Rientro da un viaggio-lampo a Milano, e mi trovo la notizia che non credevo, né mi aspettavo, servita fredda sul tavolo. Stefano Borgonovo è andato avanti ed ora, angelo bianconero, palleggia con PMM25 e gli altri incontentabili dalla faccia carbone e biacca che ci precedettero nell’Empìreo friulano, lassù.
Guai.
Guai a pensare che alla fine la malattia abbia avuto la meglio, che la battaglia di Stefano sia stata persa. Guai a noi, anzi no, ché nessuno la pensa così. Non serve io allunghi la lista di quelli che scrivono meglio di me, e sono stati pronti a magnificare le doti e la storia di Borgo. Chiudo gli occhi, chiudiamo gli occhi e siamo tutti d’accordo che la sua vita è stata magnifica, paradossalmente ancor di più da quando i suoi muscoli hanno iniziato a far le bizze.
Per me Stefano corre oggi, come in quegli anni per noi bui quando in una domenica tristissima bucava la rete della Cremonese, una, due volte ma non riusciva ad evitarci un’amarissima retrocessione in serie cadetta, era il novantaquattro e da allora la B non ci ha più visti. Anzi…
Ritornò, Stefano, nel 1995 con Zac, a dare il solito apporto allo spogliatoio ancor più che sul tavolo verde-erba, poi disse basta al campo e dedicò dieci anni ad insegnare ai giovani, prima che la salute, non mai la voglia, gli iniziò a mancare.
Prendo il lutto, che campeggia sul braccio dei giocatori della Nazionale, oggi fieri e sinora sfortunati opponenti dei campioni dell’Universo (sentimento non sufficiente a giustificare un minuto di silenzio che l’inflessibile Fifa di Blatter, organizzazione fredda e spietata, ha rifiutato), non solo col dolore che una futura mancanza terrena causa, ma anche con la levità di alcuni paesi friulani, dove in onore di chi ci anticipa si lascia un giro di tagli pagati presso l’osteria adiacente alla chiesa, o l’orchestra jazz che intona “when the saints go marching in”: Stefano non se n’è andato, come Piermario il suo spirito, il suo esempio ed il suo coraggio saran sempre tra noi.
Ti sia lieve la terra, grato il cielo, amico guerriero di Giussano, più ancora dell’Alberto di padano rimando.
Niente lacrime, dunque: Borgo, oggi in alto i cuori e gli stendardi sian per Te.