ma in generale cospargeva tutto di fiumi di parole quasi fosse il barbuto dei Jalisse. La società non ritenne di proseguire, secondo me sbagliando, nel progetto e lui sbatté la porta di tutti coloro i quali fino a due giorni prima trattava come vecchi amici. Non splendido.
Quello iniziato dall’Anziate Colantuono, decisamente il più debole per precedenti, rosa e tipologia d’allenatore. Ad oggi la parola d’ordine è mediocrità, non così male da lottare per non retrocedere, non così bene da competere decisamente per i posti appena sotto l’Europa che conta meno, fors’anche dentro quest’area. Ventiquattro punti, comunque, per un portafoglio-giocatori come quello attuale sono bottino quasi lusinghiero: vedremo il ritorno, inziato come peggio non si poteva. Domenica si va a Palermo, contro un’armata Brancaleone di cui si conosce a malapena il nome del mister, che (a meno di esoneri dell’ultimo momento) dovrebbe essere Viviani con tale Schelotto come direttore tecnico.
Quello legato allo stadio, che oggi iniziamo a vedere chiaramente come Dacia Arena grazie alle lettere ed al logo che campeggiano sulla superficie diamantata dei nuovi spalti. Leggo invettive di bravi tifosi contro quella che essi definiscono una crociata contro la modernità. Li invito ad aggiornare le cifre se ritengono 500,000 euro l’anno una dazione enorme a fronte del branding del terzo stadio di proprietà della massima serie. Comunque non c’è accanimento, solo nostalgia ed un’idea diversa. Sommesso sospiro: bravi tifosi, noi nutriamo rispetto verso le idee diverse dalle nostre; Voi mi dite invece che non ci sono opinioni, solo fatti. Okay, avete vinto: è fatto che lo stadio sia Dacia Arena. Il nome “Friuli” per ora non è previsto.
Eppure siamo qui a parlarne, e domenica con sei ore di fuso orario mi cercherò di vedere la gara per poi dare il mio umile contributo alla discussione. Perché? Lo diceva San Paolo nella lettera agli Ebrei: “Est fides sperandarum substantia rerum, argumentum non apparentium”. La fede è sostanza di cose sperate, e discussione di ciò che non appare ancora. Lo so, si incacchierà chi dice che scrivo troppo alto. Per questi c’è un’altra via, sicuramente più divertente ed incalzante: un’ampia scelta di rassicuranti testate. Io, le testate le riserverei a qualcuno, ma siamo in Quaresima e preferisco lasciar perdere.