E ci risiamo. Ancora questa famigerata legge della discontinuità di rendimento attanaglia questa nostra Udinese del tempo corrente, che capitola immediatamente il babà di quella vittoria che è stata memorabile quella già ampiamente sdoganata con un onorato e comodo 3-1 a favore dei bianconeri di casa nostra. Poi è venuto il momento approdare in quel di Genova per affrontare una Sampdoria che non aveva di certo chances da buttare al vento e ha colto prontamente l’occasione per rosicchiare punti preziosi ad una Udinese che rappresentava di certo un bersaglio da privilegiare per questa Sampdoria che ha proprio nella squadra bianconera una delle concorrenti primarie nella corsa all’obiettivo stagionale di entrambe, ossia la salvezza, quanto più comoda possibile. E’ logico che non ci è potuta minimamente bastare a suo tempo una Udinese estremamente lenta e farraginosa come quella che non ha opposto una resistenza giudicabile come sufficiente al cospetto della squadra blucerchiata. Sia nel primo tempo sia nel secondo tempo abbiamo visto una Udinese che riusciva a mantenere con difficoltà il possesso del pallone e che quanto ad occasioni prodotte ne ha prodotte davvero un numero direttamente proporzionale alla propria nullità offensiva. Sono state davvero pochissime e soprattutto davvero mal imbastite le occasioni che l’Udinese è riuscita ad imbastire in quel di Genova, ed è proprio in occasioni come queste che si viene a sentire la mancanza di uomini che un tempo contribuivano ad alzare il baricentro, la zona d’azione protesa all’offensiva, della squadra bianconera. Facciamo riferimento a uomini come un certo Totò Di Natale, che quando erano regolarmente a disposizione della squadra friulana alzavano il baricentro delle zebrette non poco davvero. Poi dobbiamo ricordarci anche che il centrocampo bianconero è da qualche tempo orfano di un uomo che da solo si sobbarcava l’onere di fare la funzione di collante tra il centrocampo, la cosiddetta trequarti e l’attacco in sé e per sé. Quindi rientra perfettamente nella logica delle cose che questa Udinese non riesca ad essere tanto propositiva e costruttiva quanto dovrebbe essere, non riuscendo quella intensità, quella quantità in zona offensiva che è necessaria per trovare l’unico corroborante materiale che garantisce la sussistenza nel mondo del calcio. Senza troppe periperizie verbali a questa Udinese manca il gol, e la cosa è parsa evidente in tutte le partite che sono intercorse in quest’ultima quindicina, fatta salva quella vittoriosa contro la Fiorentina. Anche contro il Chievo sappiamo che è finita a reti bianche, ma contro i veneti al Friuli quantomeno la squadra di mister De Canio è migliorata sensibilmente per quanto attiene al gioco e al dinamismo, anche se sono numerose le occasioni per fissare il risultato in proprio favore che si sono perse contro i clivensi. La variabile peggiore è data dal fatta che contro i gialli di Verona si è persa un’altra occasione per cogliere il bersaglio grosso in termini di punti, ma i miglioramenti denotati dall’Udinese contro la squadra di Mister Maran, il cui nome fino a qualche tempo fa veniva associato proprio alla guida tecnica futura delll’Udinese, sono stati davvero molti soprattutto dal punto di vista di una maggiore e migliore persistenza in fase di pressing. E’ stata una Udinese che ha saputo maggiormente tenere in scacco l’avversario, anche se non ha potuto raccogliere i frutti di questa più capillare pressione. E proprio di tale miglioramento possiamo dirci soddisfatti. E soprattutto del fatto che questo miglioramento si è addirittura accresciuto ulteriormente in occasione della partita successiva, quella giocata contro la Fiorentina al Friuli nella giornata di mercoledì scorso. E dopo i notevoli passi avanti fatti in casa propria contro i viola l’Udinese ha conosciuto una assai prevedibile flessione in quel di Milano, laddove però tutti si aspettavano una maggiore reattività della squadra bianconera, che si è arresa un poco