Secondo me lo fanno a bella posta, i lincei tifosi di così tante squadre ma non solo loro, a volerci convincere che lo sport non esiste più.
Sbaglio, io. Non ne dovrei scrivere, trascinato dalla serata-Galinho e da una recita, ieri sera, finalmente all’altezza della storia e del blasone biacca e carbone. Invece resisto fino alle undici di sera, poi no. Non più.
Si inizia con un florilegio di insulti dello sportivissimo popolo granata al pullman della Juventus. Molti fra Voi diranno “ben fatto”. Io no. Bella maniera di iniziare la settimana che porterà alla commemorazione di Superga, il 4 maggio prossimo. Chiedono il rinvio della gara di quel giorno per essere presenti tutti alla cerimonia, ma riempiono il bus avversario di sputi, uova, sassi che infrangono un intero vetro laterale (per fortuna i cristalli sono doppi e i giocatori rimangono incolumi). Valentino Mazzola, Gabetto, Loik, Maroso, Martelli, Grezar, i Ballarin… Uomini veri, sportivi veri, non avrebbero mai avallato un simile comportamento. Rivalità e botte in campo, si davan del Lei in giro per Torino.
Ricambiano i tifosi (?) bianconeri juventini, lanciando una bomba carta verso un settore domestico e ferendo dieci persone, una in modo grave ma non in pericolo di vita, a causa delle schegge di seggiolini sollevate dall’esplosione.
A Bergamo c’è anche di più, di meglio, in questa domenica di normale pazzia: Tonelli dell’Empoli ed il locale capitano German Denis si insultano e menano tutta la gara, al termine della partita, rientrando negli spogliatoi il difensore toscano avrebbe minacciato di morte il centrattacco argentino. Maccarone, capitano degli empolesi, placa il Tanque assicurando di cazziare il compagno negli spogliatoi, cosa che succede. Denis non è contento: manda il collega Cigarini a chiamare Tonelli per uno scambio di maglia, fa spegnere la luce e gli rifila un dritto sul naso. Fratturato.
Vendetta consumata: di fronte a dirigenti di entrambe le formazioni, esponenti della Procura Federale e finanche della DIGOS.
Mi aspetterei una ferma, decisa condanna. Invece i dirigenti ed i tecnici bergamaschi giustificano il Monzòn di Remedios, la provocazione essendo inaccettabile data la numerosa prole del Denis, minacciata dalle parole di Tonelli, noto boss della malavita.
Provo un profondo sconforto.
Per una manica di tifosi che prova più piacere nell’insultare l’avversario stracittadino rispetto alle vittorie della propria compagine. La vita di chi pensa sempre al negativo, come questi lanciatori anonimi di sassi, è cosa triste. Triste è non trovare la propria dimensione in un’aggregazione ma usarne l’ammassamento per passare inosservato mentre aggredisce verbalmente o materialmente, i giurati nemici.
Per un giornalista di respiro nazionale che stamane, nell’articolo di avvicinamento al derby della Mole, senza rèmora alcuna additava gli avversari come ladri.
Per chi si realizza gettando una bomba carta contro un gruppo di tifosi altri, pensando forse di spaventarli, che so, con la speranza di far loro del male. Magari sentendosi un piccolo eroe al bar sotto casa, mentre parlano dell’accaduto al telegiornale di prammatica: scoprirà, presto o tardi, di essere solo un grande coniglio, una nullità totale, totale.
Per chi pensa prima al piccolo orto di casa anziché dare, una volta per tutte, una lezione di civiltà riguardo le malefatte di un proprio tesserato.
Non succederà. Mai.
Difesa ad oltranza della propria miseria. Sportività confinata alle parole, tipico esempio di piccola umanità, quella che inizia con le parole “io non sono razzista, però…”
Profonda pena. Infinito sdegno. Una profonda ricerca dentro di me, per non sentirmi autorizzato ad invocare, su questa manica di varia inumanità italiesca, Ezechiele 25.17.
Soprattutto un enorme senso di colpa per i nostri figli. Quelli che assistono, quelli che giocando nelle categorie più giovanili sentono i papà incitarli a far sentire i tacchetti sugli stinchi avversari, salvo poi dar di gomito al vicino e bestemmiando ostentare fierezza.
Non ho altro da dire, non vorrei aver altro da pensare. Mi chiudo nella mia tranquilla Udine, dove si scrivono sciocchezze tipo “il nostro tifo è violenza” ma ove la peggiore delle contestazioni è il silenzio. Piccola Patria.