Nel 2013 gli Elii sbarcavano a Sanremo con l’ennesima genialata, una canzone giocata su una sola nota. Colantuono, noto musicòfilo, ha applicato quasi alla lettera il dettàme di Stefano Belisari, in arte Elio; tranne che, a differenza del sàmba di Jobim l’Anziate ha le palle di andare fino in fondo, e tiene il punto non cambiando una virgola, anche con una punta in più (il contropiedista Matos fa la figura di Renolto, incatenato dai nemici).
Oggi a Marassi è andata in scena una gara devastante: non sìndaco le scelte del trainer, a questo punto uno vale l’altro; ma nei primi venti minuti il Genoa, formato da undici morti viventi in preda al classico psicodramma rossoblu, con tanto di contestazione della Curva Nord, costringe i bianchineri nella propria area, colpisce due pali (uno in fuorigioco) e consente a Karnezis di far vedere al mondo quanto sia bravo.
La rete di Alì Adnan, sino a quel punto e da lì in poi assolutamente inguardabile, in collaborazione con PaPerin (che subisce una rete identica a quella incassata dall’Inter) è un’eccezione che conferma la mononota colantuoniana, la quale passa per il solito pullman Avrigo parcheggiato in area piccola biancanera. Eppure dopo la rete il CFC entra in confusione, batte in testa, continua a buttar su palle con Izzo, che pare preso direttamente da un film sulla cosiddetta “Italian Mob” americana e il bolso Burdisso dirige con affanno la difesa, di fronte all’inesistente attacco udinese d’oggi.
Una squadra normale, non formata da fenomeni ma da pedatòri professionali, profitterebbe dell’occasione senza frapporre indugio; farebbe a pezzi i rossoblu, incapaci di intendere e di volere. Invece nella ripresa, dopo dodici minuti di noja inframezzati dall’unica occasione vera biancanera sino ad allora, con Badu che devìa fuori un tiretto di Théréau, Duvàn decide di accondiscendere all’assioma asseverato, il quale dice che l’Udinese, a prescindere dalla forza avversaria, quest’anno perde; nondimeno intende mettersi in vetrina per i proprietari azzurri partenopei, quindi prima demolisce Izzo, poi dalla conseguente punizione smanaccia una palla innocua in area, consentendo a Cerci di impattare dal dischetto. Anche il più ottimista fra noi capisce che si mette male: eccoci. Dopo un quarto d’ora Orestis devìa un missile di Demaiò, nessuno taglia fuori Laxalt e questi sigla il sorpasso.
Gervasoni, che a me piace zero, oggi arbitra bene ed equanimamente: all’ultimo giro di lancetta, pareggia anche i rigori; peccato che Di Natale, come tante altre volte in carriera, lo fallisce miseramente calciando una flatulenza verso Perin che ringrazia.
Giusto così?
L’Udinese non è una squadra. L’Udinese è un’accozzaglia indefinita di pedatòri internazionali, che ogni tanto imbroccano una mezza gara quasi per sbaglio. Li dirige un signore, nato al centro dell’Impero, spedito qui alla periferia causa doti evidentemente non eccelse, pari a quelle che ne fecero un discreto terzinaccio ma poco di più. E, sconfitta dopo sconfitta, reìtera il suo mantra che parla di lavoro, impegno, dedizione e gioco che, sempre secondo questi, appaiono evidenti in campo.
Sarò pur sempre una testa di calcio, ma secondo me invece del gioco non si vede ombra alcuna.
Se i giocatori arrivano sempre un secondo dopo sulla palla; se qualsiasi sia il punteggio si abbassano al limite dell’area a difendere l’indifendibile, significa che il lavoro non ha pagato. Siamo a marzo e non regge nemmeno il discorso del richiamo invernale, questi corrono meno degli avversari e punto.
Se le fasce, punto forte di tutte le più vincenti formazioni bianchenere, si fanno asfaltare da gente come Laxalt e Rincòn; se Edenìlson fa notare la sua presenza impalpabile dopo sessanta minuti di eclisse, e dalla parte opposta Adnan trova sì una storica rete, ma passa il resto del tempo collezionando pallonate agli spettatori, significa che l’Udinese dovrebbe sfondare per vie centrali. Dove (sentita oggi da un ex giocatore di Juventus e Udinese) “Badu dovrebbe imparare a disciplinarsi”, cosa che sento dire da quattro anni. Evidentemente non ne è in grado, e se si perdono duelli laterali e anche quelli centrali, dove Hallfredsson viene sostituito facendo mancare alla squadra l’unico baluardo, come si può sperare di vincere una gara ampiamente alla portata?
Se si continuano a collezionare punte, ma in tre gare segnano solo Armero e Adnan, sancendo quello bianconero come il peggiore attacco d’Europa, senza per questo aver costretto i portieri avversari ai miracoli ma concedendo loro la mera ordinaria amministrazione, significa che la sagacia manageriale che portò a Udine i migliori offendenti in circolazione (a due lire, non si sono mai spese fortune) si è smarrita. Pozzo junior sarà di certo un capacissimo erede del padre, ma io, d’estrazione culturale nordeuropea ed anglosassone, giudico sulla base di ciò che vedo. E lui e Giaretta, assieme ai procuratori che con loro collaborano, incluso quello più fedele di Fido, stanno mostrando pessimi risultati. Qui: a Watford non mi interessa. Allora cosa vedo?
Il deserto dei Tartari. E come nel capolavoro di Buzzati sono io, Drogo, che aspetto nella mia Fortezza Bastiani un gioco ed una svolta che non arriveranno mai. Mai.
Specie sentendo le parole dell’Anziate, tranquille e pacate: si vince perché si gioca bene, si pareggia ma c’è sempre un episodio sfortunato, si perde senza meritarlo ma domenica sì, che gliela faranno vedere loro! Lui è così: era così anche a Bergamo. Sento il Maestro parlare di dimissioni: le chiedemmo, noi, mesi fa. Ma questo è un Paese meraviglioso in cui non si dimette nessuno, specialmente se in ballo ci sono le svanziche.
Avevo chiesto sette punti in tre gare: come capirete, la vedevo lunga. Infatti. E domenica arriva l’Hellas di Delneri, lanciato alla rincorsa di un sogno impossibile. Cambia nulla: solo l’Empoli è meno in forma dell’Udinese; ma loro sono già salvi, l’Udinese no; e stanno per esaurirsi le quattro gare del filotto favorevole contro squadre alla portata.
Elio diceva che la canzone mononota era “Una canzone poco nota (cui) puoi cambiare il ritmo, la velocità, l’atmosfera, gli accordi, puoi cambiare il cantante, l’argomento…” Invece all’Udinese non si cambia nulla.
Nemmeno il risultato finale.