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Sono contento.
Contento per il signor Reja. Ebbene no: non mi sta simpatico, il nonnetto della panca che vien da Luzinìns. Da quando il diciannove di gennaio del 2014 vinse immeritatamente a Udine 2-3 grazie ad un’epica autorete Brkic-Lazzari, e si presentò in sala stampa a parlar di dominio, iniziando da “sono contento, mi sono preso la mia vendetta” (italiano legato col fil di ferro, ma che diamine, mica siamo tutti accademici della Crusca) riferendosi a quando sempre in celestino perse dall’Udinese la qualificazione Champions. Lo trovai un gesto povero di sportività, privo di intelligenza ed umanità. Me la legai al dito, stasera si è fatto cacciare dopo aver innescato uno psicodramma nerazzurro ed uscendo ha esclamato agli arbitri “complimenti. A tutti”. Complimenti anche a Lei. Anche per l’originalità delle dichiarazioni: “il rigore che non c’era… forse… ma non ne parliamo (dopo due minuti che ne parla); se sull’1-1 segnavamo noi cambiava la partita. E un gol loro è nato da un fallo non fischiato a favore (quaranta secondi prima)”. Vabbé Mister. Niente vendetta. Però sputi quella gomma…
Contento per il pubblico. L’improvvisata festa tra supporter in trasferta e squadra in rientro da Chievo, consumata in autogrill e targata Daniele Muraro, ha incollato tifoseria e società come da tempo non si vedeva. Stasera gli eroici presenti sono stati premiati da una partita divertente, per il tratto centrale soffrendo ma con inizio e fine nettamente a favore. Urlanti dall’inizio alla fine, i curvajoli bianchineri. Compimenti: continuate così.
Contento per il Friuli al comando: Meret da Rivignàn sicuro e tranquillo, incolpevole sulla bella rete di genio Monachello ma decisivo su D’Alessandro. Pontisso invece ha iniziato con personalità, ma alla distanza ha sbagliato, secondo me, nel ricercare il gesto difficile quasi a dover dimostrare di esser bravo bravo. L’esperienza gli insegnerà che quando di fronte ha avversari con qualità e velocità, dar la palla con premura, intesa come ritmo e cura, è doveroso.
Stasera l’Udinese ha vinto quella che per me formalmente è stata un’amichevole. Perché? Per una formula volutamente tesa a proteggere le grandi squadre, che entrano in campo dagli ottavi e giocano sul proprio terreno. Decisione intenzionale, perché l’extra-posto Uefa debba andare ad una delle deluse dal campionato, nel caso serva. Fino a quando quantomeno non si invertirà il campo con le major in trasferta le semifinali saranno sempre o quasi Milan-, Inter-, Juve-, Napoli-centriche. Ad andar male una Fiorentina od una Lazio.
Di fronte stasera avevano una squadra con qualità: l’Atalanta è una bella squadra. Nella seconda fase del primo tempo tre opportunità grosse sprecate, nella ripresa la rete ed un’altra sprecata. Poi solo Udinese, specie dal 57’ in poi quando Perica l’ha messa in discesa. Ci sono cose che non capisco: ad esempio (questo però a pensarla male forse lo afferro) come mai lo scommettitore pentito Masiello, uno che l’ha messa nella sua porta in un derby Bari-Lecce in cambio di qualche mille euro, continui a trovare una maglia per menare fendenti a destra e manca (di giocare al calcio neanche se ne parla). Non capisco perché Gòmez entri facendo chiaramente capire che stava meglio a poltrire in panca (a differenza dell’opposto Danìlo, subentrato col furore dell’esordiente) tradendo la propria professione. Non capisco come mai Monachello non giochi… Poi mi dico “Dènis-Pinilla” e mi rispondo da solo.
La soddisfazione di Colantuono dev’essere proporzionale al numero di titolari impegnati oggi, quando in bianconero sono scesi quasi tutti giocatori “novità”. Pugnace il bucaniere Domizzi, in affanno Giò Pasquale da Liverpùl in difesa. A centrocampo fanno fatica Marquinho e Bruno Fernandes, sempre più oggetto misterioso, mentre a me non sono dispiaciute le fasce, con Alì protagonista di due assist bellissimi e la consapevolezza di averlo recuperato dopo un momento di pausa tecnico-atletica, e un discreto Insua anche lui all’esordio assoluto in maglia biancanera. Davanti gran goal di Stipe Perica, mentre dell’altro che gli giocava al fianco non mi sento di dire nulla.
Agli ottavi Lazio-Udinese, con la storia biancanera in questa coppa del Telefonino che probabilmente si fermerà lì, come l’anno passato. Ma la consapevolezza che la striscia di vittorie, arrivata a tre gare, non si è materializzata per caso ed è tutta ad appannaggio del gruppo tecnico. Colantuono, i cui limiti ricordo anche ora che sento parlarne in termini entusiastici, ha cementato e coagulato i giocatori attorno a sé. Non è il migliore allenatore della storia, non è un pirla (Mourinhanamente parlando): è un professionista che porterà questa squadra alla tranquilla salvezza, come la società gli chiese all’inizio.
E a Firenze vadano col cuor leggero e la concentrazione al massimo. I viola di Sousa giocano un bel calcio ma temo per loro (come successe a Basilea) che il tecnico si scopra troppo bravo e dimentichi chi sono i suoi datori di lavoro. Chiedere infatti di allargar i cordoni della borsa agli scarpari marchigiani è gesto improvvido e presuntuoso, così come schierare le riserve contro l’Empoli (pur sempre un derby) e rischiare l’imbarcata già nel solo primo tempo. I fiorentini stanno faticando, ma sono pur sempre terza forza di campionato: l’Udinese può fare risultato solo sfruttando ogni occasione che il tirare il fiato degli avversari possa concedere.
Ultimo telegramma per il signor Di Natale Antonio, di professione campione unico.
Il gesto atletico e tecnico della terza rete della squadra, seconda personale dopo il penalty iniziale (c’era?), meriterebbe di essere sigillato in una teca, come accaduto in passato per lo scarpino fatato del Diéz. Tutti in piedi ad applaudire il Panda partenopeo, che minaccia di lasciare il calcio giocato. I tifosi delle altre squadre sfottono, irridono, lo chiamano vecchio. Stolti: Samuele Papi, Kobe Bryant, Totò di Natale sono patrimonio dell’umanità sportiva, da tutelare e proteggere, da pregar il cielo che non smettano mai. Le due reti di stasera dovrebbero mettergli in testa che fino a giugno deve resistere, dopodiché decida con calma. Se non se la sentirà di affrontare un’altra preparazione lo capirò.
FRANCO CANCIANI