Nella vita, proprio quando ci sembra di aver trovato un equilibrio rischiamo di andare a “consegnarci” ai pensieri peggiori. Questo accade molto spesso perché si è talmente certi dei propri dogmi procedurali che alla fin fine ci si adagia sulle proprie certezze. Ancor peggio accade quando ci si consegna in toto ad un fenomeno ancora peggiore. Quello della routine, che a volte può essere talmente consolidata da assumere le sembianze della cosa peggiore che ci sia. Il modo di procedere fondato su abitudini e certezze consolidate può andare a trasformarsi spesso in una vera e propria inedia, data dalla mancanza di punti di riferimento motivazionali specifici, o più semplicemente dalla perdita di iridescenza dei punti di riferimento che fanno da traino per quanto attiene a determinati periodi dell’esistenza di un soggetto. Senza addentrarci troppo in un campo psicologico che per qualcuno di voi potrebbe rappresentare un’incognita, è proprio questo ciò che sta succedendo all’Udinese di questo ultimo periodo. Quell’Udinese che sembrava aver trovato la chiave di volta vincente in determinate linee tecnico tattiche e che ora deve arrendersi proprio a fronte dell’incombente scemare della forza attrattiva e dell’efficacia di determinate situazioni che sinora avevano fatto la fortuna della squadra e che ora stanno svanendo per lasciare maledettamente spazio ad una sorta di assuefazione ad eziologia psicologica, come si potrebbe dire prendendo in prestito qualche termine mutuato da determinate scienze. Questa Udinese ha le gomme particolarmente sgonfie e sembra aver smarrito quella strada che la portava ad usare magistralmente un determinato modo di giocare basato sulla certosina copertura difensiva e sulle ripartenze. Tanto che ci viene da ipotizzare proprio, come capiterà non soltanto a noi umili commentatori ma sarà capitato (come già riscontrato presso alcune autorevoli voci del mondo dei commentatori delle faccende bianconere) che l’incantesimo legato all’arrivo di un tecnico friulano come Delneri, avvenuto dopo diversi anni di affidamento a tecnici provenienti da altre zone dello stivale, si sia decisamente affievolito, sino a scomparire quasi del tutto. Se prima la squadra sembrava votata in maniera fin quasi assoluta all’applicazione del verbo del tecnico di vicino Palmanova, ora la stessa squadra sembra avere perso quasi del tutto quella voglia di correre dietro al pallone seguendo la rotta indicata dalla bussola del mister. E questa impressione è diventata un vero e proprio dato di fatto nel corso della partita giocata domenica scorsa a Udine contro il Sassuolo. Partita che ci ha raccontato di una Udinese limitata nel dinamismo, non più fatto come prima accadeva di capacità di corsa e di movimenti funzionali ad un certo disegno tattico proficuo e confacente alle prerogative tecniche di squadra, con il collettivo bianconero che si trascinava in lungo in largo per il campo come fosse anche in preda ad un problema secondo ma non di subordinata importanza. Il problema nuovo dell’Udinese di oggi sembra proprio essere divenuto il disordine tecnico tattico che porta la squadra bianconera a sembrare talmente evanescente da essere fin quasi nulla sul campo. E questo accade proprio in prossimità di quello che si candida per essere un altro momento particolarmente difficile per la squadra bianconera, che domani pomeriggio dovrà affrontare addirittura la Lazio a Roma, per poi scendere in campo a Udine contro la Juventus, in un contesto laddove i torinesi vorrebbero ottenere un solo risultato, ossia quella vittoria che permetterebbe loro di mantenere il passo scudetto senza flessione alcuna. L’Udinese invece in termini di risultati ora dovrà ottenere un punto all’Olimpico che assumerebbe lo stesso valore di una vittoria in una finale di Champions League, alla luce dei tempi che corrono, per poi ottenere almeno un punto nella gara al cospetto dei Campioni d’Italia in quel di Udine. Logico che poi il risultato obbligatorio da inseguire in quel di Pescara contro gli abbruzzesi dovrebbe essere obbligatoriamente una vittoria, visto che il risultato pieno a quel punto mancherebbe all’Udinese da quasi un mese. Più che il risultato pieno, quindi, nelle due partite che arriveranno ora in campionato l’Udinese dovrà inseguire più che altro una maturazione dal punto di vista motivazionale che potrebbe venire apportata da una serie di avvicendamenti in formazione tipo, che introdurrebbero un nuovo undici più motivato anche per il fatto che i giocatori che sinora hanno giocato poco bramano di dimostrare tutto il loro valore e di ottenere magari anche la conferma di un posto in formazione anche per il futuro. L’apporto di nuova motivazione sarebbe introdotto quasi sicuramente da un largo avvicendamento in termini di uomini in formazione titolare permettendo anche a Delneri di vagliare nuove opportunità e soluzioni tattiche alternative applicabili in un futuro rispetto al quale l’Udinese spera di abbandonare definitivamente le secche motivazionali in cui è relegata ora. Quindi possiamo dire con certezza che ora l’Udinese dovrà dimostrare abilità nel cimentarsi con un periodo assai difficile nel quale dovrà essenzialmente lavorare a testa bassa, protendendosi alla ricerca di nuove soluzioni che la rendano una squadra più motivata, ma soprattutto di nuovi entusiasmi. Anche perché la fiducia della Famiglia Pozzo nei confronti di Mister Delneri non è infinita, ed a un certo punto per essere rinnovata ha bisogno del corroborante dei risultati, intesi come successi ma anche come obiettivi tecnici e sportivi da conseguire. Altrimenti a un certo punto anche la gestione stessa dovrà rivedere i suoi percorsi, ricominciando come logica vuole a stendere nuovi orientamenti e progetti sulla base delle possibilità maggiormente promettenti che dovessero presentarsi sullo scenario.
Articolo d’opinione di
Valentino Deotti
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