Non mi venite a dire che rimpiangete Cirillo: nessuno ha mai dubitato delle sue capacità tecniche, magari un pochino di quelle tattiche, un bel po’ di quelle d’affezione. Oggi ci ha matati, sì; ha fatto il gesto “della Madonna” (cit. un noto allenatore friulano), ha battuto il pugno sul cuore, ha lanciato bacini e bacini. Gesti già visti: presto o tardi segnerà, perché lui l’ha sempre fatto; poi andrà sotto la Fiesole a zittire i supporter viola. I quali, lo avviso, hanno una maniera di pòrsi leggermente più passionale di quella dei curvajoli bianchineri.
E oggi, avessimo scambiato Maxi con Théréau a inizio gara come si faceva da ragazzini quando una delle due squadre doveva schierare il proprietario della palla (notoriamente scarso coi piedi), sarebbe finita 1-2 con doppietta dell’ex marito della Nara.
Non vorrei nemmeno parlare del suicidio tattico del mister udinese, che pensa di avere di fronte la Viola di Batigol o Edmundo e si mette in barricata ad aspettare una squadra modesta, da decimo posto in rango, che accetta il campo donato e ci fa, calcisticamente, a pezzi in una prima frazione nella quale l’Udinese non arriva nemmeno vicina a Sportiello. Bizzarri che fa (quasi) il Puggioni, Angella che si immola e con la collaborazione del palo respinge sulla linea; Simeone che sembra Bettega e colpisce il montante; Nuytinck che per la prima volta da quando veste il giallonero friulano (sì, spiegatemi perché oggi niente maglia tradizionale: paura di offendere i locali, notoriamente avversi ai colori biacca e carbone dei vinovesi?) sembra il Catellani di fine carriera a Udine; DePaul abbandonato sulla fascia, visto da nessuno ed impreciso quando (rarissimamente) innescato; Lasagna che pare imbolsito, ma con Matos va anche peggio (ma va?); Maxi che riposa accanto ad un Astori che passa 45’ di tranquillità.
Non vorrei nemmeno parlare di Albanone che si fa sgusciare una palla comoda comoda scagliata dai venti metri, dopo che Rodrigo l’aveva offerta all’avversario mentre usciva dalla propria trequarti (esiziale): la solita (mancata) protezione della difesa sul portiere, Théréau ringrazia e fa doppietta. Con buona pace di chi lo ha fischiato, quelle reti le avrebbe segnate anche un bambino.
Non vorrei nemmeno parlare della rivoluzione copernicana della ripresa, quando finalmente Rodrigo viene messo in mezzo e non latitante sulla fascia, quando l’Udinese mette a nudo la pochezza giovanile della Viola e rischia di pareggiarla, prima di concedere un raddoppio che, oggi, per l’Udinese, sembrava davvero essere troppo. Samir segna la prima rete in bianconero, ma vale solo per il tabellino.
Sono delneriano convinto, ma chiedo a Gigi di farsi da parte. Appare evidente che fra lui e la squadra c’è una scollatura ormai simile al Grand Canyon; che le sue idee, le quali non intendo contestare, non contemplano il rischio di inserire dei ragazzini (Matos? Ancora?). Eppure lo stesso Luigi, solo un anno fa, appena arrivato consegnò maglia da titolare a Fofana e Jankto non levandoli mai più…
I giocatori non sono scarsi: in una gara condotta nei canoni normali contro la Viola di oggi si pareggia, anche se noi Simeone e Chiesa non li abbiamo. Allora serve loro qualcuno che li prenda per le orecchie e li metta di fronte al misfatto compiuto e ripetuto, convincendoli che quel che hanno fatto negli ultimi campionati non appartiene esattamente alle corde che, evidentemente, Delneri non riesce a toccare più nella maniera migliore. Abbiamo apprezzato lo “sgarfare”, i “dindias”, gli auguri in friulano di Perica: adesso purtroppo non basta più.
E tutto ciò lo dico con la morte nel cuore: perché l’Aquileiense è friulano, è bravo, è preparato ed un mio beniamino: ma oggi è l’uomo giusto nel posto sbagliato.
E tutto ciò lo dico perché da Delneri in su ormai l’argomento più importante pare essere il “tutto esaurito” di domenica prossima contro la Vinovese, quando per fortuna starò rientrando da un’albionica settimana di lavoro e mi risparmierò un’Arena imbandierata a festa dai colori bianconeri: peccato non siano i nostri.
Mi fa piacere, dicevo, sapere che al contabile udinese scintilleranno gli occhi: ma alla fine della fiera l’Udinese resta una squadra di calcio, avente come scopo (teorico) la soddisfazione sportiva dei (pochi o tanti) committenti. Sbaglio? Forse sì. Mase pasût.
Invece ormai tutto passa solo silenzio. Le sconfitte, le prestazioni, i litigi, i “vaffa” che un giocatore avrebbe rivolto all’allenatore che lo aveva ripreso per l’errore che avrebbe causato poi il raddoppio viola. Silenzio, interrotto sporadicamente da interventi di figure non del primissimo piano(quello proprietario) mai definitivi né significativi.
Mi dicono che un collega, o una collega, avrebbe sostenuto come avere nella “holding” della famiglia Pozzo il Watford sia un onore: sarebbe la più grossa bestialità da quando l’uomo inventò il cavallo. Questa “holding” ha come chiaro scopo quello di guadagnare il più possibile, e ad oggi i proventi britannici e quelli italici non sono mimimamente comparabili. Ovvio quindi che l’attenzione sia spostata a Londra; ovvio quindi che questo onore si tramuti in una vacatio del potere decisionale all’ombra del ciscjel. Conseguenza di ciò?
Sei punti in classifica. Schiaffi da tutti. Zero punti guadagnati contro Chievo e S.P.A.L. Non si retrocede, vedrete: ma pensare che a Udine si continui ad essere contenti perché, in fondo, anche da quattordicesimi possiamo continuare, la stagione ventura, ad ospitare tifosi delle grandi squadre sia quantomeno improvvido. Per non dire indecente. O inutile.