presto al maggior movimento e alla fisiologica superiorità territoriale dei padroni di casa nerazzurri di Mancini, avversari di turno. Si poteva essere di sicuro più solleciti nell’interrompere i possessi di palla nerazzurri e nell’opporre un contropiede che doveva sicuramente beneficiare del requisito di una maggiore audacia. L’Udinese aveva si potrebbe dire ben poco da perdere a San Siro, e proprio in ragione di questo doveva essere sicuramente più audace, ovviamente con l’uso di una circospezione che sarebbe stata sinonimo di rispetto nei confronti di un avversario sicuramente più blasonato e quotato di lei pure in correlazione ai valori correnti dei due collettivi, che non si possono certamente dire paritetici, anche e soprattutto in ragione di un differente livello di investimento dal punto di vista economico in fase di campagna aquisti; questo non dobbiamo certo nascondercelo: il confronto tra i valori in campo di Inter ed Udinese depone di sicuro in favore dei nerazzurri ed è inevitabile che la differenza dal punto di vista quantitativo si palesi in campo anche in misura evidente. Alla fine si è registrato un 3-1 che è un bel boccone amaro da mandare giù per l’Udinese di De Canio. Udinese che comunque non può fare altro che rimboccarsi le maniche cercando subito il pronto riscatto contro il Torino di Mister Ventura, in primis per ordine ben preciso di motivi. Il Torino è una squadra che risulta essere anch’essa concorrente diretta dell’Udinese nella corsa al preservazione della massima categoria, oltreché una squadra che dal punto di vista tecnico appartiene più o meno alla stessa fascia di squadre alla quale appartiene l’Udinese, con valori in campo se non altro analoghi. Da un certo punto di vista potremo dire pure che l’Udinese ha qualche arma in più nei confronti del Toro presieduto da Urbano Cairo, se non altro essendo squadra maggiormente completa sotto tutti i punti di vista rispetto a quella granata. Quindi l’Udinese non deve avere paura, e deve guardare con fiducia alla partita contro i piemontesi che potrebbe essere una delle due gare terreno di conquista per l’Udinese che è protesa all’acquisizione dei soli cinque punti in classifica che la separano dalla conquista della salvezza matematica. Ci può essere, infatti, terreno fertile per far punti vitali in ottica salvezza oltreché contro il Torino in casa anche con il Carpi, sempre tra le mura amiche del Friuli, mentre sul difficile campo di Bergamo sarebbe già positivo strappare all’Atalanta un punto che sarebbe un cospicuo passo avanti nell’ottica di una salvezza che nella partita successiva, ad Udine contro il Carpi, potrebbe essere a questo punto ottenuta anche semplicemente attraverso la conquista di un ulteriore punticino che alla fine dei conti, a quel punto, dovrebbe bastare. Ma perché mai, cara Udinese, doversi limitare ad accettare un solo punto in una partita non certo proibitiva, contro un Carpi che non è detto che a quel punto sia ancora in ballo per la lotta salvezza. L’imperativo è buttarsi a capofitto almeno su due delle tre partite che restano da qui alla fine del campionato. Per l’onore, e per chiudere in maniera sufficientemente confacente all’Udinese il discorso su una salvezza che altrimenti starebbe troppo stretta all’Udinese. Udinese prenditi tutti i punti che puoi, per colmare il sussistente gap con le aspettative comuni e per piazzarti sul gradino che è tuo di diritto, in relazione alle tue potenzialità. Con altri 7 punti, ora possiamo dirlo, l’Udinese avrà fatto null’altro che la sua stagione. Con un pensiero a progredire per quanto possibile nella stagione che verrà, previo un potenziamento tecnico che deve per forza avvenire. Non necessariamente puntando ancora sugli stranieri, che visto come stanno andando le cose potrebbero venire rimpiazzati assai egregiamente dai giovani di casa nostra. Ci sia permessa la dovuta incursione sull’argomento.
Articolo di
Valentino Deotti
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